Hystrix Il mondo è la totalità dei fatti non delle cose. http://blogs.dotnethell.it/epomops/ HyperBlogs Professional v.2.0 Spazio, Tempo, Pere. http://blogs.dotnethell.it/epomops/Post_39670.aspx Sat, 20 Oct 2018 08:53:38 +0100 Marcello Poletti <div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Premessa</b></span></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Questo scritto tratta del tempo e dello spazio. Si accoda quindi a miliardi di riflessioni, scritte e non, fatte da una percentuale consistente dell’intera umanità nelle ultime migliaia o centinaia di migliaia di anni.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Le pere servono principalmente a me stesso. A ricordarmi quanto è piccola la goccia nell’oceano. Ed a non prendermi troppo sul serio.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Ontologia</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La descrizione dello spazio e del tempo ha molteplici forme. In generale, è già difficile scegliere l'argomento di discussione in quanto si riflette talvolta sullo spazio e sul tempo separatamente, talvolta sullo spazio-tempo relativistico inteso come unico groviglio inseparabile delle due entità.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Le relatività di Einstein, sia la speciale che la generale, producono infatti, come noto, equazioni miste in cui le variabili dipendono una dall'altra, in un certo senso, come se fossero la stessa cosa. D'altro canto, la relatività stessa contiene meccanismi che preservano l'unicità e la peculiarità distinte delle due entità. In particolare, il segno meno del tensore fondamentale in relatività ristretta garantisce uno status privilegiato alla coordinata tempo e in relatività generale dove tale tensore assume forme più libere, teoremi quali la preservazione del determinante continuano a garantire l'esistenza di una coordinata temporale unica e riconoscibile. L'esistenza di una velocità massima, in termini più generici, impedisce una rotazione di due sistemi di riferimento tale da rendere il tempo di uno sovrapposto ad una coordinata spazio dell'altro. Come è noto, questi meccanismi diventano più labili in situazioni estreme quali il passaggio attraverso la linea di orizzonte dal punto di vista di un osservatore che si mantenga all'esterno dell'orizzonte stesso.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dal punto di vista ontologico le opinioni sullo spazio e sul tempo assumono le forme più disparate. Queste forme sono tradizionalmente raggruppate in due punti di vista molto ampi, uno che tratta lo spazio e il tempo come entità reali ed esistenti, contenitori immanenti delle cose, ed uno che tende a negarne l'autonomia ontologica trattandoli tipicamente come relazioni tra le cose. I due punti di vista sono accomunati dalla necessità che altro, le cose, abbiano in ogni caso peso ontologico, siano esse i contenuti dello spazio-tempo contenitore, siano esse i soggetti sorgenti delle relazioni spazio-temporali.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La natura di queste entità altre è diversa in vari ambiti, saranno fermioni, bosoni e campi in ambito di fisica nucleare, sarà il tensore materia energia in relatività generale, saranno entità più astratte quali l'io pensante cartesiano in ambito più puramente filosofico.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Meno percorso, e oggetto di questa disamina, è un punto di vista più radicalmente immanente in cui lo spazio e il tempo sono entità ontologicamente rilevanti e indipendenti dalle cose, tanto da poter ipotizzare una inversione di punto di vista e supporre le cose come oggetti emergenti o relazioni dello spazio e del tempo in sé.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La necessità di collocare cose all’interno dello spazio-tempo nasce naturalmente dall'esperienza diretta di quello stesso io che si percepisce dentro il contenitore spaziotemporale e in relazione tramite questo alle altre entità esistenti. Formalmente questo punto di vista raggiunge il suo apice con la meccanica Newtoniana in cui il contenitore viene definito in senso matematicamente preciso come struttura metrica e vettoriale perfettamente piana, infinita e isotropa.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Lo spazio-tempo di Newton diventa paradigma grazie alla sua eleganza, semplicità e potenza. E in tale approccio l'esistenza di ciò che è contenuto diventa necessità filosofica in quanto lo spazio e il tempo in sé, proprio in virtù della propria eleganza e della perfetta isotropia non sono in grado di esporre altre proprietà locali rilevanti interpretabili in qualche senso come cose.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Le cose cambiano lentamente tra la fine del XVIII secolo e l'avvento della relatività generale. Gli studi di Gauss e poi di Riemann e di Ricci, Christoffel e molti altri permettono l'evolvere della cosiddetta geometria differenziale, scienza che scardina l'immagine cristallina dello spazio di Newton facendo man mano imporre l'ipotesi che lo spazio possa avere proprietà locali dipendenti solo dalla propria metrica e senza alcuna dipendenza da altro.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ciò che in prima istanza è uno studio di superfici curve immerse in uno spazio Euclideo senza asperità, si affranca nei decenni fino a diventare studio della curvatura intrinseca in sé e man mano si perde la necessità del supporto Euclideo esterno.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Quando Einstein nel 1915 userà quella matematica per modellare le proprie equazioni non ci sarà più alcun riferimento ad eventuali dimensioni superiori in cui quello spazio-tempo risulta curvo e tale punto di vista diventerà giorno dopo giorno, grazie ai successi di quella teoria, sempre più radicato, condiviso ed accettato.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L'immagine di spazio e di tempo che abbiamo oggi è quella di un oggetto ricco puntualmente dei dieci valori indipendenti del tensore metrico e ricco globalmente delle proprietà topologiche complessive.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In questa processo il peso ontologico dello spazio e il tempo aumenta in modo preponderante. Quello spazio e quel tempo esistono in sé.&nbsp;</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Particolarmente notevole è il fatto che anche azzerando il tensore materia-energia nelle equazioni di campo, cioè in termini grezzi, rimuovendo le cose, si ottiene un oggetto ricco, dinamico, pulsante, formalmente cioè si ottengono delle soluzioni non banali.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Sembra del tutto naturale immaginare un passaggio successivo in cui ci affranchi dal concetto stesso di materia e di energia. L'equazione di campo&nbsp;</span></font><span style="font-size: 13.3333px;">può essere infatti letta nei termini così efficaci di John Wheeler: "La materia dice allo spazio come curvarsi, lo spazio dice alla materia come muoversi". Ma filosoficamente può leggersi altrettanto bene come "Ciò che chiamiamo materia è la forma geometrica assunta dallo spazio-tempo". Ontologicamente le due affermazioni sono diverse, per la prima la materia è un'entità, per la seconda è un fenomeno emergente.