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La fisica delle pere
Una specie di premessa
Che la fisica sia un in una profonda crisi di idee credo che sia un dato facilmente contestabile, tuttavia ho l'impressione che nessuno possa davvero paragonare la seconda metà del 900 alla prima affermando che quest'ultima sia stata più ricca, almeno sul piano fondazionale, dell'epoca della relatività e della fisica quantistica. Non è corretto affermare che non sia successo niente di interessante negli ultimi 40 anni ma è certamente vero che il grosso dei problemi ancora aperti era già noto ai fisici del primo dopoguerra. Sulla divulgazione invece mi permetto di essere un po' più diretto. E' una noia mortale. Le idee esposte sono le stesse identiche da molti anni, leggo divulgazione scientifica da vent'anni e non si muove una foglia. Le stringhe, i buchi neri, l'energia oscura e via di seguito sono la norma della norma. Ma la fisica e la matematica dovrebbero essere attività anarchiche e rivoluzionarie possibile che non si trovi uno spiraglio?
Quello che vorrei cercare di mostrare, scrivendo questo lungo post, è che non è impossibile prendere una vanga e rigirare un po' tutto quello a cui siamo abituati. Estremamente difficile naturalmente è farlo seriamente e produrre una teoria concreta e coerente e per far questo bisogna essere estremamente preparati e coraggiosi e forse trovarsi nel posto giusto con l'idea giusta al momento giusto.
Io non ho alcuna pretesa di proporre alcuna teoria alternativa, di pazzoidi che trovano la teoria ultima ce ne sono già a sufficienza e purtroppo sono quasi sempre pazzoidi arroganti e presuntuosi e quasi mai simpatici e divertenti. Tuttavia vorrei ragionare qui intorno ad una teoria giocattolo che credo abbia una qualità e cioè quella di mostrare come tutto potrebbe essere guardato da una prospettiva radicalmente diversa. Una teoria giocattolo è una pseudo-teoria, incapace di fare vere previsioni verificabili e quindi totalmente ascientifica ma, magari, divertente e fine a stessa.
Questa teoria si chiama Fisica Delle Pere ed è nata sul treno Bergamo-Milano circa quindici anni fa. Il problema originario era questo "Si può fare una teoria fisica basata solo sui numeri interi?". La domanda è oziosa e inutile almeno quanto il tempo perso sul treno andando e venendo dall'università, ma il gioco che ne è nato mi ha appassionato per un bel po' e forse si, si può fare una fisica [giocattolo] in cui alla base di tutto ci siano cassette di pere da contare e impilare.
La cosa è stata spinta un bel po' in là, come vedremo la fisica delle pere arriva a spiegare nel suo mondo strampalato perché le dimensioni spaziali siano proprio 3, perché l'universo si espande, come finirà l'universo, e perché non possiamo fare altro che ipotizzare un'origine basata su un big bang. Non è poco direi.
Prima di arrivare al gioco in se tuttavia me la prendo comoda con una specie di introduzione.
