La leggenda di San Martino al Carcavone
Sul
fiume Veseri, che dal monte Somma scorreva verso il golfo di Napoli,
in una località chiamata Santo Nastaso, vi era un mulino ad acqua
dove lavorava un garzone di nome Andrea. Il ragazzo si stancò presto
del duro lavoro, soprattutto per i maltrattamenti che subiva dal
padrone del mulino, e spesso si chiedeva in che modo avesse potuto
guadagnare tanti soldi, magari in poco tempo e senza sforzi
eccessivi.
Una
domenica, nei pressi di un'osteria del villaggio di Apolline, gli
capitò di ascoltare alcuni boscaioli che raccontavano la leggenda
della statua tutta d’oro di san Martino, la quale doveva trovarsi
ancora all’interno di una cappella, nel bosco del Carcavone,
sommersa da una valanga di fango nella notte dei tempi. Convinto che
non si trattasse di una semplice leggenda, e desideroso di trovare la
statua per fonderla e impadronirsi dell’oro, Andrea, appena ebbe
una giornata libera dal lavoro, si recò sul monte Somma e si mise
alla ricerca della cappella inoltrandosi nella parte più fitta del
bosco del Carcavone.
Per
tutta la giornata cercò e cercò finché, arrivato nei pressi di
alcuni castagni ai margini di una radura, avvertì il terreno
franargli sotto i piedi e si trovò a scivolare all’interno di una
stretta e fangosa cavità. Andò giù per diverse decine di metri e
quando si fermò capì che doveva trovarsi in una grotta. Appena si
alzò, urtò la testa contro qualcosa di duro. Cercando di guardare
nell’oscurità, Andrea notò un fascio di luce, proveniente
dall’apertura della cavità da cui era penetrato, che illuminava
debolmente il luogo dove si trovava e… con sua meraviglia vide
apparirgli davanti la statua di san Martino!
Il
santo e il cavallo, di grandezza naturale, erano completamente d’oro,
di oro massiccio. E lui era urtato contro lo zoccolo del cavallo
posizionato a mezz’aria. San Martino era in groppa al cavallo. Per
diversi minuti Andrea rimase a bocca aperta dallo stupore. Poi
un’incredibile gioia pervase tutto il suo corpo: al colmo della
felicità, credette di aver risolto tutti i suoi problemi, pensò che
non doveva più lavorare alla macina del mulino, che quella statua
era ora di sua proprietà e che era diventato ricco, così ricco da
poter competere con il re di quelle terre. Per circa un’ora non
fece che girare intorno alla statua, accarezzando il freddo oro.
La
sua gioia, però, svanì, anzi si tramutò in disperazione, quando si
accorse che vicino alla statua c’erano anche le ossa di altri
cercatori. Solo allora comprese che non solo non sarebbe riuscito a
portarsi via quella statua, ma che egli stesso non poteva più uscire
perché l’entrata era troppo alta ed egli non aveva con sé né una
corda né un arnese da usare per arrampicarsi. Ebbe il terrore della
morte, e pensò che di lì a poco la sua vita avrebbe avuto fine in
quella grotta, che non era altro che la cappella di san Martino
sommersa sotto tonnellate di terra. Gli vennero le lacrime, era
disperato.
Dopo
un po’ ebbe sonno e si adagiò ai piedi della statua per riposare.
Appena si fu addormentato, Andrea sognò proprio san Martino che gli
andava incontro nel prato che stava al margine del bosco dei
castagni. Andrea gli si avvicinò subito supplicandolo affinché
potesse farlo uscire dalla cappella.
Martino
si commosse e gli rispose che aveva intercesso per lui presso il buon
Dio, ma poteva liberarlo a una sola condizione: Andrea doveva
impegnarsi a non rivelare a nessuno né l’esistenza della statua,
né il luogo dove si trovava la cappella finita sottoterra. Il
garzone diede subito la sua parola mentre Martino lo benediva. Quando
riaprì gli occhi, Andrea si accorse che era ormai giorno e che lui
si trovava nel prato ai margini del bosco di castagni, proprio dove,
nel sogno, aveva incontrato Martino. Pensò che allora era tutto un
sogno, ma per accertarsene, con molta attenzione si avvicinò al
primo albero del bosco e, proprio sotto una radice, scorse l’ingresso
di una cavità: guardandovi dentro, con sua meraviglia, comprese che
non aveva sognato la statua tutta d’oro, perché quel foro mostrava
l’interno di una cappella dove, nel fondo, era collocata la statua
di Martino. E la statua luccicava proprio come fosse tutta d’oro!