</span></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Per varie ragioni questo punto di vista, per alcuni aspetti davvero naturale, fatica ad imporsi. In qualche modo la descrizione del mondo continua a basarsi sul collocare cose dentro lo spazio-tempo. In ultima analisi, forse, una teoria che dia peso ontologico unicamente allo spazio e al tempo comporterebbe il dissolversi dell'io e questo, forse, è psicologicamente difficile da accettare.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Finitismo</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Molti fisici e filosofi sono attratti da un punto di vista finito sul mondo.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tale necessità è in parte del tutto istintiva, in parte dettata dai progressi della fisica del novecento. La relatività e la geometria differenziale hanno per la prima volta permesso di disquisire in termini ragionevoli l'ipotesi di uno spazio-tempo topologicamente chiuso e quindi dotato di un volume finito. Sul fronte quantistico la rottura della continuità introdotta dai lavori di Planck, Einstein, Bohr è la base stessa di partenza della costruzione dell'intero apparato concettuale.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ma ben prima di questi sviluppi molti pensatori hanno dimostrato le proprie difficoltà nei confronti del continuo, si pensi per esempio al motto di Kroneker: "Dio fece i numeri interi; tutto il resto è opera dell'uomo".</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Nella migliore delle ipotesi il continuo tende ad apparire quantomeno superfluo, e la formalizzazione del concetto operata da Dedekind è indubbiamente solida ma non risolve le difficoltà profonde che ne nascono.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La cardinalità del continuo risulta infinitamente più ricca di quella numerabile ma di una ricchezza così trascendente che la sua applicabilità è praticamente ridotta alle funzioni sufficientemente morbide da poter essere praticamente manipolate.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Nelle scienze di fatto l'unica porzione utilizzabile della ricchezza del continuo è quella approssimabile con insiemi finiti. Qualunque funzione che non sia di questo tipo viene considerata degenere. Ma allora, che valore profondo attribuire ai numeri reali?</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Sul fronte più astratto il teorema di Cohen sull'indimostrabilità dell'ipotesi del continuo colloca in un certo senso questa struttura fuori dall'ambito proprio dell'aritmetica. È possibile immaginare la frustrazione che avrebbe provato Cantor di fronte a un tale risultato.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tutte queste ragioni assieme e probabilmente molte altre portano a chiedersi se non possa esistere una teoria finita del mondo.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Va considerato, come vero paradosso, che mentre le teorie basate sulla continuità sono di fatto numericamente trattate con approssimazioni finite, metodi di tipo Montecarlo, discretizzazione di tipo lattice e così via, non c'è una vera chiarezza sul contrario. Non sappiamo cioè se un approccio finito possa introdurre novità filosofiche e concettuali che non emergono in un ambito continuo. Paradossalmente i sistemi finiti, così poveri di ricchezza al confronto, potrebbero essere portatori di novità concettuali inaccessibili ai sistemi continui.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Su questo fronte davvero interessante sarebbe studiare cosa emerge di nuovo dai sistemi finiti anziché forzarli ad essere mera approssimazione dei sistemi continui.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Per essere più espliciti, si consideri ad esempio il rapporto tra le teorie basate su lattice e teorie come la Loop Quantum Gravity. Entrambe tentano una strada verso la discretizzazione dello spazio (e dello spazio-tempo nel secondo caso). In un caso tuttavia il processo appare come pura ricerca di una versione finita della controparte continua. Non sono attesi né ricercati risultati innovativi rispetto alla teoria padre. In Loop Quantum Gravity al contrario la discretizzazione diventa vero oggetto di studio, indipendente da un'ipotesi continua sovrastante e si lascia che la teoria che ne deriva faccia il suo corso vedendo emergere nuove strutture e accettandole per quello che sono.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>La fisica delle pere</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Cercando di dare forma concreta ai due paragrafi precedenti, è possibile costruire, come in un gioco filosofico, un'immagine di spazio-tempo su cui ragionare, del tutto banale: “La realtà è una collezione finita di punti tra cui sono instaurate relazioni metriche e temporali, a loro volta finite.”</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Allo scopo di ridurre le variabili in gioco al minimo possibile e di ridurre la complessità ai minimi termini, senza sentire la necessità di dare a questa struttura una valenza scientifica significativa, si riduce anche il concetto di relazione metrica al più semplice concetto di prossimità.&nbsp;</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ignorando in prima istanza la variabile tempo, l'immagine che ne deriva è quella di un grafo, in cui un numero finito di punti possono essere contrassegnati a coppie come prossimi:</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt; text-align: center;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;</span></font><img src="http://blogs.dotnethell.it/filestore/13068_G.png" style="font-size: 10pt;"></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tale immagine di spazio è comune a molte teorie di frontiera di questi ultimi trent'anni, si pensi alla Loop Quantum Gravity o alla teoria dei Causal Sets. In tali teorie vengono fatte ipotesi spesso meno restrittive. Con i Causal Sets, per esempio, la finitezza globale è sostituita da un interessante concetto di finitezza locale che lascia aperte le porte a topologie più varie inclusi spazio-tempo illimitati.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L'approccio delle pere, tuttavia, è meno interessato a candidarsi come teoria ragionevole del mondo e più come semplice modello filosofico di studio del concetto di spazio e tempo e ci si concederà, di conseguenza, più libertà nel definire i confini d'azione.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Al contrario, entrambe le teorie citate puntano direttamente a rappresentare concretamente lo spazio-tempo tradizionale ed essere fondamento delle teorie classiche. Ciò avviene con una scelta molto specifica dei grafi adottabili come buoni rappresentanti della realtà. LQG è costruita sulla base di una triangolazione alla Regge di uno spazio tridimensionale dato come prerequisito e con i Causal Sets, in modo simile, si discutono le configurazioni di punti da cui possa ragionevolmente emergere lo spazio-tempo continuo tradizionale.&nbsp;</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Nel gioco filosofico delle pere invece non si aggiungono ulteriori ipotesi restrittive sulla forma che il grafo possa assumere in quanto ciò richiederebbe nuovi apriori scarsamente giustificabili.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L'universo delle pere, ignorando la variabile tempo, è un grafo qualunque i cui spigoli rappresentano la nozione di prossimità.