Una specie di introduzione
Credo che quanto riportato nei libri di scienza e di filosofia dei licei relativamente alla fisica sia vero solo per metà. E' assolutamente indubbio che una teoria deve essere verificata dagli esperimenti, così come è indubbio che una teoria debba essere falsificabile per poter essere definita valida eccetera. Insomma, è tutto sacrosanto, gli esperimenti decidono se una teoria è valida o meno e gli scienziati non fanno altro che affidarsi a questi principi per raggiungere i propri risultati. Quello che mi pare sia un po' poco sottolineato è che i fisici, come tutti, hanno un proprio mondo mentale e che quello che cercano è spesso una conferma del proprio mondo e ciò in modo totalmente ascientifico. Galileo, tanto per buttarsi su un esempio, non aveva davvero alcuno strumento per affermare che la terra girasse intorno al sole ma credo che la semplificazione che la visione eliocentrica portava gli desse soprattutto una soddisfazione palpabile, personale e imprescindibile, al di là di ogni verifica sperimentale. Il sistema solare doveva essere eliocentrico perché altrimenti era un disastro logico nella mente di Galileo stesso. Una cosa analoga è successa, in senso opposto, con la fisica quantistica. Una parte dei fisici dell'epoca si trovava a disagio con l'idea di un universo intrinsecamente statistico e non ha mai accettato fino in fondo questa ipotesi cercando vie d'uscita che riportassero l'universo "vero" a coincidere con le proprie necessità personali, tra cui, in questo caso, leggi certe, universali e deterministiche. Che poi in realtà la fisica quantistica di intrinsecamente casuale non ha proprio niente di niente, se non un dettaglio, sicuramente fondamentale, che non fa parte strettamente della teoria. L'equazione di Schrodinger, che è l'equazione che descrive un sistema quantistico, è infatti un'equazione deterministica di moto come ogni altra con la particolarità che non descrive esattamente il moto di oggetti ma di onde. La discussione sul senso da dare a queste onde è stata durissima, i fisici che cercavano disperatamente un mondo "classico" speravano di dare a queste onde un significato fisico chiaro, analogo a quello che può avere un'onda del mare, i fisici invece più liberi da vincoli rispetto a un universo necessariamente deterministico si imposero interpretando quelle onde come distribuzioni di probabilità. Questa interpretazione che fu rivoluzionaria è oggi accettata più o meno da tutti tanto da meritarsi ormai essa stessa l'appellativo di "classica". Nell'interpretazione classica quindi, l'equazione di Schrodinger descrivere l'evoluzione di uno stato di realtà non definito ma diffuso e probabilistico. Un elettrone, per esempio, cessa di esistere come pallina che sta da qualche parte per diventare un oggetto che possiede un'esistenza sparsa statistica nello spaziotempo. Questa onda di probabilità, per quanto difficile da raffigurare o concepire, continua ad avere una vita strettamente deterministica ed evolve in modo certo e predeterminato nello spazio e nel tempo. Il dettaglio di cui si diceva è che ogni tanto la realtà diffusa collassa in una realtà convenzionale e lo fa secondo le probabilità definite dall'equazione di Schrodinger in modo incerto e non deterministico. Il problema è che quest'ultimo pezzo della teoria non è dentro la teoria. Uno dei problemi più grossi, o addirittura il problema più grosso, che rimane aperto dall'interpretazione probabilistica della fisica quantistica è perché mai l'onda di probabilità decada su una realtà concreta.
I fisici ci vanno con i piedi di piombo, non sanno dare una risposta totalmente soddisfacente e continuano a cercarla evitando uscite poco convincenti. I divulgatori invece sono un po' più cialtroni e evitano il problema in poche righe affermando normalmente che "l'osservatore fa decadere l'onda con l'atto della misura". La cosa ha così poco senso che fa davvero ridere, cosa è un osservatore? Cosa ha di speciale per far decadere qualcosa? E' fuori o dentro un sistema quantistico? Un uomo osserva? Un cane? Un paramecio? Una pianta? Un sasso? Chi ha il dono di far decadere la realtà diffusa in una realtà concreta?
Esistono naturalmente anche persone che provano ad affrontare la questione in modo che sia contemporaneamente divulgativo e rigoroso, Gian Carlo Ghirardi, per esempio, ci ha provato con un libro di divulgazione non semplice ma quantomeno non semplicistico sull'argomento.
Riproiettando la fisica vera dei fisici veri sul gioco delle pere, io mi trovo al contrario di De Broglie e Einstein a gradire di più, per mia forma mentis, un mondo indeterministico rispetto a uno deterministico e visto che la fisica delle pere è un gioco costruito sulle mie aspirazioni e poco legato al mondo fisico vedremo come un universo delle pere risulta davvero indeterministico nel senso di essere davvero governato dal caso.
