Carlo Silvano


articoli vari

La leggenda di San Martino al Carcavone

La leggenda di San Martino al Carcavone 


Sul fiume Veseri, che dal monte Somma scorreva verso il golfo di Napoli, in una località chiamata Santo Nastaso, vi era un mulino ad acqua dove lavorava un garzone di nome Andrea. Il ragazzo si stancò presto del duro lavoro, soprattutto per i maltrattamenti che subiva dal padrone del mulino, e spesso si chiedeva in che modo avesse potuto guadagnare tanti soldi, magari in poco tempo e senza sforzi eccessivi.

Una domenica, nei pressi di un'osteria del villaggio di Apolline, gli capitò di ascoltare alcuni boscaioli che raccontavano la leggenda della statua tutta d’oro di san Martino, la quale doveva trovarsi ancora all’interno di una cappella, nel bosco del Carcavone, sommersa da una valanga di fango nella notte dei tempi. Convinto che non si trattasse di una semplice leggenda, e desideroso di trovare la statua per fonderla e impadronirsi dell’oro, Andrea, appena ebbe una giornata libera dal lavoro, si recò sul monte Somma e si mise alla ricerca della cappella inoltrandosi nella parte più fitta del bosco del Carcavone.

Per tutta la giornata cercò e cercò finché, arrivato nei pressi di alcuni castagni ai margini di una radura, avvertì il terreno franargli sotto i piedi e si trovò a scivolare all’interno di una stretta e fangosa cavità. Andò giù per diverse decine di metri e quando si fermò capì che doveva trovarsi in una grotta. Appena si alzò, urtò la testa contro qualcosa di duro. Cercando di guardare nell’oscurità, Andrea notò un fascio di luce, proveniente dall’apertura della cavità da cui era penetrato, che illuminava debolmente il luogo dove si trovava e… con sua meraviglia vide apparirgli davanti la statua di san Martino!

Il santo e il cavallo, di grandezza naturale, erano completamente d’oro, di oro massiccio. E lui era urtato contro lo zoccolo del cavallo posizionato a mezz’aria. San Martino era in groppa al cavallo. Per diversi minuti Andrea rimase a bocca aperta dallo stupore. Poi un’incredibile gioia pervase tutto il suo corpo: al colmo della felicità, credette di aver risolto tutti i suoi problemi, pensò che non doveva più lavorare alla macina del mulino, che quella statua era ora di sua proprietà e che era diventato ricco, così ricco da poter competere con il re di quelle terre. Per circa un’ora non fece che girare intorno alla statua, accarezzando il freddo oro.

La sua gioia, però, svanì, anzi si tramutò in disperazione, quando si accorse che vicino alla statua c’erano anche le ossa di altri cercatori. Solo allora comprese che non solo non sarebbe riuscito a portarsi via quella statua, ma che egli stesso non poteva più uscire perché l’entrata era troppo alta ed egli non aveva con sé né una corda né un arnese da usare per arrampicarsi. Ebbe il terrore della morte, e pensò che di lì a poco la sua vita avrebbe avuto fine in quella grotta, che non era altro che la cappella di san Martino sommersa sotto tonnellate di terra. Gli vennero le lacrime, era disperato.

Dopo un po’ ebbe sonno e si adagiò ai piedi della statua per riposare. Appena si fu addormentato, Andrea sognò proprio san Martino che gli andava incontro nel prato che stava al margine del bosco dei castagni. Andrea gli si avvicinò subito supplicandolo affinché potesse farlo uscire dalla cappella.