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La nozione di tempo può essere aggiunta in modo altrettanto elementare, introducendola a sua volta come nozione di prossimità temporale. Dati due grafi, con identico numero di punti, che si differenzino per la presenza in più o in meno di un certo spigolo, diciamo tali grafi sono prossimi temporalmente.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La scelta sul modello temporale appare per molti versi arbitraria, perché invece non ammettere l'aggiunta o la rimozione di punti? Anche in questo caso prevale una tendenza alla semplicità, la versione scelta per l'analisi appare la più banale percorribile.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">I grafi così costruiti sono in grado porsi come canditati appaganti rispetto ad alcune problematiche filosofiche ma in prima istanza decisamente troppo semplici per poter essere usati come modello di spazio e di tempo. Ammesso anche di ignorare il fatto che lo spazio e il tempo appaiono definiti in forma troppo assoluta per poter essere compatibili con le istanze delle relatività; e decidendo anche di ignorare che in tale modello manca qualunque aggancio con le problematiche filosofiche poste dalla meccanica quantistica, non si capisce, in prima istanza, come un tale approccio possa anche solo lontanamente descrivere una palla che scivola lungo un piano inclinato.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Eppure, è possibile che questo modello offra interessanti approcci ai problemi citati.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Metrica e Cosmologia</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La nozione di prossimità è filosoficamente appagante per la sua semplicità primordiale. Da essa emerge spontaneamente una metrica per prossimità successive. Dati due punti, è possibile considerare percorsi di prossimità successivi assegnando a questi il numero di passi necessari per percorrerli. Tra i percorsi esistenti tra due punti si definiranno geodetiche i percorsi di lunghezza minima e massima. La lunghezza dei percorsi minimi definirà la nozione di distanza tra due punti. Si osservi come la definizione data rispetti gli assiomi richiesti da uno spazio metrico in ambito matematico (positività, simmetria, disuguaglianza triangolare) se e solo se per ogni coppia di punti dello spazio esiste almeno una catena di prossimità che permetta di collegarli. Lo spazio introdotto quindi ammette casi più ampi in cui sottoinsiemi di punti “non distano” in quanto non esiste una successione di prossimità tra l’uno e l’altro. Questo è un caso di emersione di novità concettuali da un sistema finito che non hanno una controparte naturale negli approcci continui. La metrica che emerge in direzione del tempo è analoga ma non identica. La distanza tra due insiemi equipotenti di punti sarà la differenza del numero degli spigoli in uno e nell’altro. Questa definizione, apparente molto diversa dal caso spaziale ne è in realtà sostanzialmente una copia dove, in luogo di percorsi di prossimità tra punti si considerino percorsi di prossimità temporale tra insiemi di punti.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Complessivamente la metrica che ne emerge è strettamente finita. N punti non possono distare più di N passi di prossimità e quindi per N punti il diametro massimo è N. D’altra parte per N punti sono definiti al più N*(N+1)/2 spigoli e quindi tale valore è anche la massima estensione temporale possibile.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Da quanto detto derivano alcune considerazioni cosmologiche all’interno del gioco filosofico.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Scegliendo come direzione del tempo quella per cui il numero di spigoli decresce e scegliendo un grafo qualunque come punto di partenza se ne deduce che il futuro remoto del grafo consisterà certamente in una nuvola di punti senza spigoli e quindi punti che “non distano”. Il passato del grafo risulta invece in generale meno conoscibile.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’aggiunta progressiva di spigoli comporta ovviamente un inizio del tempo in cui ogni punto risulta prossimo ad ogni altro. Un tale universo ha diametro pari ad 1, è straordinariamente denso, compatto e non contiene alcuna specificità locale, abusando ampiamente di linguaggio mutuato dalla fisica, tale universo ha entropia nulla, o minima.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tuttavia, questo semplice scenario cosmologico non è totalmente accettabile. Nell’analisi del passato non si nono infatti considerati eventuali punti che “non distano”.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La rottura degli spigoli fa si che l’universo di partenza possa spaccarsi in due sottoinsiemi distinti, non comunicanti.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dall’interno di un tale universo non si potrebbe che ridurre il reale al proprio troncone e quindi dedurre un passato remoto lontano quanto il numero degli spigoli mancanti nel proprio frammento.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Senza nemmeno bisogno di postulare altro fuori dal proprio universo, un abitante di un troncone non potrebbe comunque sapere se nel passato il proprio universo contenesse più punti e quindi non potrebbe avere una conoscenza se non ipotetica e statistica di quanto lontano e se ci sia mai stato l’inizio compatto dedotto più sopra.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il gioco delle pere, nella sua banalità, comporta una storia dell’universo per alcuni aspetti concorde con le teorie del ‘900. L’inizio con una fase estremamente compatta ma a bassissima entropia e una successiva espansione. A differenza della cosmologia convenzionale, prevede un futuro remoto originale, costituito da una sorta di evaporazione progressiva con perdita di punti fino a completo disfacimento. Inoltre, il meccanismo di evaporazione impedisce di collocare esattamente nel passato il presumibile big bang.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Tempo</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’universo delle pere risolve d’amblée alcune questioni cosmologiche come l’origine del big bang e, soprattutto, il problema della bassa entropia all’origine dei tempi. D’altra parte, questa giocoleria fatta con il modello filosofico scelto non rimuove gli ostacoli più evidenti del modello stesso. In particolare, un grafo si presenta direttamente come superficie di simultaneità assoluta e questo non può che far rabbrividire qualunque fisico.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La situazione è tuttavia più complessa e sorprendente di quanto non appaia a prima vista.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Si consideri anzitutto un gioco filosofico ancora più banale. Sia data una retta discreta e due pedine, A e B, collocate inizialmente entrambe in un punto 0.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ad ogni turno di gioco le pedine si muovono in una nuova posizione adiacente, in particolare, A segue la successione {+1, -1, +1, -1, +1, …} oscillando tra i punti 0 e 1. La pedina B invece, ad ogni turno, esegue uno spostamento verso destra di una unità.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt; text-align: center;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;</span></font><img src="http://blogs.dotnethell.it/filestore/13069_T.png" style="font-size: 10pt;"></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">B si muove con la massima velocità possibile, pari a una unità di tempo in un turno di gioco. A in qualche modo si comporta come un piccolo orologio che scandisce il trascorrere di due turni ogni qual volta si ritrova in 0.