L'altro elemento essenziale della fisica delle pere sarà l'assenza delle cose nel senso che dentro un universo delle pere gli oggetti hanno una definizione molto sfumata ed anche questo è legato al mio gusto e al mio bisogno di un mondo non categorizzato in singole parti [la citazione storpiata che da il titolo a questo blog dovrebbe dare un'idea]. Einstein con la relatività generale ha mostrato come esista una relazione strettissima tra materia e energia e, ancora di più, come esista una relazione strettissima tra spaziotempo e materia. La materia/energia piega lo spaziotempo ed esiste uno strumento formale, un tensore, per descrivere il rapporto che esiste tra curvatura dello spaziotempo e materia in esso presente. Da quando mi è successo di capire questa cosa della curvatura non posso fare a meno di pensare che tutto sommato la materia/energia non serva a niente. C'è uno spaziotempo curvo. Fine della fiera. le pieghe dello spaziotempo le chiamiamo, approssimativamente, cose ma non hanno una vera realtà fisica. E se proprio vogliamo ragionare come se le cose esistessero ci basta applicare il tensore metrico allo spazio vuoto e curvo per ripensare il tutto come spazio riempito di palline. E' un po' come osservare il "colletto della camicia". E' chiaro che può avere solo una definizione superficiale, se lo si guarda attentamente non è possibile affermare con esattezza dove inizia e dove finisce, è una piega del tessuto. Il modello "colletto" regge solo ad un livello di analisi superficiale, se guardiamo la camicia con il microscopio il colletto non esiste più. Nella fisica delle pere mi sono quindi sbarazzato delle cose, c'è solo lo spazio e il tempo. Le cose non mi interessavano.
Il bello di una teoria giocattolo è che permette di essere spudorati e fare scelte arbitrarie, e visto che qui si parla di questo non ci si tirerà certo indietro.
Bene, siamo pronti per la fisica delle pere.
La fisica delle pere
Si prendano N punti e si uniscano a caso alcuni di essi. Fine, quello è un universo delle pere. Ora si rimuova un collegamento qualunque, ecco, il nostro universo è evoluto a caso di una unità temporale.
Spero che chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui non sia troppo deluso, il gioco è veramente banale. Ma bisogna riconoscere che il bello è trarre fatti complessi da giochi elementari piuttosto che il contrario.
Un universo delle pere non è altro che un grafo. E già con così poco e armati della spregiudicatezza di cui sopra, facciamo subito della gnoseologia spicciola. Non è che un grafo "rappresenti" un universo delle pere. Un grafo "è" in se e per se un universo delle pere. Quindi l'universo, quello vero, pensato nell'ottica delle pere, è un grafo bello grosso. Quindi, la prossima volta che fate il "Unite i puntini dall'uno al sessantadue" della settimana enigmistica ricordate che in quel momento siete creatori di un vero universo.
E la fantomatica teoria ultima non esiste per il semplice fatto che l'universo rappresenta se stesso, o meglio "l'universo è la più piccola rappresentazione di se stesso". Questa cosa mi piace un sacco da molti punti di vista. Il sogno di Laplace di calcolare tutto date le condizioni iniziali non è, in quest'ottica impossibile ma semplicemente l'universo è quell'oggetto che fa questa cosa e non si può costruire un sistema dentro l'universo che lo descriva tutto perché lui descrive se stesso già in maniera ottimizzata. Va be’, lasciamo la pseudo-filosofia e torniamo alla nostra pseudo-fisica.
Sul nostro grafo è possibile definire in modo del tutto naturale una metrica, cioè una misura. I matematici sono spesso osservati come persone in grado di rendere tutto molto difficile ma, da un certo punto di vista, è vero proprio il contrario. La matematica tende a rendere tutto una banalità autoevidente e a ridurre ogni oggetto di analisi al minimo indispensabile affinché risulti chiaro anche a un piccione. Wittgenstein, che cito per la seconda volta pur condividendo assai poco del suo approccio, osservava come la logica non produca altro che tautologie, cioè affermazioni autovere del tipo 1=1 o "Se 1+1=2 allora 1+1=2". Di cosa si stupisse Wittgenstein non ho mai capito. In questo spirito di enorme sforzo di semplificazione, la misura in matematica è trattata come un qualunque modo di assegnare a due punti un numero detto distanza che rispetti le seguenti proprietà:
- La distanza tra due punti è 0 se e solo se i due punti coincidono. - La distanza tra A e B è uguale alla distanza tra B e A. - La distanza tra due punti non coincidenti è un numero reale positivo. - la distanza tra A e B è minore o uguale della distanza tra A e C più la distanza tra C e B.
