VITA NOSTRA 29\2006
Col solenne rito dell’imposizione
del Pallio metropolitano da parte del
Santo Padre Benedetto XVI, nella gioiosa
circostanza della festa dei santi Pietro
e Paolo apostoli, tenutasi il 29 giugno
nella brande basilica del Vaticano,
si sono completati i primi atti dell’immissione
nel pieno servizio apostolico
alla Chiesa di Oristano del nostro nuovo
Arcivescovo mons. Ignazio Sanna.
La consegna del Pallio è da sempre
uno dei gesti più significativi della vita
della Chiesa. Costituito nella sua forma
attuale da una fascia fatta con la lana di
due agnelli allevati dai Padri Trappisti
dell’Abbazia delle Tre Fontane di Roma,
viene indossato normalmente dal papa
(Benedetto XVI ha rimesso in uso un
pallio particolare che solo il Pontefice
può usare) e in determinate circostanze
dagli arcivescovi metropoliti, come
espressione della comunione con il Romano
Pontefice. Insegna dapprima
esclusiva del Papa, il pallio venne in seguito
(intorno al sec. VI) accordato anche
a quei vescovi che avessero ricevuto
dalla Sede Apostolica una speciale
giurisdizione (i metropoliti).
Durante la Santa Messa, nella solennità
degli apostoli Pietro e Paolo, dunque
il Papa ha imposto il pallio a 27 arcivescovi,
tra cui cinque italiani: il cardinale
Crescenzio Sepe, arcivescovo di
Napoli, monsignor Tommaso
Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne,
monsignor Luigi Conti, arcivescovo
di Fermo, monsignor Andrea
Mugione, arcivescovo di Benevento e il
nostro Pastore monsignor Ignazio
Sanna.
Attraverso gesti semplici e suggestivi
simboli, pienamente significati da
parole profonde ed esigenti, il nostro Pastore,
insieme agli altri arcivescovi presenti
quasi a simboleggiare tutta la Chiesa
sparsa nel mondo, è stato investito di
questo particolare ministero che, in qualche
modo, completa e realizza tutti i contenuti
della sacra Ordinazione ricevuta
il 25 giugno nella nostra Cattedrale.
La chiave di lettura per comprendere
in profondità l’alta valenza spirituale
che ha in sè questa semplice striscia
di lana, è racchiusa nella preghiera
di benedizione che Benedetto XVI ha
pronunciato: “O Dio, pastore eterno delle
anime, da te chiamate, per mezzo del
tuo figlio Gesù Cristo con l’appellativo
di pecore del gregge e il cui governo hai
voluto affidare, sotto l’immagine del
buon pastore, al beato Pietro apostolo
e ai suoi successori, effondi per il nostro
ministero la grazia della tua benedizione
sopra questi palli, scelti a simboleggiare
la realtà della cura pastorale.
Accogli benigno le preghiere che
umilmente di rivolgiamo e concedi, per
i meriti e l’intercessione degli apostoli,
a coloro che per tuo dono indosseranno
questi palli di riconoscersi come pastori
del tuo gregge e di tradurre nella vita la
realtà significata nel nome. Prendano su
di sé il giogo evangelico imposto sulle loro
spalle e sia per loro così lieve e soave da
poter precedere gli altri nella via dei tuoi
comandamenti con l’esempio di una perseverante
fedeltà, fino a meritare di essere
introdotti nei pascoli eterni del tuo regno.”
Non di semplice emblema o di grado
si tratta, quindi, ma di un eloquente
segno di comunione col Pastore della
Chiesa universale. Il pallio richiama il
Metropolita che lo indossa ad uno stile
pastorale in linea col Vangelo, ad un servizio
episcopale in sintonia col cuore del
Buon Pastore, ad una vita sobria e pura
come la lana di cui è fatto; infine il pallio
deposto sulle spalle dell’Arcivescovo è
chiaro segno del “giogo soave, dolce” e
impegnativo che grava sulla responsabilità
del Ministro-Pastore della Chiesa.
Il Signore Gesù presente in mezzo
a noi nel segno del Vescovo, vuole
guidarci nei sentieri della vita, nella costruzione
del suo regno… spetta a noi l’impegno
per essere gregge docile e attento.
Tonino Zedda