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ci si chiede cosa succeda tentando di attribuire anche ad A una velocità v in modo che insegua l’altra pedina.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In generale la questione non è immediata in quanto A usa tutti i turni disponibili per oscillare e non ha modo quindi di “inseguire” B. Si può immaginare di modificare il moto di A in modo che esegua due passi a destra ed uno a sinistra e in questo modo mantenere sia una certa forma di oscillazione interna che un moto traslatorio di inseguimento.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il tempo dell’orologio A tuttavia rallenta segnando un ciclo, ora, in tre turni di gioco anziché due.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La distanza tra A e B aumenta ora più lentamente, in quanto A insegue B ma il tempo proprio di A è dilatato. In 10 cicli completi di A (tre turni per ciclo), A finisce nella posizione 10 e B nella posizione 30. La velocità di B dal punto di vista di A sarà quindi di 20 passi in 10 cicli. E poiché per A, ignaro del proprio stato di moto, un ciclo consta di due turni, la velocità di B per A è sempre di 1 unità per turno.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In questo modello esiste una velocità massima e tutti gli osservatori misurano il medesimo valore per tale velocità, indipendente dal loro reciproco stato di moto. La gestione quantitativa della cosa mostra un comportamento lineare ma estendendo il gioco a pedine in tre dimensioni si osserva come A subisca una contrazione spaziale e una dilatazione temporale esattamente coerenti con le trasformazioni di Lorentz.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ciò che è davvero sorprendete in questo nuovo gioco filosofico è che lo spazio e il tempo sono definiti in forma rigorosamente assoluta, propria della meccanica Newtoniana, è la forma discreta dei passaggi ad innescare i fenomeni relativistici.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tutto ciò porta a guardare con sospetto ad esternazione troppo semplicistiche quali “La relatività dimostra la natura intrinsecamente relativa dei concetti di spazio e tempo, rimuovendo qualunque ipotesi di esistenza ontologica in sé”.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Al contrario porta a guardare con interesse ad istanze filosofiche quali quelle espresse da Lee Smolin in “Time Reborn”.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il modello delle pere non contiene pedine sulle quali fare ragionamenti come quelli esposti. Tuttavia, si consideri due grafi distanti una unità spaziale, cioè, due grafi identici in cui due punti A e B sono collegati in un caso e nell’altro no.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Questa definizione di tempo è radicalmente locale. Dato un intorno che includa A e B, nei due grafi, è lecito affermare che i due intorni distino una unità temporale ma per i rispettivi insiemi complementari è altrettanto lecito affermare che non sia trascorsa alcuna unità temporale, essendo del tutto identici. In questo senso un grafo rappresenta solo in senso molto lato una superficie di simultaneità.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Inoltre, ci si può aspettare che, comunque si possano definire pedine e orologi in tale gioco si ripresentino i meccanismi descritti sopra vedendo apparire in modo naturale la presenza di una velocità limite identica per tutti gli osservatori, indipendentemente dal loro stato di moto relativo, con la catena di conseguenze tipiche della relatività ristretta.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Un universo adimensionale</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La rappresentazione formale dello spazio nasce dalla fusione di due strutture matematiche distinte, gli spazi metrici e gli spazi vettoriali. I primi contengono la nozione di distanza e la ricchezza puntuale dello spazio stesso. I secondi, gli spazi vettoriali, modellano il concetto di dimensione. L’universo delle pere è spontaneamente dotato di metrica e non contiene nulla che si possa ricondurre direttamente al concetto di dimensione.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ma l’idea di dimensione spaziale è davvero necessaria? Esiste una relazione sottile sta spazi metrici finiti e adimensionali e usuali spazi vettoriali normati. In un certo senso la geometria differenziale può emergere dai primi.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Si consideri un grafo banalissimo costituito da 4 soli punti A, B, C, D collegati in relazione di prossimità come i vertici di un quadrilatero.&nbsp;</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt; text-align: center;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;</span></font><img src="http://blogs.dotnethell.it/filestore/13070_G1.png" style="font-size: 10pt;"></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Le distanze AC e BD varranno 2, per ogni altra coppia la distanza sarà 1.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Non è possibile scegliere su un piano euclideo 4 punti che rispettino la metrica del grafo, tuttavia è possibile flettere tale piano, introducendo una curvatura locale permettendo così di ottenere il risultato:</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt; text-align: center;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;</span></font><img src="http://blogs.dotnethell.it/filestore/13071_G2.png" style="font-size: 10pt;"></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In un certo senso quindi, uno spazio bidimensionale curvo emerge dal grafo ABCD.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ci si rende conto facilmente che la chiave del ragionamento applicato è ripetibile per qualunque grafo planare.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Da qualunque grafo planare emerge almeno uno spazio 2D curvo.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’ultimo tassello del ragionamento riguarda il fatto curioso che qualunque grafo può essere rappresentato in 3D senza che due spigoli si incrocino e quindi da qualunque grafo può emergere uno spazio 3D curvo.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Filosoficamente la questione è piuttosto intrigante.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il mondo che ci circonda è, almeno alla nostra scala, certamente tridimensionale e questa certezza deriva dalle profonde differenze geometriche tra spazi di dimensioni diverse.</span></font></div><div style=""><font style=""><span style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 13.3333px;">Un simplesso in 3D ha esattamente 4 vertici, e solo in 3D un simplesso ha 4 vertici. Solo in 3D è possibile saldare al più 3 barre di acciaio che siano mutuamente perpendicolari. Solo in 3D una sfera ha volume 4/3</span><font color="#222222" face="Times New Roman, serif"><span style="font-size: 15.6px; background-color: rgb(255, 255, 255);">pi</span></font></font><span style="font-family: Helvetica; font-size: 12px;">r</span><sup style="font-family: Helvetica; font-size: 10pt;">3</sup><font face="Trebuchet MS" style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><span style="font-size: 13.3333px;">. E così via, è possibile determinare una quantità di fenomeni semplicemente misurabili che rendono la questione indiscutibile.