In Italia il giovane diabetico o non pratica attività sub o lo fa nascondendo la propria condizione.
Niente di più sbagliato e proprio per superare queste preclusioni non
motivate è nato il progetto “Diabete sommerso”, grazie al quale per la
prima volta in Italia e in Europa, sette pazienti diabetici hanno
ottenuto il patentino per le immersioni subacquee.
La cerimonia si è svolta all’Ospedale Niguarda di Milano dove – come ha
sottolineato Luca Maria Munari, che è il direttore sanitario – “sono
presenti istruttori qualificati dotati di competenza medica e
sensibilizzati su queste tematiche”.
Immersioni senza rischi
Le immersioni subacquee, sia in apnea che con autorespiratore, sono da sempre state
considerate precluse per le persone affette da diabete mellito, rientrando costantemente
nella lista delle attività non consentite - come ha spiegato Matteo Bonomo, diabetologo,
che è responsabile del progetto. In realtà questa esclusione indiscriminata risulta priva
di fondamenti scientifici reali. I modesti rischi comunemente connessi alla pratica subacquea,
infatti, risultano solo minimamente aumentati dalla presenza di una malattia diabetica non
complicata e in buon compenso: eventuali difficoltà aggiuntive possono derivare quasi
esclusivamente da possibili reazioni ipoglicemiche, e sono facilmente prevenibili con una
corretta preparazione del paziente e con l’adozione di misure precauzionali adeguate.
Studi sia sperimentali (Edge) sia condotti “sul campo” (Lerch) hanno infatti dimostrato che
non si determinano variazioni glicemiche (in particolare ipoglicemia o
abbassamento della glicemia) durante le immersioni, mentre una modesta
tendenza all’ipo e una riduzione del fabbisogno insulinico vanno
attribuite al ben noto effetto sulla sensibilità insulinica proprio di
ogni forma di attività fisica. Anche per quanto riguarda gli altri
possibili problemi ricordati
(da quelli legati alle variazioni di pressione, a quelli gastroenterici), non esistono evidenze
di una loro maggiore frequenza o gravità in presenza di malattia diabetica. Se ci sono buon
controllo e consapevolezza, perciò, il diabete non impedisce nessun traguardo. Ma in che
cosa consiste il progetto?
Una questione psicologica
Il progetto complessivo prevede la effettuazione di un Corso Pilota “Open Water Diver”
basato sulla classica didattica Padi (Associazione Professionale d’istruttori Subacquei),
integrata con elementi teorico-pratici centrati sulla condizione diabetica, e un successivo
programma di immersioni in acque libere, con studio delle interferenze
con equilibrio metabolico e le complicanze d’organo. È evidente che il
fatto che non si corrano rischi particolari non è una ragione
sufficiente per proporre questa pratica al giovane con diabete mellito.
Male non fa ma neppure bene, né in termini di controllo metabolico, né
di evoluzione delle complicanze. Le ragioni per proporre l’attività
subacquea, tutt’al più, sono psicologiche,
il non sentirsi escluso a priori e il confrontarsi con uno sport che richiede efficienza fisica,
fattori che si possono rivelare straordinariamente positivi. Diabetici e contenti, perciò.
Fonte Conferenza Stampa, A.O. Ospedale “Niguarda Ca’ Granda”- Milano, 1 luglio 2004