Chi usa almeno un servizio web 2.0 (Facebook, Flickr, Twitter, ecc…), grazie anche alle notizie che ogni tanto appaiono sulle testate giornalistiche, sa che in un modo o nell’altro la propria privacy non è più tanto privata.
Ci sono ad esempio servizi di microblogging con cui si possono broadcastare messaggi in tempo reale da pc o cellulare, servizi multimediali per condividere foto, audio e video, o ancora siti dedicati al social networking per condividere curriculum o info personali come status sociale, credo politico-religioso, livello d’istruzione, recapiti email e altro. Ancora, siti per condividere le proprie preferenze musicali, il planning dei propri viaggi o i libri di cui si è in possesso, ecc…
Ma a differenza delle storielle amare che appaiono sui giornali, ad esempio quelle che parlano di Facebook come fonte di parecchie disavventure di diffusione illecita di materiale di utenti che hanno condiviso le proprie cose con tutta la rete, a me piace molto diffidare dalle notizie sensazionalistiche che appaiono in giro. Anche se c’è da dire che un uso sconsiderato di questi potenti mezzi ci si può ritorcere contro.
Faccio chiarezza o almeno ci provo.
La gente che intende pubblicare qualcosa online deve ben tenere a mente che ciò è sotto la propria responsabilità e che queste informazioni in pochi attimi si diffonderanno attraverso network, server, siti, aggregatori, ecc… sui pc delle persone a cui è stato permesso di vedere quei dati. In molti casi a tutti.
Passo a una spiegazione più pratica (che fa anche un po’ di sano spam personale J ). Sono iscritta a molti di questi servizi, li utilizzo più o meno spesso e in maniera più o meno accurata proprio per il discorso di cui sopra. Ne esistono centinaia e questi che nominerò sono solo alcuni tra quelli che uso, tanto per citarne qualcuno.
Vediamo ad esempio Dopplr.
In questa applicazione web possiamo indicare i viaggi passati, presenti e futuri che sono/sono stati nei nostri programmi, ovvero stiamo dicendo al mondo dov’eravamo, dove siamo e dove saremo. Provate a pensare le implicazioni del caso…
Vediamo Flickr o YouTube che permettono di caricare video (entrambi) e foto (Flickr). Che foto pubblicare? Ci pensate mai? E’ conveniente pubblicare foto di bambini, di sé stessi in mutande, in atteggiamenti sconvenienti, nudi? E’ da persone intelligenti pubblicare video in cui si maltrattano persone o distruggono cose? (Che per inciso è anche grazie al mix di stupidità ed esibizionismo umano che sono stati beccati e puniti diversi bulli che mettevano online le proprie bravate). Tutto si può fare. Ma bisogna pensare anche alle conseguenze.
Passiamo ai blog e ai servizi di microblogging come Twitter in cui in 140 caratteri si risponde alla domanda “what are you doing?” o Plurk (ma non lo uso più da mesi) una specie di Twitter ma ordinato su una timeline orizzontale e ordinato per thread. Non sono indicati per diffamare o sparlare di qualcuno :-D. Inutile cancellare i messaggi incriminati poi, si replicano in tempo reale su tutti i pc dei contatti! Si può prevenire la lettura globale impostando la protezione degli update: in questo modo solo i nostri contatti potranno leggere ciò che scriviamo. Ma ciò non impedisce comunque la diffusione parziale dei contenuti.
Finiamo col social networking: cazzeggio = Facebook e lavoro = LinkedIn dove è possibile pubblicare foto, informazioni personali quali gusti, formazione, orientamento politico e religioso, lavoro attuale, competenze, ecc…
Per questo tipo di network, a parte la solita questione contenuti multimediali da proteggere tramite opportune impostazioni di privacy, il rischio può essere quello di diffondere ad esempio i propri recapiti email e telefonici e si rischia di essere spammati in vario modo. Io, ad esempio, su LinkedIn sono un LION - LinkedIn Open Networker – ovvero una persona disponibile a connettersi con chiunque ne faccia richiesta. Ho semplicemente messo in atto 2 piccoli accorgimenti:
1. Un indirizzo email già pubblico, quindi “spammabile”
2. un filtro per la posta che arriva da quei contatti di LinkedIn che hanno il brutto vizio di pubblicizzare troppo spesso i loro servizi.
Per il resto tutto fa brodo, è utile avere migliaia di contatti che possono portare a potenziali occasioni di lavoro.
Cosa opposta faccio su FaceBook, dove non accetto connessioni da persone che non conosco realmente, che non si firmano con nome e cognome (ma solo nick) o che, avendole conosciute via web, non posso verificarne l’effettiva identità.
Riassunto: valutate bene cosa diffondere, in che modo, su quali canali e a chi. Usando un po’ di attenzione e prudenza si possono usare i servizi 2.0 senza finire in trappole di vario genere. Buon divertimento.