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Esistono varie teorie che ragionano su spazi a dimensioni eccedenti, si pensi all’ipotesi di Kaluza e alla teoria delle stringhe, ma in oggi caso si introducono meccanismi per ripristinare lo spazio tridimensionale usuale, almeno alla nostra scala, essendo tale stato di cose inopinabile.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tuttavia, i ragionamenti sulla metrica finita fatti sopra, aprono alla possibilità filosofica che il concetto di dimensione sia sovrabbondante; che sia un carattere interpretativo emergente di una realtà di fatto adimensionale.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Questo approccio ha notevoli implicazioni ontologiche. In premessa si è scelto di concentrare l’attenzione sullo spazio- tempo in sé evitando di voler collocare al suo interno entità dotate di una qualche realtà separata.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Da quanto congetturato in seguito, tale posizione sembra diventare necessità.&nbsp;</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Cioè, detto altrimenti, una piramide reale, cioè un simplesso 3D va rivisto come interpretazione o oggetto emergente di uno spazio metrico curvo. Non solo si è portati a considerare emergente la natura vettoriale dello spazio, ma le “cose” stesse assumono giocoforza la medesima natura.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Riassumendo, da uno spazio metrico finito emerge uno spazio 3D curvo e quindi ricco di materia ed energia secondo le equazioni di campo di Einstein.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tutto ciò riporta all’osservazione che la metrica in sé è un oggetto ricco in grado di incapsulare puntualmente informazione interpretabile come “ecco un protone”. Forse in forma un po’ sorprendete uno spazio metrico finito, apparentemente più povero di una ricca geometria differenziale può essere la causa prima di quest’ultima e quindi delle cose e di ciò che chiamiamo “esistente”.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">C’è una certa inversione di punto di vista nel gioco delle pere. Si passa dal cercare di determinare l’evanescente natura dello spazio e del tempo dal punto di vista di noi stessi (le cose) che vivono in essi, all’ipotesi che spazio e tempo altro non siano che ciò che è immanente e che, al contrario, sia alle cose e a noi stessi che vada attribuita una natura evanescente.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Atomi</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il passaggio dalla metrica del grafo alla geometria differenziale, per come è stata definita, ha una natura non univocamente determinata. Cioè da uno stesso grafo potranno emergere in generale molti spazi 3D curvi diversi.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">È legittimo aspettarsi che per un grafo con molti punti la topologia complessiva risulterà grossomodo stabile negli spazi emergenti, ma puntualmente ciò non sarà in generale vero.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dato un grafo G esisterà un insieme in generale infinito di metriche 3D emergenti:</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"> <style type="text/css"> p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica} </style> <p class="p1" style="text-align: center;">G =&gt; {g<sub>mn</sub>}</p></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dove per la metrica g si sono usati indici in lettere latine ad indicare l’inclusione delle sole variabili spaziali.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Abusando, di nuovo, del linguaggio propriamente tecnico scientifico si può riscrivere tale relazione come:</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"> <style type="text/css"> p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica} </style> <p class="p1" style="text-align: center;">G =&gt; {g<sub>mn</sub>} = |G&gt;</p></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Cioè, dal grafo G emerge una struttura interpretativa a rigore complessa che può generare ambiguità del tipo “Ecco un elettrone lì” ma altrettanto bene “No, l’elettrone è in realtà là”.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il gioco filosofico apre quindi ad una possibilità interpretativa originale dei problemi posti dalla meccanica quantistica.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Se lo spazio e il tempo hanno un peso ontologico ben più rilevante dei fermioni, ora ripensati come interpretazioni emergenti, nulla vieta di per sé che tale interpretazione possa essere profondamente ambigua, anzi, l’ipotesi di emergenza delle dimensioni e quindi delle cose sembra comportare giocoforza che esistano livelli in cui tali oggetti mostrano la propria natura evanescente.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’interpretazione della MQ che ne deriva è a suo modo intrigante. Da una parte ha tutto il sapore di una interpretazione a variabile nascoste. Dietro le quinte di un tipico esperimento viene collocato uno spazio-tempo sorgente dell’esperimento stesso. Dall’altra il tipo di variabili nascoste ha una natura nuova, non si tratta infatti di proprietà nascoste di questa o quella particella, ma è il tessuto stesso in cui di tale particella si afferma l’esistenza ad essere oggetto di interesse.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ne deriva la possibilità interessante che sia Bhor che Einstein avessero sostanzialmente ragione nel loro celeberrimo confronto. Da una parte la meccanica quantistica potrebbe essere incompleta, nel senso che potrebbe esistere una teoria di livello più profondo che sarebbe presumibilmente molto stravagante rispetto a quanto siamo abituati e che soprattutto, non tratterebbe direttamente di campi e particelle. Dall’altra parte la meccanica quantistica potrebbe essere contemporaneamente completa, nel senso di descrizione ottimale, non sostanzialmente migliorabile, di quelle che vengono ora riviste come osservabili intrinsecamente evanescenti.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Ontologia 2</b></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’idea centrale di quanto scritto è che un cambio di prospettiva ontologica può portare interessanti benefici nella costruzione di un’immagine del mondo. Rovelli e Vidotto scrivono: “The formulation of the gravitational field as a pseudo-Riemannian metric cannot be fundamentally correct, because it does not allow coupling to fermions, and</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">fermions exist in the world. For this, we need the tetrad formulation.”. In parole povere, la proposta di questo scritto è di accettare, al contrario, che i fermioni non esistano.</span></font></div><div style="font-family: &quot;Trebuchet MS&quot;; font-size: 10pt;"><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La fisica delle pere è quindi un modello filosofico giocattolo in cui si prova attivamente a riflettere su cosa questo voglia dire fattivamente.