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18. Recensione di Antonio de Roberto - Polvere

Antonio de Roberto, Polvere, MEF L’Autore Libri, 2006

Recensione di Alberto Mirabella

 

Il romanzo Polvere di Antonio de Roberto a noi sembra da segnalare non soltanto per l’armoniosa bellezza, per l’intensità emotiva che l’anima (vi sono pagine di veramente alta e indimenticabile suggestione) ma perché, con la sua limpida, addirittura aristocratica scrittura, costituisce un grande atto di coraggio in quest’epoca di frettolose scritture e di ancora più frettolose letture; un atto polemico contro l’imperante uso ed abuso delle cose, di certe cose nella vita e nell’arte, contro uno pseudorealismo che quanto più va perdendo terreno tanto più sta diventando volgare e banale e monotono.

L’autentico significato del titolo Polvere ci viene fornito dallo stesso autore quando scrive: “La polvere ricopre le gioie e le sofferenze, la vita di ogni uomo, che nel breve volgere di qualche generazione finisce nell’oblio. Eppure dobbiamo ricordarci il passato e la vita, con il suo pathos, di chi ci ha preceduti. Ricordare il passato è un dovere di tutti noi, non solo per onorare la memoria di molti che lo hanno meritato, ma perché il loro insegnamento possa illuminare la strada sconnessa che percorriamo e, prendendoci per mano, possa condurci ad alte vette a mostrarci un limpido e roseo orizzonte, stimolando quell’anelito al bello, al puro, alla perfezione, quel desiderio di accostarci al divino che non deve mai cessare di ardere, come fuoco di Olimpia, nei nostri cuori”.

I motivi emergenti nel testo sono i seguenti: una grande vis sentiendi; solidarietà e senso di tolleranza, non disgiunti però da una reazione forte contro ogni sorta di sopruso. Traspare il rimpianto per non aver potuto realizzare un progetto di vita secondo le proprie aspettative: “questo giovane, crescendo, finisce col cedere le armi impantanandosi nella mediocrità, nonostante tutte le premesse favorevoli, per nascita e per censo, per una vita qualitativamente gratificante. Egli si lascia trasportare, come su di una rudimentale zattera, dalla corrente del fiume della vita, incurante e forse incapace di governare la rotta, per anni vivendo e lavorando senza piacere né vero interesse”.

E, infine, un alto senso dell’amicizia, quella autentica: “un granitico pilastro”; Amico fideli nulla est comparatio – niente può essere paragonabile all’amico fidato.

Il passato è rivissuto in certi interni familiari, in certi spazi domestici precisati e resi netti dal continuo ritaglio che fa la memoria.

Vivissimo il ricordo e l’insegnamento del padre: l’avvocato Domenico de Roberto: “Liberale nel senso più alto e vero della parola, non imponeva mai a nessuno il proprio punto di vista, neanche in famiglia. Fermamente convinto che le idee non s’impongono ma si propongono, faceva sì che l’interlocutore si rendesse conto dell’ostacolo che aveva di fronte, gli prospettava delicatamente quella che lui riteneva essere la soluzione e poi lasciava che questi da solo maturasse la decisione in piena e completa autonomia”.

In questo romanzo abbiamo una scrittura volontariamente negata all’effusione, quasi come se il de Roberto tendesse a vedere se stesso non già dov’è col suo io, nel presente, bensì dentro quelle cose su cui la memoria lavora. Il che vuol dire tutt’altro che impersonalità, trovando egli in una sorta di incantato e pur sempre realistico stupore la sua musica lirica più intima e convincente, la suggestione delle sue immagini così concrete che pur creano talora una rarefatta atmosfera.

Nella parte finale del romanzo assistiamo alla palingenesi dell’autore in una sorta di Vita Nova grazie all’autentico e ricambiato amore per Lucia, a cui si rivolge con questi accenti. «Non basterebbero dieci vite per dimostrarti quanto ti sia grato per avermi ridato la voglia di vivere e soprattutto per avermi donato l'immensa gioia di vedere la nostra Carla, Carlotta come la chiamano gli amici, crescere tranquilla e sana come una margheritina di campo, in mezzo a noi, in questo piccolo angolo di paradiso».

Ed è in queste parole che emerge il vero ed autentico “Amore”: quello che consente di dire Omnia vincit amor et nos cedamus amori (“L'amore vince ogni cosa, anche noi cediamo all'amore”).

 

 

Antonio de Roberto

Polvere

MEF L’Autore Libri, Firenze, 2006

pp. 220, € 17,00

 

Recensione del prof. Alberto Mirabella

mirabal@tin.it


domenica, 30 set 2007 Ore. 14.47

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