….di sicuro non c’è segatura, e nemmeno il sottovuoto spinto.
Nel bene e nel male (alcuni dicono solo in quest’ultimo caso), Steve Jobs, il fondatore della Apple (insieme al suo amico Steve Wozniak) è un personalità geniale, complessa, dispotica e perfezionistica, e che di sicuro non passa inosservata.
Chi ha visto il film (di alcuni anni fa) “I pirati della Silicon Valley” sa di cosa sto parlando. Una persona capace di licenziare su due piedi un dipendente perché non lavora di notte o non raggiunge le 90 ore settimanali (nel film Jobs fa creare addirittura della magliette con la scritta 90), o perché, secondo lui, non crede abbastanza nello spirito mistico/religioso che animava la Apple nei suoi primi anni di vita.
Questo libro non è una biografia di Mister Apple Computer (anche se l’introduzione la si può considerare come una succinta biografia), ma cerca di farlo conoscere meglio ripercorrendo la strada del suo lavoro, delle sue invenzioni, dei suoi incontri e (soprattutto) dei sui scontri.
Espone le tappe di un leader carismatico e controverso, come ha creato dal nulla la Apple (con i soldi ricavati dalla vendita del suo furgone Volkswagen), e come l’ha portata dove è adesso, leader dei prodotti tecnologici con un occhio particolare al design e all’usabilità.
Ripercorre i motivi del suo temporaneo abbandono, avvenuto nel 1985, in cui fu estromesso dal CEO di allora, John Sculley”, per motivi di divergenze di vedute.
Leggendo il libro, perlomeno per quelli che non lo conoscono già, ne esce un’immagine a luci ed ombre: il genio, precursore dei tempi, ma anche il maniaco perfezionista (del design dei suoi prodotti ed anche del semplice packaging), capace di passare sopra a chi si oppone alle sue idee e a non avere rispetto dei propri collaboratori, a cui obbliga giornate lavorative massacranti inculcando nella testa che il loro lavoro è in realtà una missione e una crociata (contro la Microsoft e gli altri concorrenti).
Per chi non lo conosceva già bene da prima della lettura del libro, fa un certo effetto leggere di come si focalizzasse sui dettagli (persino sui pixel di un’icona), sulla sua pignoleria che lo portava a farsi creare centinaia di prototipi dei prodotti Apple. Persino l’estrazione dei computer dai loro scatoloni doveva seguire un certo rituale, e il packaging era fatto in modo che l’utente si “abituasse” ai componenti elettronici man mano che li estraeva dal loro imballaggio. Il nome “Apple” deriva poi da una sua moda di seguire una dieta di sole mele seguita durante l’università (tra l’altro mai portata a termine, Jobs non è infatti laureato).
Vengono ripercorsi gli anni di estromissione dalla sua azienda, dal 1985 al suo clamoroso rientro nel 1996, per riprendere per mano una Apple in declino costante, e riportarla ai vertici del mondo tecnologico.
Non solo Apple però; forse non tutti sanno che la Pixar, acquistata da Jobs nel 1986 quando ancora nessuno la conosceva, è stata portata da lui al successo planetario. Opere come “Toy Story”, “Cars”, “Gli incredibili” e tanti altri, hanno spinto la Disney a sborsare nel 2006 qualcosa come 7,4 miliardi di dollari per acquisirla, pur lasciando a Steve Jobs e ai suoi collaboratori il pieno controllo della gestione.
O delle passeggiate a piedi nudi del parco di casa sua con le personalità del momento per parlare di affari e ideologie.
Questi sono solo alcune delle particolarità che hanno costellato la vita di Steve Jobs. Nel libro se ne possono leggere davvero tante altre, e quasi ogni pagina fa riflettere e spesso sorprendere. Non solo si entrerà nella mente di Steve Jobs, conoscendone pregi e difetti, ideali ed idiosincrasie, momenti bui ed esaltazioni planetarie, ma si conoscerà meglio anche la Apple in quanto azienda.
L’autore, grande esperto di prodotti Apple, ha all’attivo altri testi sul Mac e sull’iPod, e vede Jobs come il leader geniale, ideatore del prodotto più venduto di tutti i tempi dopo il Walkman della Sony, ovvero l’iPod (ed è previsto che lo superi ben presto).
