Hystrix


Il mondo è la totalità dei fatti non delle cose.
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La fisica delle categorie

La fisica della ballerina



The Spinning Dancer è una celebre illusione ottica creata da  Nobuyuki Kayahara nel 2003.

La sua particolarità è che alcune persone sono pronte a giurare che la ballerina stia girando in senso orario, altre che stia girando in senso antiorario. Quasi tutti riusciamo a vederla girare in un senso o nell’altro semplicemente spostando lo sguardo e riportandolo sull’immagine.

Ci si propone qui di discutere questo strano comportamento trattandolo come se fosse un sistema fisico.


Il fenomeno della ballerina appare in forma del tutto esperienziale, forse un po’ casualmente, l’autore scopre la natura ambigua di quell’animazione. Dopo di lui centinaia di migliaia di persone sperimentano la medesima sensazione.


Volendo formalizzare la cosa, diciamo che abbiamo un’”osservabile”, il senso di rotazione della ballerina. L’apparato di misura consiste semplicemente in una persona vedente che guarda e dichiara il senso in cui percepisce la rotazione, orario o antiorario.


Da un punto di vista di fisici sperimentali si possono trarre una serie di fatti:

  • Tutti (o la grandissima maggioranza, non ci interessano i dettagli) delle misure riportano un valore netto e incontrovertibile: la ballerina gira in un senso o nell’altro, nessuno percepisce stati della ballerina diversi da questi.
  • Circa il 50% delle misure riporta un valore “Rotazione Oraria”, circa il 50% delle misure riporta “Rotazione Antioraria”
  • Per quanto si cerchi di ripetere l’esperimento in condizioni diverse (da seduti o da eretti, in una stanza buia o all’aperto, guardando un monitor piccolo o grande) non sembra esserci nulla che influenzi significativamente l’esito dell’esperimento, il risultato che si ottiene è, per quel che gli esperimenti riescono a mostrare, del tutto casuale.


Sulla base delle osservazioni sperimentali, immaginari fisici teorici cominciano a costruire un formalismo che permetta di rendere conto del nuovo fenomeno osservato. Quello che producono in alcuni anni di lavoro è una strana nuova teoria che, contrariamente a tutte le precedenti, risulta strutturalmente probabilistica. In questo formalismo si scrivono strane cose del tipo:


|O> + |A>


Dove O indica Orario e A Antiorario.

La nuova teoria prevede che la ballerina si trovi in uno stato sovrapposto di possibilità e che l’osservazione faccia decadere la sovrapposizione portando la ballerina a ruotare in un senso ben definito. Con il nuovo formalismo si ottiene la corretta probabilità che la ballerina venga vista ruotare in un senso o nell’altro e, tra i propri principi fondanti dichiara espressamente che l’incertezza del responso non è in alcun modo eliminabile in quanto parte integrante della natura stessa della ballerina.


La teoria quantistica della ballerina (così la supponiamo battezzata) è diversa da qualunque teoria sia mai stata concepita prima. La sua natura probabilistica risulta difficile da digerire per molti e un piccolo esercito di irriducibili continua negli anni successivi a cercare di ripristinare lo status quo di un modello più tradizionale e in cui possano sparire stranezze quali le probabilità o gli stati sovrapposti.

C’è anche ci riesce; un immaginario fisico “De Broglie” prima e un “Bohm” dopo, nonostante un “Von Newmann” avesse dimostrato la cosa impossibile, costruiscono una teoria equivalente senza più le probabilità ne gli stati sovrapposti. Il risultato tuttavia non è soddisfacente perché la teoria si basa su presupposti ancora più inaccettabili dell’originale come misteriose proprietà inaccessibili della ballerina e misteriose forze di trascinamento della rotazione da una parte o dall’altra innescate da misteriose onde pilota.


Passa il tempo e la teoria quantistica della ballerina regge ad ogni attacco, anzi, più gli sperimentatori si inventano scenari stravaganti più la teoria si dimostra ineccepibile.


