IL DIABETE MELLITO DAL PUNTO DI VISTA PSICOSOMATICO
Dott. Luisa MERATI
Medico chirurgo, Dirigente Medico Ospedaliero, responsabile Centro Medicina Psicosomatica
Specializzata
in psicoterapia, psicologia clinica, allergologia, immunologia,
nefrologia; diploma di ipnosi (AMISI), diploma di psicoterapia a
indirizzo psicosomatico
Coordinatore sezione SIMP S. Carlo – Naviglio Grande
Il
diabete mellito (dal greco diabàino = passo attraverso + meli =
miele)malattia nota dall’antichità, assume il ruolo di malattia sociale
a causa della sua elevata prevalenza e della sempre crescente incidenza
nel mondo occidentale.Si prevede infatti che i pazienti diabetici nel
mondo dai 110 milioni osservati nel 1994 aumenteranno a 240 milioni nel
2010 Esattamente come il cancro il diabete è scarso nelle comunità a
basso livello di progresso e cresce parallelamente ad esso, nella aree
più progredite dell’Europa e degli USA.
Caratteristico
è il quadro diabetico degli indiani americani Pima dell’Arizona, una
popolazione con prevalenza del diabete vicina al 50%, la più alta al
mondo, possibile espressione di una situazione genetica protettiva nei
tempi in cui le difficoltà di approvvigionamento alimentare
costringevano a digiuni protratti e divenuta poi sfavorevole nella
civiltà del fast food, con illimitata disponibilità di cibi molto
raffinati.
In generale si ritiene certo che esista un fattore ereditario, che tuttavia da solo non induce la comparsa di malattia.
Lo
sviluppo del diabete mellito tipo1 è forse spiegabile in base ad una
particolare disposizione del sistema immunitario.Precedenti infezioni
virali possono scatenare il disturbo.Al diabete tipo 2 contribuiscono
fattori quali l’obesità, alterazioni del metabolismo dei lipidi,
mancanza di esercizio fisico, ma anche i corticosteroidi, le
catecolamine e l’ormone tiroideo (ormone antiinsulina). Il controllo
del problema del sovrappeso ha una rilevanza fondamentale nella
profilassi e nella terapia di questo tipo di diabete.
Esistono
delle correlazioni psicofisiologiche, poiché l’aumentata liberazione di
catecolamine sotto la tensione emotiva e fisica inibisce il rilascio
dell’insulina dalle cellule beta del pancreas; ciò a sua volta, può
indurre alterazioni nel metabolismo dei carboidrati, simili a quelle
riscontrate nel diabete.
Cannon
ha dimostrato che lo stress emotivo può indurre livelli elevati di
glicemia e glicosuria con l’aumento della secrezione
simpatico-surrenale. Mentre l’iperglicemia viene compensata rapidamente
nei soggetti sani, tale compensazione non avviene nel diabetico.
La
maggior parte dei diabetici sa che almeno in parte la loro omeostasi
non è ben regolata e pertanto sono turbati da sentimenti di
insicurezza:questa deficienza cronica può esercitare un’influenza
negativa sull’intera strategia di vita ed essi possono arrivare ad
organizzare tutta la vita intorno ai loro disturbi.
I
concetti psicosomatici esposti in vari lavori sullo sviluppo del
diabete sono stati riassunti schematicamente nel modo seguente:
•
i conflitti e i bisogni non orali vengono soddisfatti col cibo.Possono
quindi manifestarsi quindi appettito eccessivo ed obesità con induzione
di iperglicemia costante e conseguente esaurimento delle cellule di
Langerhans;
•
in conseguenza dell’identificazione del cibo con l’amore, la riduzione
dell’affetto produce un’esperienza emotiva di fame che dà luogo,
indipendentemente dall’ingestione di cibo, ad un metabolismo della fame
che sembra corrispondere a quello del paziente diabetico;
• le paure inconsce costanti per tutta la vita inducono una reazione continuativa di fight or flight
accompagnata dall’iperglicemia. Poiché il rilascio della tensione
psicologica non ha mai luogo, il diabete può svilupparsi
dall’iperglicemia così prodottasi..
Nonostante
questi elementi non esiste una vera e propria personalità del
diabetico. Tuttavia, particolarmente nel diabete giovanile, i fattori
psichici hanno un effetto considerevole sul decorso e sulla riuscita
del trattamento. Alexander descrive i loro forti desideri di attenzione
e gli atteggiamenti che li portano alla dipendenza. Tali pazienti
sviluppano una notevole sensibilità verso la frustrazione di questi
bisogni che sono, dal punto di vista analitico, di natura orale.
Nella
vita emotiva dei diabetici si riscontrano tendenze ambivalenti con
irrequietezza, fretta e ansia, da una parte, e aspirazioni alla
tranquillità e alla sicurezza dall’altra.
Nel
corso del trattamento a lungo termine di questi pazienti il medico deve
essere consapevole che la malattia può essere vissuta come perdita di
autonomia e aumento della dipendenza.
Secondo
Benedek il rischio di chetoacidosi può essere incrementato dai
tentativi di forzare il pèaziente a un regime dietetico, a causa
dell’ansia e dei conflitti che questo produce. Pertanto la prescrizione
di una dieta richiede una relazione di sostegno tra medico e paziente..
La
stabilizzazione della condizione emotiva del paziente rende anche
possibile conseguire un miglior equilibrio somatico – se per contro il
medico suscita uno stato di ansia, questo può indurre un peggioramento
del diabete attraverso una stimolazione dell’asse simpatico-surrenale.
Potrebbe
essere molto utile tener conto di alcuni aspetti psicosomatici oltre al
trattamento puramente medico dei diabetici; il medico può gestire il
caso dando sostegno al paziente, incoraggiandolo ad avere il controllo
sulla propria vita e a sviluppare il potenziale creativo nonostante il
fatto che le prospettive possano essere ostacolate dalla malattia.
Tuttavia una forma idonea di psicoterapia può essere molto utile quando c’è uno squilibrio metabolico continuativo.
Si è rivelata utile l’integrazione di questi pazienti in una forma di terapia di gruppo focalizzata sulla malattia.
La terapia della famiglia è la migliore per i bambini diabetici.
Minuchin
(1983) ha dimostrato che le famiglie incontrano notevoli difficoltà
nell’affrontare la malattia e che l’assenza di comunicazione tra i
genitori è spesso la condizione che precede immediatamente gli attacchi
di chetoacidosi nei bambini diabetici.
Bibliografia
B. Luban Plozza. Il malato psicosomatico e la sua cura, Astrolabio 1992.
J. Cremerius. Psicosomatica Clinica, Borla 1981.
(Articolo pubblicato su Doctor)