Sono di ritorno dall’ennesima giornata di formazione obbligatoria: economia, diritto, psicologia, contabilità, sicurezza, privacy, ecc... E come ogni sera sono sempre più attonita da quello che vedo.
Sono la più vecchia della classe, sia anagraficamente che lavorativamente parlando, e forse i 6 anni di lontananza dalla scuola mi hanno fatto dimenticare certi atteggiamenti da assemblea di istituto con cazzeggio annesso, ma ho notato come gli altri ancora se li ricordino bene.
Andrò in ordine inverso di livello di fastidio:
- La parlata: “Eeeee nienteeeh…mmmm…sono Tiziaaaah…faccio l’estetistaaaah…eeee….” lunga, strascicata, impacciata. Che nervoso. Santo cielo, non dico un corso di dizione, ma almeno parlare come si deve no?
- Il sottrarsi alle “prove”: ogni volta che c’era una simulazione di colloquio di lavoro, un dover scrivere alla lavagna, un test di verifica ecco che si alzava un lamento generalizzato. Semplice noia o paura di mettersi alla prova?
- Grave carenza culturale: non conoscere la parola “gerarchia” o il concetto di “codice deontologico”, così come aver studiato ragioneria per 5 anni e dire gioiosamente “non mi ricordo un caXXo”, o ancora dare del “tu” ai docenti sono segnali di grave incompetenza non per forza tecnica ma sicuramente di cultura generale.
- La maleducazione e il non-galateo: i piedi poggiati sul sedile davanti, lo scarabocchiare le sedie, il buttare le carte e le bottiglie a terra, i cellulari con le suonerie attive. Pazzesco.
- Carenza più o meno grave di inglese e informatica: “Lo potete trovare su Google” “Eh?”. O ancora, quando durante il corso di inglese la docente ci ha fatto passare un’oretta a fare il gioco cose-nomi-città in inglese e vincevo sempre io in circa 50 secondi (a differenza dei quarti d’ora degli altri) questi mi guardavano chi con ammirazione, chi con scherno dicendo “ma tu hai studiato!” come se fosse una cosa pazzesca! Insomma, buttare 2 nomi di fiori, piante e colori non mi pare una cosa così tremenda.
- La strafottenza: “Signorina, ricorderebbe ai suoi colleghi cosa è la certificazione di qualità?” (faccia disgustata) “Meglio che glielo dica lei”.
O ancora: “Un aumento potrebbe essere di 50 euro e…scusi lei, come mai fa quella faccia?” “50 euro?” “Beh si. Meglio 50 in più che 50 in meno no?” “Mah, o me ne dà di più o se li può tenere” (risposta da un commesso effeminato che il primo giorno di corso dichiarò “Sono arrogante con stile”). Olè.
- Le oche giulive: per una donna è già fin troppo complesso vivere bene nel mondo del lavoro, soprattutto in ambienti notoriamente maschili/maschilisti, e questo volersi dimostrare oche a tutti i costi (modi di parlare, modi di muovere il corpo, di truccarsi e vestirsi…) è altamente irritante e indice di mancanza di rispetto per sé stesse e le altre donne.
- La mancanza di rispetto: fin dai primi giorni il chiacchiericcio di fondo era insopportabile…ma l’ultima lezione è sfociata in parole crociate, musica, riviste da sfogliare, pettegolezzo libero. Senza contare lo scherno alle spalle dei docenti non appena questi ultimi si distraevano.
Questo è quello che aspetta il futuro del mondo del lavoro italiano? Tra bravi ragazzi (che stranamente ho trovato nella misura del 20%) ci sono così tanti ragazzi senza un minimo di educazione? Che hanno paura di mettersi alla prova? Che non si rendono conto che pur essendo corsi obbligatori per legge possiamo imparare cose che altrove sarebbero decisamente più ostiche da capire? Che la cultura non è un optional? Che il rispetto per sé stessi e per gli altri è sempre al primo posto nella vita?