Riporto poche righe tratte dal
Corriere.it di oggi, a riguardo di una delle tante storie di licenziamenti causati da blog "scomodi" e non.
«To be dooced» si dice in slang, ovvero essere licenziati a causa di un blog. E se addirittura è nata una locuzione per identificare questa condizione, è sintomatico di una realtà inquietante: le aziende non amano i blog dei dipendenti o comunque non hanno ancora una policy definita a questo riguardo. Sono sentitamente contraria a storie di questo genere quando il blog non va ad intaccare l'azienda o quando non si sparli di colleghi.
Ognuno ha interessi, stili di vita, problemi da affrontare. Certo, sarebbe meno scomodo scrivere tutto in un diario cartaceo alla vecchia maniera. Ma molto spesso si cercano conferme o smentite da parte di più o meno anonimi navigatori del web.
Ma come può una foto di un Mac, del proprio rapportarsi con l'altro sesso, il dire cosa si pensa (senza offendere nessuno, ovvio) essere causa di licenziamento? Siamo per caso giunti all'ora del silenzio?
Il blog è uno sfogo, un aiuto talvolta..e molto spesso un mettersi in mostra per dire "Hey, esisto anche io!". Certo è che molte volte le "pecore nere" fanno paura alla massa..Un carattere dominante, deciso, con proprio principi può risultare scomodo ai più. Ma esistiamo anche noi. E abbiamo tutto il diritto di dire la nostra.