I primi tre punti sono tipici di quanto osservavo sopra. Sono la puntualizzazione di fatti ovvi [ma necessari per imbrigliare con rigore il concetto di misura]. Il quarto è leggermente più complesso ma davvero poco. Dice che se si va da Bergamo a Bologna e poi a Torino si fa in generale più strada che andando direttamente da Bergamo a Torino. La misura "naturale" che si può definire su un grafo è questa:
- La distanza tra due punti A e B di un universo delle pere è data dal numero minimo di collegamenti che è necessario percorrere per andare da A a B.
Risulta immediatamente evidente che questa misura rispetta tutte le specifiche di uno spazio metrico per come l'abbiamo definito sopra, infatti:
- La distanza tra due punti è 0 se e solo se i due punti coincidono [ovvio]. - La distanza tra A e B è uguale alla distanza tra B e A, infatti se c'è una stradina breve tra A e B essa è percorribile anche tra B e A, non avendo i collegamenti alcun senso unico. - La distanza tra due punti non coincidenti è un numero reale positivo, nel nostro caso è addirittura un numero intero positivo. - la distanza tra A e B è minore o uguale della distanza tra A e C più la distanza tra C e B, esiste in fatti un percorso che va da A a B passando per C che passa per d(A,C)+d(C,B) collegamenti.
C'è tuttavia un problema rispetto ad uno spazio metrico ben definito. In un universo delle pere è possibile che non ci siano abbastanza collegamenti per andare dal punto A al punto B e quindi è possibile che esistano due punti che semplicemente non distano. In questi casi i fisici fanno ogni tanto una mossa bellissima, che faremo anche noi, che è quella di dirsi "fa niente, poi vedremo di capire". Mentre Dirac studiava l'equazione di moto relativistica dell'elettrone si trovò con un risultato matematico assurdo. Saltava fuori infatti, oltre al moto atteso dell'elettrone, anche il moto per niente atteso di un una roba simile all'elettrone ma con i valori al contrario e delle assurde quantità negative. Anziché buttare tutto, Dirac ha provato a dare un senso fisico alla cosa e ha scoperto, con carta e penna, il positrone e in generale l'antimateria. Questo fenomeno merita una piccola digressione.
Una piccola digressione
E' successo talvolta nella storia del pensiero scientifico che il ragionamento abbia preceduto l'osservazione e che il mondo si sia in un certo senso adeguato alla logica, non per questo bisogna tutti abiurare Aristotele a favore di Platone, ma credo che il fenomeno vada riconosciuto. Uno dei più begli esempi di questo fatto, purtroppo pochissimo pubblicizzato nelle giuste sedi, tipo le scuole, è l'arcinoto fenomeno studiato da Galileo per cui un elefante cade dalla torre alla stessa velocità della piuma. A scuola abbiamo tutti imparato che le piume e gli elefanti che gettiamo noi dalla torre cadono con tempi diversi per via dell'attrito e tutti ci siamo sorbiti la tiritera sulla scienza che astrae. Quello che mi pare sia veramente poco evidenziato è il fatto straordinario che Galileo sapeva che i tempi di caduta non possono dipendere dal peso senza nemmeno bisogno di chiedersi qualcosa sull'attrito. Galileo osserva infatti che se A è più pesante di B e se il tempo di caduta aumentasse all’aumentare del peso allora A arriverebbe prima di B. Ma se leghiamo A a B con filo leggero allora A trascinerà B e B frenerà A e quindi la coppia AB cadrà con una velocità media. Ma allo stesso tempo il corpo AB può essere visto come un unico corpo che pesa più di A e più di B e quindi AB cadrà anche più velocemente di A. Assurdo. Quindi la velocità di caduta non può dipendere dal peso, o più precisamente, non può essere in generale maggiore per pesi maggiori. Il ragionamento è squisitamente ed esclusivamente razionale e vale sia con che senza attrito ed è tanto forte che mette in discussione tutto e porta a chiedersi di nuovo, ma perché nella realtà cadono con tempi diversi? Il fatto è che anche in presenza di attrito non è detto che un oggetto di cento tonnellate cada prima di uno di venti grammi. Una piumona del peso di un elefante arriverà a terra dopo una piccola pallina del peso di una piuma. Questo è anche facile da immaginare, quindi la logica ferrea di Galileo risulta valida. E cosa succede se si gettano due palle identiche, grandi uguali, fatte del medesimo materiale ma una cava e leggera e una piena e pesante? Anche questo non è difficile da immaginare. Se prendiamo un palloncino standard e ne facciamo una copia, della stessa gomma del palloncino ma tutto pieno di gomma anziché d'aria è evidente che quello pieno piomba a terra mentre l'altro o scende piano o addirittura sale. Questo sembra dimostrare che in qualche modo il peso ha un suo ruolo, e infatti, fatti due conti, quello che importa è la densità cioè il peso per unità di volume. L'astrazione di Galileo è che, tolto l'attrito anche la densità non conta più.