</span></font></div> Marcello Poletti 2 http://blogs.dotnethell.it/epomops/ReadComment_39670.aspx Varie La fisica delle categorie http://blogs.dotnethell.it/epomops/Post_22621.aspx Wed, 14 Dec 2016 17:51:18 +0100 Marcello Poletti <style type="text/css"> p.p1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica; -webkit-text-stroke: #000000} p.p2 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica; -webkit-text-stroke: #000000; min-height: 14.0px} li.li1 {margin: 0.0px 0.0px 0.0px 0.0px; font: 12.0px Helvetica; -webkit-text-stroke: #000000} span.s1 {font-kerning: none} ol.ol1 {list-style-type: decimal} ul.ul1 {list-style-type: disc} </style> <p class="p1"><span class="s1"><b>La fisica della ballerina</b></span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p><p class="p2" style="text-align: center;"><img src="http://blogs.dotnethell.it/filestore/12897_Spinning_Dancer.gif"></p><p class="p2"><br></p> <p class="p1"><span class="s1">The Spinning Dancer è una celebre illusione ottica creata da&nbsp;&nbsp;Nobuyuki Kayahara nel 2003.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">La sua particolarità è che alcune persone sono pronte a giurare che la ballerina stia girando in senso orario, altre che stia girando in senso antiorario. Quasi tutti riusciamo a vederla girare in un senso o nell’altro semplicemente spostando lo sguardo e riportandolo sull’immagine.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Ci si propone qui di discutere questo strano comportamento trattandolo come se fosse un sistema fisico.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Il fenomeno della ballerina appare in forma del tutto esperienziale, forse un po’ casualmente, l’autore scopre la natura ambigua di quell’animazione. Dopo di lui centinaia di migliaia di persone sperimentano la medesima sensazione.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Volendo formalizzare la cosa, diciamo che abbiamo un’”osservabile”, il senso di rotazione della ballerina. L’apparato di misura consiste semplicemente in una persona vedente che guarda e dichiara il senso in cui percepisce la rotazione, orario o antiorario.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Da un punto di vista di fisici sperimentali si possono trarre una serie di fatti:</span></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Tutti (o la grandissima maggioranza, non ci interessano i dettagli) delle misure riportano un valore netto e incontrovertibile: la ballerina gira in un senso o nell’altro, nessuno percepisce stati della ballerina diversi da questi.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Circa il 50% delle misure riporta un valore “Rotazione Oraria”, circa il 50% delle misure riporta “Rotazione Antioraria”</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Per quanto si cerchi di ripetere l’esperimento in condizioni diverse (da seduti o da eretti, in una stanza buia o all’aperto, guardando un monitor piccolo o grande) non sembra esserci nulla che influenzi significativamente l’esito dell’esperimento, il risultato che si ottiene è, per quel che gli esperimenti riescono a mostrare, del tutto casuale.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Sulla base delle osservazioni sperimentali, immaginari fisici teorici cominciano a costruire un formalismo che permetta di rendere conto del nuovo fenomeno osservato. Quello che producono in alcuni anni di lavoro è una strana nuova teoria che, contrariamente a tutte le precedenti, risulta strutturalmente probabilistica. In questo formalismo si scrivono strane cose del tipo:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">|O&gt; + |A&gt;</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Dove O indica Orario e A Antiorario.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">La nuova teoria prevede che la ballerina si trovi in uno stato sovrapposto di possibilità e che l’osservazione faccia decadere la sovrapposizione portando la ballerina a ruotare in un senso ben definito. Con il nuovo formalismo si ottiene la corretta probabilità che la ballerina venga vista ruotare in un senso o nell’altro e, tra i propri principi fondanti dichiara espressamente che l’incertezza del responso non è in alcun modo eliminabile in quanto parte integrante della natura stessa della ballerina.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">La teoria quantistica della ballerina (così la supponiamo battezzata) è diversa da qualunque teoria sia mai stata concepita prima. La sua natura probabilistica risulta difficile da digerire per molti e un piccolo esercito di irriducibili continua negli anni successivi a cercare di ripristinare lo status quo di un modello più tradizionale e in cui possano sparire stranezze quali le probabilità o gli stati sovrapposti.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">C’è anche ci riesce; un immaginario fisico “De Broglie” prima e un “Bohm” dopo, nonostante un “Von Newmann” avesse dimostrato la cosa impossibile, costruiscono una teoria equivalente senza più le probabilità ne gli stati sovrapposti. Il risultato tuttavia non è soddisfacente perché la teoria si basa su presupposti ancora più inaccettabili dell’originale come misteriose proprietà inaccessibili della ballerina e misteriose forze di trascinamento della rotazione da una parte o dall’altra innescate da misteriose onde pilota.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Passa il tempo e la teoria quantistica della ballerina regge ad ogni attacco, anzi, più gli sperimentatori si inventano scenari stravaganti più la teoria si dimostra ineccepibile.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Oltre ai fisici di tutti i tipi, seguono la faccenda anche filosofi, pensatori, divulgatori, pazzoidi e ogni tipo di studente di ambito naturalistico. Ne emerge una mole gigantesca di osservazioni, per esempio:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Mentre non la si guarda la ballerina gira sia a destra che a sinistra.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Mentre non la si guarda la ballerina non esiste.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Esistono due universi, in uno la ballerina gira in un senso in un altro nell’altro senso.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">E’ la presenza dell’osservatore che innesca il moto della ballerina.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">La ballerina gira solo se interagisce con qualcosa.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Non ha senso chiedersi da che parte gira la ballerina.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">E’ illegittimo chiedersi da che parte gira la ballerina.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">E’ brutto chiedersi da che parte gira la ballerina.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">E’ meglio non chiedersi da che parte gira la ballerina.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Se la fisica quantistica della ballerina fosse giusta i suoi stati di sovrapposizione dovrebbero ampliarsi rendendo tutto in stato di sovrapposizione, per esempio il gatto di Erwin sarebbe contemporaneamente vivo e morto.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">E’ possibile trovare un modo ragionevole per uscire da questo guazzabuglio? Probabilmente si.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">La prima cosa che va osservata è che ci si sta ingannando un po’ con le parole, lì sopra non c’è propriamente “una ballerina rotante” ma “un’immagine in movimento impressa su un monitor, creata dal pc, che interpretiamo come ballerina rotante”.