Qui di seguito propongo alcuni passi della Nota introduttiva al volume "Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni" che ho pubblicato con le Edizioni del noce (2012). Dal 1860 la città e la contea di Nizza - che ha dato i natali a Giuseppe Garibaldi - rientrano nei confini politici della Francia: la storia di questa città e della sua regione meritano di essere conosciute perché fanno parte della storia e della cultura italiana.
Nota
introduttiva
Questi
appunti sono indirizzati a quanti, a vario titolo, sono interessati a
conoscere l'italianità della città di Nizza, che, insieme alla sua
Contea e alla Savoia, fu ceduta alla Francia come prezzo per
ottenerne l'appoggio militare nel cammino dell'unificazione della
nostra Penisola. Altri brevi capitoli di questo volume sono invece
dedicati alle regioni italiane definite irredente, ovvero quei
territori che, pur essendo geograficamente italiani e avendo una
storia e un passato culturale che li accomuna, anche per un lungo
periodo, alla nostra nazione, rientrano attualmente nei confini
politici di altri Stati. In particolare, per regioni irredente si
intendono la città di Nizza col suo territorio, la Savoia e la
Corsica (Francia), il Canton Ticino e alcune valli dei Grigioni
(Svizzera), l'Istria e la Dalmazia (ex Jugoslavia) e l'arcipelago di
Malta.
All'estero,
e purtroppo anche in Italia, ci sono luoghi comuni e stereotipi che
non alimentano il senso della nostra unità nazionale, la quale, in
questi ultimi venti anni, è stata anche ferocemente contrastata da
partiti e movimenti politici sorti soprattutto nell'Italia
settentrionale. L'intraprendenza industriale e le ricchezze morali e
culturali del Bel Paese sono inficiate dalla corruzione che dilaga
nelle strutture pubbliche a causa di scellerati accordi tra politici,
imprenditori e mafiosi, e anche la gerarchia della Chiesa cattolica,
in questi ultimi tempi, non appare credibile a larghi strati della
popolazione italiana.
In
generale, sembra che nel nostro Paese a farla da vincitori siano i
soliti furbi, che appartengono ad ogni categoria lavorativa e ad ogni
classe sociale. Non meraviglia allora che ogni anno, tra i
cinquantamila e i settantamila giovani italiani appena diplomati o
laureati abbandonino il nostro Paese in cerca di un'occupazione
all'estero, per non essere costretti a ricorrere a raccomandazioni e
ad altri aiuti similari, ma, soprattutto, animati dal desiderio di
trovare ambienti sociali e culturali che siano autenticamente a
misura d'uomo.
In
un'Italia che invecchia a causa di un basso tasso di natalità,
corrotta da politici accusati di ogni genere di reato, con
imprenditori che portano le proprie attività produttive in Paesi
dove i lavoratori non hanno diritti, e dove i cattolici - che
appartengono alla maggiore religione praticata nel Paese - fanno
fatica a seguire quei valori etici e morali che essi stessi indicano
ai connazionali, parlare di irredentismo può non solo sembrare
anacronistico, ma anche deleterio, perché, secondo il sentire
comune, può mettere a repentaglio quell'unità europea e
quell'armonia tra i Paesi occidentali che oggi sembrano l'unica
ancora di salvezza per uscire dalla crisi economica.
E
come si può pensare, poi, di rammentare l'italianità di città come
Nizza e Fiume o di regioni come l'Istria e la Corsica, quando tanti
italiani si vergognano di essere tali?
E
non manca pure chi - a torto o a ragione - sostiene che se certe
città e regioni non conoscono, ad esempio, la cementificazione
selvaggia e i fenomeni criminosi come la mafia, lo devono proprio
alla loro appartenenza politica a Stati che li hanno preservati da
questi mali. Non è questa la sede per discutere tali aspetti, anche
perché “la storia non si fa con i se”, ed è opportuno, invece,
precisare cosa si intende per “irredentismo”. [...].
Tratto da "Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni", di Carlo Silvano, Edizioni del noce 2012, pp. 82, isbn 9788887555912.