Oltre ai fisici di tutti i tipi, seguono la faccenda anche filosofi, pensatori, divulgatori, pazzoidi e ogni tipo di studente di ambito naturalistico. Ne emerge una mole gigantesca di osservazioni, per esempio:


  • Mentre non la si guarda la ballerina gira sia a destra che a sinistra.
  • Mentre non la si guarda la ballerina non esiste.
  • Esistono due universi, in uno la ballerina gira in un senso in un altro nell’altro senso.
  • E’ la presenza dell’osservatore che innesca il moto della ballerina.
  • La ballerina gira solo se interagisce con qualcosa.
  • Non ha senso chiedersi da che parte gira la ballerina.
  • E’ illegittimo chiedersi da che parte gira la ballerina.
  • E’ brutto chiedersi da che parte gira la ballerina.
  • E’ meglio non chiedersi da che parte gira la ballerina.
  • Se la fisica quantistica della ballerina fosse giusta i suoi stati di sovrapposizione dovrebbero ampliarsi rendendo tutto in stato di sovrapposizione, per esempio il gatto di Erwin sarebbe contemporaneamente vivo e morto.


E’ possibile trovare un modo ragionevole per uscire da questo guazzabuglio? Probabilmente si.


La prima cosa che va osservata è che ci si sta ingannando un po’ con le parole, lì sopra non c’è propriamente “una ballerina rotante” ma “un’immagine in movimento impressa su un monitor, creata dal pc, che interpretiamo come ballerina rotante”.

In questo senso quindi la ballerina non c’è e quindi non piroetta in alcun modo, ma qualcosa c’è, variazioni di colore e luminosità che noi interpretiamo come essere una ballerina che piroetta.

In quest’ottica naturalmente tutto torna al suo posto:


1) Anzitutto la teoria quantistica della ballerina è effettivamente giusta e effettivamente non è strutturalmente migliorabile.

2) L’osservabile “senso di rotazione” non è propriamente un’osservabile fisica autonoma, ma è una grandezza che descrive come interpretiamo l’immagine, senza un osservatore che interpreta, quell’osservabile non è nemmeno definita.


Quindi mentre non la si guarda la ballerina non esiste e non ruota ma non nel senso metafisico per cui il monitor stesso esiste solo guardandolo, ma nel senso più banale che quello che c’è, l’immagine in movimento, continua a esserci e quello che nasce proprio dalla nostra interpretazione, “una ballerina” non può che esserci solo se il processo di interpretazione avviene.

E’ un po’ come chiedersi di che colore sia una mela rossa mentre nessuno la guarda. Possiamo tranquillamente accettare il realismo filosofico ed ammettere che la mela sia sempre lì, ma “rosso” è il nostro modo di categorizzare alcune proprietà fisiche (la lunghezza d’onda della luce riflessa/emessa), senza il soggetto che interpreta quelle proprietà come “rosso” (così come in assenza di luce) possiamo anche tranquillamente accettare che la mela sia rossa solo se qualcuno la vede come tale, senza ledere in alcun modo i presupposti del realismo.


Possiamo mettere la cosa in questi termini: La fisica quantistica della ballerina è esatta ma stravagante perché le stiamo chiedendo di descrivere osservabili stravaganti la cui realtà fisica è ambigua.


La fisica degli elettroni


La storiella giocattolosa della fisica quantistica della ballerina è naturalmente la premessa per insinuare il dubbio che meccanismi analoghi possano giustificare le stranezze della fisica quantistica vera.

