Certi momenti mi sento come nel famoso film "La finestra sul cortile" anche se la modalità, gli intenti e i risultati sono diversi.
Vivo "da sola" qui da più di 3 mesi, ho lasciato giù casa famiglia e amore. Il lavoro mi soddisfa, i colleghi sono gentili con me.
Ma certe volte la nostalgia prende il sopravvento, e mi capita di ascoltare musica affacciata alla finestra, con la solita luce spenta e il buio della mia angusta stanzetta interrotto solo dal bagliore del monitor del notebook.
Si vedono tanti palazzi da 4/6 piani, la pista ciclabile, la strada, la luce rossa in cima ad una antenna, un grattacielo, e tantissimi alberi.
Vedo di fronte un paio di appartamenti con le luci accese e i balconi aperti. La gente mangia, vede la tv. Spesso verso mezzanotte c'è una signora che stira, all'ultimo piano. Gente che si affaccia, che chiacchiera.
Sulla pista ciclabile nella prima serata passano ragazzini che sfrecciano, coppie che lentamente pedalano chiacchierando, nel pomeriggio invece passano giovani famiglie con carrozzine.
Ma la notte è tremendo stare a guardare le famiglie sedute a tavola a cena, la gente che va a coricarsi, le coppiette che si coccolano. Venire a lavorare quassù è stata una scelta piuttosto repentina, e avevo messo in conto che si soffriva un po' di solitudine. Un po'. Purtroppo non è così.
Allora, avevo cercato di darmi una scrollata, volevo iscrivermi in palestra, cercare un lavoro serale, ma ad agosto tutto chiude (non è nei miei programmi fare la cameriera o qualcosa che mi impegni fino a notte fonda, dopotutto il giorno dopo dovrei essere pimpante).
Una cosa che mi sembra così strana è che dopo le 21 la mia zona "muore". Non sono nel centro storico, certo, ma sono nei pressi della stazione. E dopotutto stiamo parlando di Padova, non di un paesino sperduto. Ma vita non ce n'è. E onestamente non mi ispira nemmeno ad uscire, è piuttosto inquietante.
Ora che sono qui potrei fare tutto quello che mi pare, ma non mi va (e in un certo senso non posso). Non c'è il mio ragazzo, non ci sono i miei amici, non ci sono i miei che mi apettano a casa, non ci sono fratelli e sorelle che fanno moine quando rientro. So che quando sto per rientrare a casa dopo lavoro non troverò nessuno per strada o al solito bar con cui scambiare una chiacchiera.
I colleghi cercano di coinvolgermi, le mie coinquiline ogni tanto mi propongono qualcosa. Talvolta accetto ma altre volte davvero non mi sento a mio agio e rifiuto a priori. Avrei tanta voglia di farmi due risate con qualche vecchia conoscenza, ridere di fatti comuni, parlare di gente conosciuta anni prima. Forse è colpa mia, non so integrarmi molto bene. Sembro spigliata e sorridente, ma in fondo so che non sono felice, che non è quello che vorrei ma che mi accontento.
La cose che mi tengono qui sono il senso civico della gente, l'ordine delle città, l'onestà e il rispetto delle persone (che forse non sono al top, ma sono decisamente meglio di quelle di giù), la bellezza del posto di lavoro. Per la prima volta in vita mia la mattina sono felice di andare a lavoro (a parte la sveglia che per me è sempre una mazzata)
Sto riorganizzando la mia vita, e il mio lui probabilmente riorganizzerà la sua. Siamo forse vicini ad un cambiamento radicale. Mi sembra l'unica cosa sostenibile a lungo.
A che serve questo post? Non (solo) per raccontare un episodio di vita vissuta, ma anche per vedere se qualcuno che è o è stato nella mia situazione come ha vissuto la lontananza e come si è comportato.