Andrea però si ricordò anche della promessa che aveva fatto al
Santo e così si allontanò, rinunciando a ogni proposito di
impadronirsi della statua.
Passarono
giorni, e poi settimane e anche mesi. Ma più il tempo passava e più
i pensieri di Andrea andavano alla statua d’oro e alla promessa che
aveva fatto di non rivelare mai quel segreto.
"Se
però non lo dico proprio a nessuno - si disse tra sé un giorno
Andrea - finirò per diventare pazzo". Mantenere il segreto gli
costava veramente troppo.
Una
sera, appena uscito dal mulino, si recò per una commissione presso
alcuni suoi parenti che abitavano in un palazzo chiamato Galitti, e
lungo la strada, mentre pensava e ripensava alla statua, si fermò a
sedere su un masso nei pressi della cava Bonati. Nei paraggi non
c’era nessuno e allora, rivolgendosi a un masso che gli stava di
fronte disse:
"A
te che non hai orecchie per ascoltare e bocca per parlare, voglio
confidare un segreto che mi sta distruggendo l’anima. Sento che
fino a quando non svelerò quello che so sulla statua di san Martino,
mai avrò pace".
Avvicinatosi
al masso che dal suolo si alzava per quasi due metri, e messe le mani
a mo’ di imbuto, per tre volte mormorò alla pietra queste parole:
"La
statua tutta d’oro di san Martino esiste veramente e Andrea,
garzone del mulino di Santo Nastaso, sa dov’è!".
Detto
questo, il giovane si sentì come liberato e pensò che mai avrebbe
avuto la tentazione di rivelare ad anima viva quel segreto diventato,
per lui, terribile.
Dopo
non molto tempo, però, un cavatore del luogo, di nome Matteo, fu
incaricato di fabbricare una colonnina in pietra per una fontana da
realizzare nella piazzetta del borgo, e scelse proprio quel masso a
cui Andrea aveva confidato l’esistenza della statua di san Martino.
Fu così che, con l’aiuto di altri cavatori, caricò il masso sul
proprio carretto, per portarselo nella sua bottega.
Attorno
a quel masso Matteo lavorò con impegno e ottenne la desiderata
colonnina per la fontana della piazzetta. I notabili del borgo
avevano deciso di inaugurare la fontana nel giorno dedicato alla
festa della Madonna del Rosario, che ad Apolline si festeggiava ogni
anno la seconda domenica di ottobre con una processione per le strade
del villaggio. Quando arrivò il giorno dell’inaugurazione, una
folla di pellegrini si radunò attorno alla fontana per assistere al
rito di benedizione. Svoltosi il rito, accadde un fatto prodigioso:
ogni volta che un pellegrino beveva dalla fontana si udiva una
misteriosa voce proveniente proprio dalla colonnina che diceva:
"La
statua tutta d’oro di san Martino esiste veramente e Andrea,
garzone del mulino di Santo Nastaso, sa dov’è!".
In
breve tutto il villaggio di Apolline fu al corrente della notizia e
Andrea, un po’ frastornato e un po’ titubante, non potendo più
nascondere il suo segreto, accettò di guidare i capi famiglia del
villaggio al bosco del Carcavone. Lì trovarono la cavità che dava
sulla cappella, ma nessuna traccia della statua. All’imbrunire di
quel giorno stesso, però, non pochi uomini del luogo affermarono di
aver visto in cielo un cavaliere in sella a un destriero alato
luccicante come l'oro dirigersi verso il mare, verso l’isola
d’Ischia.
(Tratta dal libro "L'onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio", di Carlo Silvano, Edizioni del noce, marzo 2014)