Come per la ballerina l’obiettivo non è smantellare la teoria a favore della restaurazione del determinismo e del realismo tradizionale ma anzi trovare una via per conciliare l’esattezza della teoria con un modello filosofico che preservi un realismo in senso davvero debole; un modello che ci permetta di digerire affermazioni del tipo “gli elettroni in orbita attorno al nucleo si trovano contemporaneamente in ogni punto ammesso dall’orbitale con probabilità variabile’”


Seguendo le orme della ballerina si può quindi ipotizzare che le cose (con la loro forma, massa, posizione, velocità…) siano categorie interpretative di una realtà in cui propriamente le cose non esistono.

Affermare “Quella sedia è sotto il tavolo” o “Quell’elettrone è in quella posizione” andrebbe in questo scenario riespresso più propriamente come: “La realtà è in uso stato che interpreto come sedia sotto il tavolo”.

Se così fosse non sarebbe davvero stravagante che possano esistere realtà, come esistono le illusioni ottiche, con interpretazione ambigua.

Quella cosa che noi chiamiamo “elettrone orbitante attorno ad un protone”, per esempio, possiamo interpretarla altrettanto bene con l'elettrone in alto, sopra il protone, che con l'elettrone in basso, esattamente come possiamo vedere la ballerina ruotare in uno qualunque dei due sensi.

L’analogia regge anche con l’altro fatto essenziale della meccanica quantistica: se provi a misurare dove sta l’elettrone (o la sedia) immancabilmente sta in punto preciso come la ballerina immancabilmente, guardandola, in uno dei due sensi piroetta.

Vista da qui, la fisica quantistica è strana ma perfettamente logica e non lede al realismo. Le si chiede di descrivere osservabili che sono un miscuglio di proprietà fisiche e categorie interpretative. Non solo è efficace ma straordinariamente coerente e semplice vista l’impresa che affronta.


Se tutto ciò avesse un senso di fatto si starebbe affermando che:


  • Le cose (particelle, campi et alia) non esistono.
  • Esiste qualcosa d’altro
  • Questo qualcosa d’altro si può interpretare come cose (particelle, campi…)
  • Il tentativo di descrivere le cose può risultare complesso e perfino contraddittorio a causa della natura evanescente delle interpretazioni.
  • Bisognerebbe descrivere quel qualcosa d’altro che esiste.


Personalmente questo punto di vista riconcilia molto la fisica quantistica con il mio bisogno di realismo.

Mi mette nella condizione di osservare che tutte le stravaganze della teoria riguardano osservabili stravaganti e quindi è vero e giusto: la fisica quantistica è probabilmente la migliore formalizzazione di queste categorie che sono strutturalmente ambigue e generano una teoria che tiene conto di queste ambiguità.

Superare la meccanica quantistica non vuol dire scrivere una nuova teoria per le particelle, le forze le masse ma scrivere una teoria che parla di tutt’altro e che offre una chiave interpretativa che permetta di vedere l’emergere delle particelle delle forze e delle masse e apprezzare le ambiguità che la chiave interpretativa può creare.


La fisica delle pere


Immagino che tutto il discorso possa apparire molto astratto e mal definito. Succedono però due cose:


  • Quel discorso nasce anche da riflessioni intorno alla fisica delle pere su cui ho scritto un post qui.
  • La fisica delle pere non si candida come descrizione sensata della realtà ma come esempio costruttivo di cosa si possa intendere per descrizione di una realtà senza cose ne campi.


In quella teoria giocattolo c’è solo uno spazio metrico finito e l’ipotesi che ogni spazio metrico finito possa essere immerso in uno spazio spazio tridimensionale popolato di cose, le possibilità di immersione non sono in generale univoche.

Detto altrimenti, l’universo delle pere è un esempio giocattolo di realtà da cui può emergere in forma ambigua una definizione di elettrone.

L’ambiguità sta nel fatto che dato lo stesso universo delle pere, la chiave interpretativa permette di dire “l’elettrone è qui” oppure “l’elettrone è là” ripristinando il paradosso della ballerina.