Uff.. una digressione un po' eccessiva forse. Si diceva che alcuni punti di un universo delle pere possono risultare del tutto scollegati e quindi "non distare". Dicevamo anche "fa niente, poi vedremo di capire".
Nascita vita e morte di un universo delle pere
L'universo delle pere è un universo strettamente discreto. Lo spazio è fatto di un numero finito di punti e tutte le distanze sono numeri interi. Anche il tempo, definito come rimozione di un collegamento, è discreto. Siamo perfettamente in linea con la richiesta di un universo fatto di pere. Definiamo ora in modo usuale il diametro di un universo delle pere. Con diametro si intende normalmente la massima distanza percorribile nell'insieme [o il limite superiore per gli insiemi infiniti]. Dato un grafo, diciamo che esso è molto esteso se ci sono due punti molto distanti e che è piccolo se per andare da un punto a un altro bastano sempre pochi passaggi lungo i collegamenti. E' chiaro che se ci sono molti collegamenti ci saranno anche più strade per andare da A a B e quindi l'universo sarà tendenzialmente piccolo mentre se ce ne sono pochi le vie saranno scarse e lunghe. Per estremizzare se per ogni coppia di punti esiste il corrispondente collegamento, per andare da un qualunque punto A ad un qualunque punto B è sufficiente percorrere un unico collegamento, quindi il diametro sarà 1 e l'universo sarà piccolissimo. Consideriamo ora un universo qualunque e due punti A e B di questo universo. A e B distino un certo valore X. Quindi, per definizione, esiste un percorso lungo i collegamenti che porta da A a B in X passi. Facendo evolvere l'universo, cioè rimuovendo collegamenti a caso, è possibile che venga rimosso un collegamento del percorso minimo tra A e B e che quindi sia necessario percorrere una via più lunga per andare dal primo al secondo. Quindi A e B si distanziano. Questo significa che l'universo delle pere, passando il tempo, si espande. Ma ecco che è ora di considerare i punti senza distanza. Con la rottura dei collegamenti è anche possibile che A e B diventino reciprocamente irraggiungibili poiché non esiste più un percorso tra l'uno e l'altro. Il nostro universo in questo caso si è spaccato in due frammenti che non hanno più alcuna relazione. Quindi, consideriamo un universo fatto da un bel po' di punti e moltissimi collegamenti, quasi tutti, in modo che ogni punto disti poco da ogni altro. Abbiamo un universo denso e piccolissimo. Ora facciamolo evolvere rimuovendo collegamenti. L'universo si espande e si allarga. Ogni tanto è possibile che qualche punto o qualche zona dell'universo perda tutti i collegamenti con il resto, questi punti e queste zone si staccano dal nostro universo portandosi con se potenziale in termini di informazione, il nostro universo, in questo senso, si impoverisce. Ma per buona parte della sua vita quello che si osserva è soprattutto un'espansione continua con poca "evaporazione". Ad un certo punto però i collegamenti diventano scarsi e comincia a prevalere la perdita di frammenti sulla crescita. L'universo evapora sempre di più e si spacca in tronconi sempre più grossi che a loro volta impoveriscono ed evaporano. La fine ultima del nostro universo delle pere sono i nostri N punti iniziali, tutti sparsi e isolati, senza più alcuna relazione di distanza tra uno e l'altro.