L’iPod si attesta, infatti, su poco meno di 200 milioni di pezzi venduti, mentre il Walkman è stato venduto dalla Sony in 350 milioni di pezzi, nel quindicennio in cui ha dominato (anni ’80 e metà anni ’90).
Ovviamente sarebbe impossibile per l’autore conoscere così alla perfezione ogni dettaglio della vita sia di Jobs che della Apple. Ecco allora che si avvale, come riportato più volte, a parecchi articoli e confidenze di amici e collaboratori dello stesso Jobs. Data la sua provenienza, si potrebbe pensare che questo libro sia un apologia della persona Steve Jobs, scritta da un suo fan sfegatato, sordo alle evidenti mancanze (come ogni altro essere umano). In realtà mi è parso abbastanza neutrale e obiettivo; i lampi di genio (tanti) sono giustamente sottolineati, ma non si trascurano gli aspetti meno positivi.
Alla fine di ogni capitolo, tranne l’ultimo, è presente un box (di una pagina) dal titolo “Steve insegna…” che riporta i concetti salienti – tipicamente i suoi pensieri e le sue convinzioni – incontrati nel capitolo stesso.
Penso che questo libro possa essere utile anche per manager e responsabili del personale delle aziende informatiche (e non solo), perché fa capire a cosa possono portare certi comportamenti dei capi.
Volendo anche per capire come ricompensare i collaboratori migliori, cosa che Jobs ha fatto attraverso le stock option della Apple, rendendo milionari parecchi di loro.
Alla Pixar, ad esempio, si legge che disponevano di piscina, cinema e mensa con forno a legna (anche la mensa della Apple era ritenuta a livelli di eccellenza dai dipendenti).
La rilegatura del libro è quella tipica dei romanzi. Copertina cartonata, e carta leggera e ruvida.
Inoltre la sua compattezza, unita alla robustezza, lo rende adatto come lettura da viaggio (anche il peso è molto ridotto, malgrado le pagine siano quasi 300).
Peccato che in tutte le pagine manchino le intestazioni su quale sia il capitolo di appartenenza della pagina stessa. Trovo infatti molto scomoda – o comunque poco pratica – questa mancanza.
La traduzione, invece, mi è parsa decisamente buona. In tutto il libro ho scorso solo un paio di refusi, segno di una buona revisione delle bozze.
Il libro, nella versione originale, è stato pubblicato il 17 aprile 2008, quindi non è aggiornatissimo in particolare sullo stato di salute di Steve Jobs. Da quanto si legge su Wikipedia, il 14 gennaio 2009 Jobs ha annunciato il suo ritiro fino a fine giugno dalla Apple per dar corso alle sue complesse cure mediche che lo hanno portato, come si è letto recentemente, ad un trapianto di fegato.
Chissà, quindi, se adesso è ritornato in sella a guidare la sua azienda.
La scheda del libro si può trovare a questa pagina del sito della Sperling&Kupfer.
Purtroppo non è presente nulla di scaricabile, nemmeno il sommario, ma un per un fan della Apple questo non sarà un problema, dato che il libro lo avrebbe comprato a scatola chiusa.
Dopo la lettura di questo libro mi è venuta una leggera voglia di acquistare un prodotto Apple (per ora non ne ho nessuno). Chissà se resisterò…
Le pagine si fanno leggere con piacere e, immersi nella lettura, il tempo passa quasi senza accorgersene; e questo anche per chi non sia un cliente Apple.
Sommario
Introduzione
1 – Focalizzazione: come saper dire di no ha salvato la Apple
29 – Dispotismo: un uomo solo al comando
51 – Perfezionismo: product design e ricerca dell’eccellenza
87 – Elitismo: assumere solo numeri uno, licenziare gli incompetenti
129 – Passione: lasciare un segno nell’universo
153 – Inventiva: qual è l’origine dell’innovazione?
199 – Un caso di successo: come tutto è confluito nell’iPod
217 – Controllo assoluto: il dispositivo nella sua totalità
245 – Ringraziamenti
247 – Note
Qua sotto una foto dei 2 pilastri che hanno praticamente creato il mondo dell’informatica.
Titolo: Nella testa di Steve Jobs
Autore: Leander Kahney
Editore: Sperling & Kupfer
ISBN: 978882004692
Pagine: 288
Prezzo: 16,50 €
Data di uscita: Apr. 2009