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">In questo senso quindi la ballerina non c’è e quindi non piroetta in alcun modo, ma qualcosa c’è, variazioni di colore e luminosità che noi interpretiamo come essere una ballerina che piroetta.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">In quest’ottica naturalmente tutto torna al suo posto:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">1) Anzitutto la teoria quantistica della ballerina è effettivamente giusta e effettivamente non è strutturalmente migliorabile.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">2) L’osservabile “senso di rotazione” non è propriamente un’osservabile fisica autonoma, ma è una grandezza che descrive come interpretiamo l’immagine, senza un osservatore che interpreta, quell’osservabile non è nemmeno definita.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Quindi mentre non la si guarda la ballerina non esiste e non ruota ma non nel senso metafisico per cui il monitor stesso esiste solo guardandolo, ma nel senso più banale che quello che c’è, l’immagine in movimento, continua a esserci e quello che nasce proprio dalla nostra interpretazione, “una ballerina” non può che esserci solo se il processo di interpretazione avviene.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">E’ un po’ come chiedersi di che colore sia una mela rossa mentre nessuno la guarda. Possiamo tranquillamente accettare il realismo filosofico ed ammettere che la mela sia sempre lì, ma “rosso” è il nostro modo di categorizzare alcune proprietà fisiche (la lunghezza d’onda della luce riflessa/emessa), senza il soggetto che interpreta quelle proprietà come “rosso”&nbsp;</span>(così come in assenza di luce)&nbsp;<span style="-webkit-text-stroke-width: initial;">possiamo anche tranquillamente accettare che la mela sia rossa solo se qualcuno la vede come tale, senza ledere in alcun modo i presupposti del realismo.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Possiamo mettere la cosa in questi termini: La fisica quantistica della ballerina è esatta ma stravagante perché le stiamo chiedendo di descrivere osservabili stravaganti la cui realtà fisica è ambigua.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1"><b>La fisica degli elettroni</b></span></p> <p class="p2"><span class="s1"><b></b></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">La storiella giocattolosa della fisica quantistica della ballerina è naturalmente la premessa per insinuare il dubbio che meccanismi analoghi possano giustificare le stranezze della fisica quantistica vera.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Come per la ballerina l’obiettivo non è smantellare la teoria a favore della restaurazione del determinismo e del realismo tradizionale ma anzi trovare una via per conciliare l’esattezza della teoria con un modello filosofico che preservi un realismo in senso davvero debole; un modello che ci permetta di digerire affermazioni del tipo “gli elettroni in orbita attorno al nucleo si trovano contemporaneamente in ogni punto ammesso dall’orbitale con probabilità variabile’”</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Seguendo le orme della ballerina si può quindi ipotizzare che le cose (con la loro forma, massa, posizione, velocità…) siano categorie interpretative di una realtà in cui propriamente le cose non esistono.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Affermare “Quella sedia è sotto il tavolo” o “Quell’elettrone è in quella posizione” andrebbe in questo scenario riespresso più propriamente come: “La realtà è in uso stato che interpreto come sedia sotto il tavolo”.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Se così fosse non sarebbe davvero stravagante che possano esistere realtà, come esistono le illusioni ottiche, con interpretazione ambigua.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Quella cosa che noi chiamiamo “elettrone orbitante attorno ad un protone”, per esempio, possiamo interpretarla altrettanto bene con l'elettrone in alto, sopra il protone, che con l'elettrone in basso, esattamente come possiamo vedere la ballerina ruotare in uno qualunque dei due sensi.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">L’analogia regge anche con l’altro fatto essenziale della meccanica quantistica: se provi a misurare dove sta l’elettrone (o la sedia) immancabilmente sta in punto preciso come la ballerina immancabilmente, guardandola, in uno dei due sensi piroetta.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Vista da qui, la fisica quantistica è strana ma perfettamente logica e non lede al realismo. Le si chiede di descrivere osservabili che sono un miscuglio di proprietà fisiche e categorie interpretative. Non solo è efficace ma straordinariamente coerente e semplice vista l’impresa che affronta.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Se tutto ciò avesse un senso di fatto si starebbe affermando che:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Le cose (particelle, campi et alia) non esistono.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Esiste qualcosa d’altro</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Questo qualcosa d’altro si può interpretare come cose (particelle, campi…)</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Il tentativo di descrivere le cose può risultare complesso e perfino contraddittorio a causa della natura evanescente delle interpretazioni.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Bisognerebbe descrivere quel qualcosa d’altro che esiste.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Personalmente questo punto di vista riconcilia molto la fisica quantistica con il mio bisogno di realismo.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Mi mette nella condizione di osservare che tutte le stravaganze della teoria riguardano osservabili stravaganti e quindi è vero e giusto: la fisica quantistica è probabilmente la migliore formalizzazione di queste categorie che sono strutturalmente ambigue e generano una teoria che tiene conto di queste ambiguità.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Superare la meccanica quantistica non vuol dire scrivere una nuova teoria per le particelle, le forze le masse ma scrivere una teoria che parla di tutt’altro e che offre una chiave interpretativa che permetta di vedere l’emergere delle particelle delle forze e delle masse e apprezzare le ambiguità che la chiave interpretativa può creare.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1"><b>La fisica delle pere</b></span></p> <p class="p2"><span class="s1"><b></b></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Immagino che tutto il discorso possa apparire molto astratto e mal definito. Succedono però due cose:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Quel discorso nasce anche da riflessioni intorno alla fisica delle pere su cui ho scritto un post <a href="http://blogs.dotnethell.it/epomops/La-fisica-delle-pere__13436.aspx">qui</a>.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">La fisica delle pere non si candida come descrizione sensata della realtà ma come esempio costruttivo di cosa si possa intendere per descrizione di una realtà senza cose ne campi.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">In quella teoria giocattolo c’è solo uno spazio metrico finito e l’ipotesi che ogni spazio metrico finito possa essere immerso in uno spazio spazio tridimensionale popolato di cose, le possibilità di immersione non sono in generale univoche.