Nervi.
Buio.
Giù al porticciolo. Avanzavi nei vicoli e sentivi il vento sfiorarti il volto.
Le barche, gli scogli, le luci dei pochi bar, le boe.
Tutto lievemente illuminato dalla luna.
Il Collegio con le voci lontane.
I solitari passeggiavano sul molo. C'era chi correva o pagaiava col fresco.
Il vento aumentava man mano che avanzavo sull'Anita Garibaldi, coi suoi mattoncini talvolta sconnessi, con le case scure, con le panchine nascoste.
La curva. La curva che dominava il mar Ligure. All'improvviso tutte quelle cose e quelle persone diventavano piccole.
Le voci sparivano e si sentiva solo il vento, tiepido, e l'odore di salsedine, il fragore delle onde e i versi dei gabbiani.
Il buio era tutto intorno. Solo la luce dell'insegna del negozio dei Souvenir rendeva la curva un po' pallida, rasserenante e amica.
Il vento aumentava.
La salsedine posata sul volto, sulle mani, sulla giacca, l'odore del mare inebriante.
Passava qualcuno ogni tanto, ma io non lo sentivo. Stavamo tutti in rispettoso silenzio per quella splendida serata.
Ormai la salsedine s'era fatta spessa sul volto, riempiendomi le guance di gocce salate, e il vento iniziava a farmi male agli occhi.
La mente era lì concentrata su quell'angolo di paradiso in Terra, ma era anche libera di pensare qualsiasi cosa, provare qualsiasi emozione.
Niente e nessuno avrebbe interrotto quel momento.
Eravamo solo io, le onde, la luna e le guance rigate dall'acqua e dal sale.