Tra amore agito e amore pensatoIl percorso del'amore in sé
di
Livia BidoliIncontro con Marco Santagata
Pre.mio Biblioteche sezione narrativa
“
L’amore in sé”
Martedì 28 novembre 2006 Biblioteca Europea
Raffaele Manica, critico letterario, presenta l’autore in questa rinnovata ed internazionale cornice della
Biblioteca Europea di Roma. Il romanzo ha come protagonista
Fabio Cantoni, professore di Letteratura Italiana ala Sapienza. Il libro è scritto però
in terza persona, un narratore onnisciente che racconta
il viaggio interiore fra presente e passato del cultore di Petrarca, passione che condivide e parte dallo stesso autore.
Il titolo proviene dal famoso dilemma filosofico sul “noumeno” ovvero
la cosa in sé di kantiana memoria, ed è stato scelto dall’autore come secondo titolo,
in origine era “L’accidia”, titolo ben più problematico e complesso per un editore. Titolo assolutamente consono direbbe invece
Galimberti, visto che
l’amore, nella sua concezione che condivido, è prima di tutto
“azione”. Il protagonista Fabio Cantoni infatti,
studia le forme estetiche attraverso cui l’amore viene evocato, ma il dilemma vero che lo attanaglia e
non saperlo “agire”. Fabio Cantoni parte la disamina della sua vita da un
sonetto del Petrarca “La vita fugge e non s’arresta un’ora”, che sembra preludere ad una depressione di questo sentimento. Poi però, durante l’approfondimento che ne consegue nella lettura del libro e del sonetto in cui s’incastona, si scopre che questo “
desiderio privo d’oggetto”
rappresenta l’amore in sé del titolo e del protagonista, un amore che persiste anche
in assenza di desiderio, come quello (forse, l’autore ci lascia in sospeso) di Cantoni per la moglie e per i figli.
Ritornando al libro ed alla trama, Raffele Manica ci fa notare come sia
pieno di elisioni di cui lo stesso autore non si è accorto e dice al riguardo: “
Ho scritto il libro ben sette volte e, a dimostrazione di quanto l’autore in parte non sappia cosa stia realmente scrivendo, non mi ero accorto di aver descritto anche di un incesto. I libri sono un compromesso finale tra ciò che esprime la scrittura senza che l’autore ne sia al corrente, e ciò che invece scrive consapevolmente l’autore, e questo con la pratica dell’elisione è particolarmente evidente.” Una figura nel libro ci colpisce e ci guida alla scoperta dell’interiorità più autentica di Fabio Catoni:
Bubi, o “
la forma del desiderio”.
L’amore adolescenziale del professore, ammantato di “meraviglia” stilnovista finisce per raggelarsi in un aborto, rimandando all’altro dilemma centrale del libro,
l’incertezza della paternità e di viverla serenamente. Il nome è stato ispirato da un racconto di un autore russo, Elkaim, che narra di una certa Bubi, anch’esso con un risvolto tragico.
L’accidia del titolo mancato quindi ritorna, come
condizione dell’anima sia di Petrarca, sia di Fabio Cantoni, già raccontata in parte nell’altro
romanzo di Santagata “
Il copista” (il preferito dall’autore). Qui si racconta una giornata di Francesco Petrarca, ormai un vecchio cinico incapace d’amare ma ancora dedito a quei versi meravigliosi che sollevano lo spirito e l’anima, introducendoci ad un
percorso d’amore, tuttora in sospeso.