Credo che sia uno scenario affascinante o quantomeno un po' diverso dal solito "Si espande per sempre/Si ferma e sta lì/Si espande e si contrae". L'universo si espande e evapora sempre di più fino a sfaldarsi e cessare di esistere. E, al contrario, come nasce un universo? Il gioco delle pere introduce su questa questione un problema filosofico importante. Se il futuro si ottiene rimuovendo collegamenti, il passato sarà stato denso di questi collegamenti e il passato più remoto possibile è un universo straordinariamente denso e minuscolo in cui ogni punto è unito ad ogni altro punto. Il big bang! Fantastico no? Però c'è un però. L'universo evapora. Quindi dato un universo il suo passato è ampiamente inconoscibile. Prendiamo un universo fatto da 100 punti con moltissimi collegamenti e diametro 3 o 4. E' necessariamente un universo giovane? No, potrebbe essere un frammento evaporato di un universo molto più grande e vecchio in cui, per puro caso, si sono rotti nel corso della lunga vita del grande universo solo pochi collegamenti.
La modalità stocastica con cui evolve un universo delle pere rende il passato assolutamente meno certo del futuro, ma come dicevo verso l'inizio di questo post, da dentro un universo delle pere non è possibile fare altro che dedurre che in un tempo passato lungo circa quanto i collegamenti persi del proprio mondo ci sia stato un big bang e cioè una fase di densità massima e di concentrazione della totalità delle cose in un frammento infinitesimo, per la precisione grande quanto una unità spaziale. Mi pare che si posa dire che l'universo delle pere, per quanto sia certamente fisica di plastica, permette di pensare cose inimmaginabili come il big bang e lo spazio/tempo finito in una luce del tutto accettabile per la nostra mente o quantomeno di mostrare che forse una visione di questo tipo possa esistere.
Le pere e le cose. Un universo pieno di materia in 3D
Una delle robe che fa diventare matti i fisici sono le costanti. Perché la carica dell'elettrone è costante ed ha proprio quel valore? Perché le dimensioni spaziali in cui viviamo sono 3? Con queste cose fisici, divulgatori, pazzoidi e persino qualche programmatore ci perdono la testa. L'universo delle pere per sua costruzione non ha dimensioni, ne assi cartesiani ne niente del genere eppure si può mostrare che in questo universo si percepiscono esattamente le tre dimensioni del mondo euclideo a cui siamo tanto affezionati. Cominciamo considerando un universo banalissimo costituito da due soli punti collegati. Un mini universo delle pere. Abbiamo quindi A e B che distano 1. In un mondo euclideo è facile rappresentare questo universo prendendo su una retta due punti qualunque. Ecco, ora il nostro universo delle pere è immerso in uno spazio infinito euclideo. Limitatamente ad A e B le distanze del mondo euclideo combaciano con quelle del mondo delle pere. Consideriamo ora un universo delle pere costituito da tre punti, collegati come in un triangolo. Ogni punto dista 1 unità dagli altri due e un triangolo equilatero rappresenta, nel mondo euclideo, proprio lo stesso stato dei fatti. Ancora un passo avanti, le cose si complicano un po'. Immaginiamo un piccolo grafo delle pere composto da 4 punti, collegati a formare un quadrato. Due punti opposti distano 2 unità e non c'è modo di disegnare un quadrilatero sul piano euclideo che rispetti queste distanze. Per ottenere il nostro risultato doppiamo immaginare un piano costituito da materiale elastico su cui siano rappresentati i nostri 4 punti in quadrato e che abbia una protuberanza nella zona interna del quadrato. Si può pensare a quattro casette poste alla base di una piccola collina, equidistanti e tutt’attorno alla collina stessa. Per andare da una casa alla sua opposta bisogna o passare lungo il bordo della collina, percorrendo due unità di strada o arrampicarsi sulla collina stessa, percorrendo la medesima distanza. Su quella collina euclidea bidimensionale e curva è possibile rappresentare il nostro quadrato delle pere. Ai lettori più smaliziati dovrebbero ormai