Martino si commosse e gli rispose che aveva intercesso per lui presso il buon Dio, ma poteva liberarlo a una sola condizione: Andrea doveva impegnarsi a non rivelare a nessuno né l’esistenza della statua, né il luogo dove si trovava la cappella finita sottoterra. Il garzone diede subito la sua parola mentre Martino lo benediva. Quando riaprì gli occhi, Andrea si accorse che era ormai giorno e che lui si trovava nel prato ai margini del bosco di castagni, proprio dove, nel sogno, aveva incontrato Martino. Pensò che allora era tutto un sogno, ma per accertarsene, con molta attenzione si avvicinò al primo albero del bosco e, proprio sotto una radice, scorse l’ingresso di una cavità: guardandovi dentro, con sua meraviglia, comprese che non aveva sognato la statua tutta d’oro, perché quel foro mostrava l’interno di una cappella dove, nel fondo, era collocata la statua di Martino. E la statua luccicava proprio come fosse tutta d’oro! Andrea però si ricordò anche della promessa che aveva fatto al Santo e così si allontanò, rinunciando a ogni proposito di impadronirsi della statua.

Passarono giorni, e poi settimane e anche mesi. Ma più il tempo passava e più i pensieri di Andrea andavano alla statua d’oro e alla promessa che aveva fatto di non rivelare mai quel segreto.

"Se però non lo dico proprio a nessuno - si disse tra sé un giorno Andrea - finirò per diventare pazzo". Mantenere il segreto gli costava veramente troppo.

Una sera, appena uscito dal mulino, si recò per una commissione presso alcuni suoi parenti che abitavano in un palazzo chiamato Galitti, e lungo la strada, mentre pensava e ripensava alla statua, si fermò a sedere su un masso nei pressi della cava Bonati. Nei paraggi non c’era nessuno e allora, rivolgendosi a un masso che gli stava di fronte disse:

"A te che non hai orecchie per ascoltare e bocca per parlare, voglio confidare un segreto che mi sta distruggendo l’anima. Sento che fino a quando non svelerò quello che so sulla statua di san Martino, mai avrò pace".

Avvicinatosi al masso che dal suolo si alzava per quasi due metri, e messe le mani a mo’ di imbuto, per tre volte mormorò alla pietra queste parole:

"La statua tutta d’oro di san Martino esiste veramente e Andrea, garzone del mulino di Santo Nastaso, sa dov’è!".

Detto questo, il giovane si sentì come liberato e pensò che mai avrebbe avuto la tentazione di rivelare ad anima viva quel segreto diventato, per lui, terribile.

Dopo non molto tempo, però, un cavatore del luogo, di nome Matteo, fu incaricato di fabbricare una colonnina in pietra per una fontana da realizzare nella piazzetta del borgo, e scelse proprio quel masso a cui Andrea aveva confidato l’esistenza della statua di san Martino. Fu così che, con l’aiuto di altri cavatori, caricò il masso sul proprio carretto, per portarselo nella sua bottega.

Attorno a quel masso Matteo lavorò con impegno e ottenne la desiderata colonnina per la fontana della piazzetta. I notabili del borgo avevano deciso di inaugurare la fontana nel giorno dedicato alla festa della Madonna del Rosario, che ad Apolline si festeggiava ogni anno la seconda domenica di ottobre con una processione per le strade del villaggio. Quando arrivò il giorno dell’inaugurazione, una folla di pellegrini si radunò attorno alla fontana per assistere al rito di benedizione. Svoltosi il rito, accadde un fatto prodigioso: ogni volta che un pellegrino beveva dalla fontana si udiva una misteriosa voce proveniente proprio dalla colonnina che diceva:

"La statua tutta d’oro di san Martino esiste veramente e Andrea, garzone del mulino di Santo Nastaso, sa dov’è!".

In breve tutto il villaggio di Apolline fu al corrente della notizia e Andrea, un po’ frastornato e un po’ titubante, non potendo più nascondere il suo segreto, accettò di guidare i capi famiglia del villaggio al bosco del Carcavone. Lì trovarono la cavità che dava sulla cappella, ma nessuna traccia della statua. All’imbrunire di quel giorno stesso, però, non pochi uomini del luogo affermarono di aver visto in cielo un cavaliere in sella a un destriero alato luccicante come l'oro dirigersi verso il mare, verso l’isola d’Ischia.

(Tratta dal libro "L'onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio", di Carlo Silvano, Edizioni del noce, marzo 2014)


Categoria: Racconti
martedì, 22 apr 2014 Ore. 07.09
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