Ripeto, perché mi sembra importante, che la fisica delle pere è solo pretesto per mostrare in forma costruttiva l’idea che mi sta affascinando di un modo per conciliare la forma di realismo debole che piace a me (riassumibile in “c’è qualcosa”) e le stranezze della fisica quantistica:


  • C’è una realtà di qualche tipo.
  • Da questa realtà emergono in forma anche ambigua concetti [interpretazioni] quali “particella”, “campo”, “velocità”, “forza”.
  • L’ambiguità di questi concetti genera teorie dure da digerire sul piano filosofico.


Ci aspettiamo, dalle osservazioni che facciamo del mondo, che le cose grandi emergano in forma poco ambigua e le cose piccole in forma molto ambigua.

Ne vengono teorie tradizionali per le cose grandi e la meccanica quantistica per le cose piccole.


La fisica degli elettroni 2


Feynman diceva se si capisse l’esperimento della doppia fenditura si sarebbero capite tutte le stranezze della MQ. Proviamo a applicare l’idea in questo scenario filosofico.

Un tubo catodico emette elettroni che vanno verso uno schermo su cui sono intagliate due piccole fenditure molto vicine, la fenditura di destra è chiudibile con una porticina.

Dietro le fenditure ad una certa distanza c’è uno schermo fluorescente che si illumina se colpito dagli elettroni.

Il paradosso sta tutto nei due punti:


  1. Lo schermo si illumina “a valori discreti” come se l’elettrone fosse un piccolo sassetto che lo colpisce.
  2. Se è aperta una sola fenditura gli elettroni illuminano lo schermo anche in punti irraggiungibili se entrambe le fenditure sono aperte.


Da 1. si desume che l’elettrone ha certamente la natura di sassetto. Da 2. si desume che l’elettrone ha certamente la natura di onda. Contraddizione.


Nell’impianto teorico descritto qui il tubo catodico non emette un bel niente, nemmeno esiste!

C’è una realtà che è interpretabile in maniera abbastanza univoca come:


  • Tubo catodico
  • Pannello con fenditure
  • Schermo fluorescente


Il flusso di elettroni lo descriviamo in forma più ambigua:


  • Lo spazio tra il tubo e lo schermo è interpretabile sia come un elettrone che passa per la prima fenditura che come un elettrone che passa per la seconda fenditura (sia probabilmente come elettroni che seguono molti altri percorsi).
  • Con entrambe le fenditure aperte nessun percorso che arrivi nel punto cieco emerge dalla chiave interpretativa. Questo in accordo con la meccanica quantistica che ora può essere rivista come la misura dell’ambiguità della definizione.



La fisica delle categorie


Questo terzo post sulla fisica non credo che aggiunga niente di propriamente emozionante ma suggerisce una possibilità che, almeno per me, è originale e intrigante.

Cercare la grande teoria che unifichi fisica quantistica e relatività generale è sicuramente un’impresa titanica e affasciante a cui si stanno dedicando e si sono dedicate moltissime persone.

Forse la sfida si può portare a compimento e sicuramente sarebbe grandioso.

Ma forse il risultato sarebbe comunque molto parziale e avrebbe l’aspetto di una teoria che unifichi la fisica di newton con la teoria dei colori di Goethe, magari si può fare ma porterebbe qualcosa di significativamente nuovo?

Forse invece è ora di una teoria che non parla più di elettroni e di pianeti ma parla d’altro e in questa teoria potrebbero emergere i pianeti come definizioni abbastanza stabili e gli elettroni come definizioni piuttosto ambigue.

A quel punto avremmo una nuova teoria da cui ricavare nuove informazioni e nuova conoscenza e presumibilmente andremmo avanti a usare la fisica quantistica per maneggiare gli elettroni e la relatività per maneggiare i pianeti così come continuiamo a utilizzare la teoria dei colori per decidere che giallo e blu fanno il verde, senza scomodare l’elettrodinamica.


marc.












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mercoledì, 14 dic 2016 Ore. 17.51
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