Diabete's Blog


Finestra on line sul diabete

Quando passare all’insulina?



L’utilizzo dell’insulina nel diabete di tipo 2 è da considerare una terapia ‘emergente’ o ‘tradizionale’?
Niente di tutto questo. Non si può dire in astratto che un paziente, ovviamente di tipo 2, è curato ‘meglio’ o ‘peggio’ perché è seguito con una terapia insulinica. L’insulina non è la terapia del ‘passato’ né quella ‘del futuro’. L’insulina è una delle opzioni terapeutiche a disposizione del medico per la terapia del diabete di tipo 2.
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Perché a un certo momento il medico propone al paziente di passare all’insulina?
Facciamo un passo indietro. Perché a un certo punto una persona ‘ha il diabete’? Lasciamo da parte il diabete di tipo 1, quello che una volta era definito ‘giovanile’, e concentriamoci sulle forme largamente più frequenti di diabete cosiddetto ‘dell’adulto’ o di tipo 2. Dicevamo, perché a queste persone ‘viene il diabete’? Noi sappiamo che il diabete consiste in una eccessiva quantità di glucosio nel sangue, una ‘glicemia alta’, a digiuno o dopo i pasti. E sappiamo anche che se la glicemia è alta è perché il pancreas non ha prodotto insulina in quantità sufficiente, oppure perché l’insulina, pur sufficiente, non è risultata efficace.
Certamente: l’insulina serve per ‘spazzare via’ il glucosio, portandolo nelle cellule. Se c’è troppo glucosio nel sangue è perché l’insulina non è sufficiente o non funziona...
Esatto. Il fatto è che o succede una cosa o l’altra. Grosso modo noi possiamo distinguere due tipi di persone con il diabete: i ‘magri’ e i ‘grassi’, i quali hanno due forme assai differenti di diabete.
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Possiamo parlare di malattie diverse?
Dal punto di vista della terapia sì. Nei pazienti diabetici ‘magri’, ma sarebbe meglio dire non obesi – che sono una minoranza – il diabete si riscontra in una forma diciamo così ‘pura’, di rado troviamo loro la pressione alta, ipercolesterolemia o un eccesso di grassi nel sangue.
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Quello che lei, per spiegarsi con parole semplici, chiama ‘diabete puro’ sarebbe quello che altri chiamano Lada o Nirad?
Sì, è più o meno la stessa cosa. In effetti molto spesso troviamo in queste persone forme di reazione autoimmune simili a quelle tipiche del diabete di tipo 1. Nel diabetico di tipo 1 il pancreas non produce o quasi insulina. Nella persona ‘magra’ con il diabete noi vediamo una progressiva ‘stanchezza’ della betacellula, l’organo che produce l’insulina, che fatica sempre di più a secernere l’insulina necessaria sia per affrontare il glucosio che arriva nel sangue dopo i pasti, sia per smaltire il glucosio che il fegato mette in circolo lontano dai pasti. Per questo tipo di persone il controllo della glicemia è il problema principale. Buona parte di queste persone trova progressivamente più difficile controllare la glicemia semplicemente acquisendo abitudini sane. Dieta ed esercizio fisico sono necessari, ma presto – o subito – occorre appoggiare la terapia con dei farmaci, tipicamente secretagoghi, cioè farmaci che aiutano il pancreas a produrre più insulina, come le sulfaniluree. È tipico, e vorrei sottolineare questo aspetto, che i farmaci orali si rivelino insufficienti. A questo punto bisogna passare all’insulina. Non ci sono alternative.
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Perché non ci sono alternative? Semplicemente perché nemmeno con l’aiuto del farmaco il pancreas può produrre la quantità di insulina necessaria. La glicemia rimane quindi alta e noi sappiamo con la massima sicurezza che lunghi periodi di glicemia alta possono da soli, anche in mancanza di altri fattori di rischio, determinare una serie di conseguenze estremamente spiacevoli, le famose complicanze, sia specifiche del diabete, come la retinopatia, la nefropatia e la neuropatia diabetica, sia non specifiche, come il danno alle arterie e quindi infarti o ictus. Viceversa noi sappiamo che riportando il paziente a un buon equilibrio glicemico, la probabilità di incorrere in queste complicanze si riduce nettamente, e la loro evoluzione, qualora queste si siano già determinate, si rallenta.
Quindi mi spiace, caro paziente, so che farsi le punture è una seccatura ma... il gioco vale la candela. Su questo non ci piove. Anche sotto il profilo della qualità della vita del paziente. Con l’insulina è possibile raggiungere un ottimo equilibrio glicemico; il che vuol dire fare tutto il possibile per scongiurare o ritardare le complicanze.
Ma la terapia insulinica non potrebbe essere di breve termine, magari per far ‘riposare’ il pancreas...
No, gli esperimenti fatti in questo senso non hanno dato risultati apprezzabili. La questione, per una volta, è molto semplice. Se voglio evitare le complicanze, diciamo così, devo tenere un buon controllo glicemico, in termini di emoglobina glicata e questo significa non sopra il 7%. Finché il paziente ‘magro’ rimane entro questi limiti con dieta ed esercizio e farmaci orali, tutto va benissimo. Se invece, anzi direi piuttosto ‘quando’, non sono più sufficienti, allora bisogna passare all’insulina.
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Tutto in una volta? Non si possono affiancare farmaci orali e insulina?
Se vuole la mia opinione non c’è una ragione clinica per farlo. Una volta che si passa all’insulina tanto vale adottare solo questa strada. Ciò detto, la terapia di una patologia cronica comprende anche aspetti psicologici e qualitativi che sono molto importanti. In questo quadro fa benissimo chi propone una introduzione graduale dell’insulina, prima a fianco dei farmaci orali, e poi come unico farmaco. Gli ‘svantaggi’ della terapia insulinica sono chiari a tutti: punture invece di pillole e un rischio più marcato di ipoglicemie. Parliamo ora dei vantaggi.
Guardi che gli ‘svantaggi’, come li chiama lei, della terapia insulinica sono sempre minori. Oggi è possibile condurre uno schema insulinico completo usando le ‘penne’. Questo significa che non c’è più bisogno di prendere una siringa, caricarla, magari miscelando due sostanze diverse. Il farmaco è già presente nella cartuccia, anche premiscelato. Anche gli schemi a 3/4 iniezioni diventano così meno complessi da mettere in atto e inserire in una normale giornata di lavoro o di impegni. Parliamo anche delle nuove ‘varietà’ di insulina: gli analoghi rapidi, per esempio, permettono di fare l’iniezione pochi minuti prima, o addirittura ai pasti.
Questo ci porta a parlare del secondo vantaggio dell’insulina: la flessibilità.
Adeguando la dose di insulina, è possibile mantenere la glicemia corretta anche aumentando la quantità di zuccheri assunta, in teoria. Ma per far questo occorre un’ottima conoscenza della quantità di zuccheri assunti e della farmacodinamica dell’insulina. Qualcuno la può anche raggiungere, ottenendo così una notevole flessibilità nella gestione della terapia. Nella pratica io credo, però, che il paziente in insulina, così come chi prende farmaci ipoglicemizzanti, faccia meglio a organizzare e standardizzare la sua vita: mangiare più o meno la stessa quantità di zuccheri tutti i giorni, fare più o meno lo stesso esercizio fisico tutti i giorni e così via.
Categoria: Knowledge Garden
giovedì, 01 set 2005 Ore. 13.16
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