fischiare le orecchie, comunque andiamo per gradi. Un quadrato delle pere può essere approssimato con un universo euclideo bidimensionale curvo. Nella teoria dei grafi, una teoria sviluppata per questioni che pochissimo hanno a che fare con le nostre pere, si dice che un certo grafo è piano se è possibile rappresentarlo su di un foglio in modo che non esistano due collegamenti che si incrociano. Il nostro quadrato, per esempio, è piano. Non è difficile accorgesi del fatto che qualunque grafo piano può essere approssimato con un piano euclideo curvo, cioè a qualunque universo delle pere piano corrisponde un universo bidimensionale convenzionale e curvo visualizzabile come un telo collinoso e pieno di rughe e avvallamenti o, se vogliamo già cominciare ad azzardare ipotesi, uno spazio relativistico 2D. E ora la parte più bella. Ogni grafo, indipendentemente da come sia fatto, può essere rappresentato nello spazio tridimensionale senza incroci tra i collegamenti. Cioè, in 3D, uniti in qualunque modo due punti, c'è lo spazio per unirne altri due. Detto ancora in altro modo, si possono progettare le vie aeree per un qualunque numero di aerei in modo che non si scontrino mai. La conclusione a questo punto è semplice e, spero, un po' sorprendente, un universo delle pere può sempre essere approssimato da una metrica convenzionale continua in uno spazio euclideo a tre dimensioni curvo. Cioè, se la nostra unità spaziale è pensata piccola piccola, ipotetici abitanti di un universo delle pere potrebbero percepire il mondo attorno a se come continuo e tridimensionale.
Ricordiamo ora che la relatività ci dice che lo spaziotempo è piegato dalla massa\energia secondo quanto prescritto dal tensore metrico e che nessuno vieta di leggere la cosa al contrario e cioè che la massa è la nostra categorizzazione delle pieghe dello spaziotempo. Quindi un universo delle pere può essere approssimato, o valutato grossolanamente, come un universo 3D con dentro delle cose. Non è bello sentirsi svanire? Sentirsi di non esistere più se non come relazione metrica tra punti che si può più o meno guardare come una increspatura dello spazio? Io sono lo stesso spazio della poltrona su cui son seduto, siamo due grumi metrici, non è poetico e affascinante?
Emerge anche un altro fatto interessante. Forse un mondo alla Abbot è possibile, forse in uno stato di evaporazione avanzata frammenti di universo perderanno tanta di quella informazione da diventare grafi piani e saranno abitati da creature 2D o forse parti ancora collegate al nostro universo e magari raggiungibili, sono 2D, anche se probabilmente l'apporto di informazione che è in grado di sostenere uno spazio così povero di collegamenti non regge una forma di vita.
Una specie di epilogo
Ci si può spingere più in là con questo gioco? Forse c'è una strada per mostrare che l'universo delle pere supporta una velocità massima, altro precetto [anzi, IL precetto] relativistico. Forse si può mostrare che il big bang delle pere inizia con un'inflazione. Mah, si potrebbe giocarci sicuramente un po'. Non so, quello che spero di aver ottenuto con questo post lunghissimo è un po' di divertimento da parte di chi legge e, spero, un contributo al dubbio sull’attesa di un’imminente [e nauseabonda] "teoria ultima". Come è stato mille volte in passato, tutto potrebbe invece essere estremamente diverso da qualunque cosa potremmo immaginare. Ma naturalmente, in un epoca in cui la fisica delle stringhe traballa sempre di più, in cui sempre di più le idee sembrano spostarsi verso scenari strettamente geometrici e aritmetici e in cui l'attesa di qualcosa di nuovo in ambito scientifico è palpabile, spero anche di lasciare un briciolo di dubbio, e se fossimo davvero tutti immersi in un gran succo di pera?
marc.
P.S. Ricordo che di mestiere scelgo quale premere tra i 110 bottoni della tastiera di un pc. Le inesattezze sulla storia e sul contenuto della fisica e della matematica mi siano il più possibile perdonate.
rimarc.
sabato, 10 mag 2008 Ore. 12.35
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