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Detto altrimenti, l’universo delle pere è un esempio giocattolo di realtà da cui può emergere in forma ambigua una definizione di elettrone.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">L’ambiguità sta nel fatto che dato lo stesso universo delle pere, la chiave interpretativa permette di dire “l’elettrone è qui” oppure “l’elettrone è là” ripristinando il paradosso della ballerina.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Ripeto, perché mi sembra importante, che la fisica delle pere è solo pretesto per mostrare in forma costruttiva l’idea che mi sta affascinando di un modo per conciliare la forma di realismo debole che piace a me (riassumibile in “c’è qualcosa”) e le stranezze della fisica quantistica:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">C’è una realtà di qualche tipo.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Da questa realtà emergono in forma anche ambigua concetti [interpretazioni] quali “particella”, “campo”, “velocità”, “forza”.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">L’ambiguità di questi concetti genera teorie dure da digerire sul piano filosofico.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Ci aspettiamo, dalle osservazioni che facciamo del mondo, che le cose grandi emergano in forma poco ambigua e le cose piccole in forma molto ambigua.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Ne vengono teorie tradizionali per le cose grandi e la meccanica quantistica per le cose piccole.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1"><b>La fisica degli elettroni 2</b></span></p> <p class="p2"><span class="s1"><b></b></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Feynman diceva se si capisse l’esperimento della doppia fenditura si sarebbero capite tutte le stranezze della MQ. Proviamo a applicare l’idea in questo scenario filosofico.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Un tubo catodico emette elettroni che vanno verso uno schermo su cui sono intagliate due piccole fenditure molto vicine, la fenditura di destra è chiudibile con una porticina.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Dietro le fenditure ad una certa distanza c’è uno schermo fluorescente che si illumina se colpito dagli elettroni.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Il paradosso sta tutto nei due punti:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ol class="ol1"> <li class="li1"><span class="s1">Lo schermo si illumina “a valori discreti” come se l’elettrone fosse un piccolo sassetto che lo colpisce.</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Se è aperta una sola fenditura gli elettroni illuminano lo schermo anche in punti irraggiungibili se entrambe le fenditure sono aperte.</span></li> </ol> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Da 1. si desume che l’elettrone ha certamente la natura di sassetto. Da 2. si desume che l’elettrone ha certamente la natura di onda. Contraddizione.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Nell’impianto teorico descritto qui il tubo catodico non emette un bel niente, nemmeno esiste!</span></p> <p class="p1"><span class="s1">C’è una realtà che è interpretabile in maniera abbastanza univoca come:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Tubo catodico</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Pannello con fenditure</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Schermo fluorescente</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Il flusso di elettroni lo descriviamo in forma più ambigua:</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <ul class="ul1"> <li class="li1"><span class="s1">Lo spazio tra il tubo e lo schermo è interpretabile sia come un elettrone che passa per la prima fenditura che come un elettrone che passa per la seconda fenditura (sia probabilmente come elettroni che seguono molti altri percorsi).</span></li> <li class="li1"><span class="s1">Con entrambe le fenditure aperte nessun percorso che arrivi nel punto cieco emerge dalla chiave interpretativa. Questo in accordo con la meccanica quantistica che ora può essere rivista come la misura dell’ambiguità della definizione.</span></li> </ul> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1"><b>La fisica delle categorie</b></span></p> <p class="p2"><span class="s1"><b></b></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">Questo terzo post sulla fisica non credo che aggiunga niente di propriamente emozionante ma suggerisce una possibilità che, almeno per me, è originale e intrigante.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Cercare la grande teoria che unifichi fisica quantistica e relatività generale è sicuramente un’impresa titanica e affasciante a cui si stanno dedicando e si sono dedicate moltissime persone.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Forse la sfida si può portare a compimento e sicuramente sarebbe grandioso.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Ma forse il risultato sarebbe comunque molto parziale e avrebbe l’aspetto di una teoria che unifichi la fisica di newton con la teoria dei colori di Goethe, magari si può fare ma porterebbe qualcosa di significativamente nuovo?</span></p> <p class="p1"><span class="s1">Forse invece è ora di una teoria che non parla più di elettroni e di pianeti ma parla d’altro e in questa teoria potrebbero emergere i pianeti come definizioni abbastanza stabili e gli elettroni come definizioni piuttosto ambigue.</span></p> <p class="p1"><span class="s1">A quel punto avremmo una nuova teoria da cui ricavare nuove informazioni e nuova conoscenza e presumibilmente andremmo avanti a usare la fisica quantistica per maneggiare gli elettroni e la relatività per maneggiare i pianeti così come continuiamo a utilizzare la teoria dei colori per decidere che giallo e blu fanno il verde, senza scomodare l’elettrodinamica.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p1"><span class="s1">marc.</span></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> <p class="p2"><span class="s1"></span><br></p> Marcello Poletti 0 http://blogs.dotnethell.it/epomops/ReadComment_22621.aspx Varie Il tempo delle pere http://blogs.dotnethell.it/epomops/Post_19925.aspx Wed, 18 Nov 2015 11:48:34 +0100 Marcello Poletti <div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>La premessa.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">6 anni fa ho pubblicato un post dal titolo “<a href="http://blogs.dotnethell.it/epomops/La-fisica-delle-pere__13436.aspx">La Fisica delle pere</a>”. Trattava di un modello giocattolo dello spaziotempo, con alcune proprietà interessanti.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In quella sede mi ero concentrato in particolare sulle proprietà dello spazio discreto, questa volta mi concentrerò sul tempo.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In fisica delle pere il tempo c’è ma non ci sono oggetti quindi risulta arduo definire concetti semplici come “velocità” o anche molto più banalmente “movimento", per poter fare qualche ragionamento userò quindi un modello ancora più banale, il modello “Stop Motion”.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tutti sulla giostra, siori e siore, si parte.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Stop Motion.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La stop motion è una tecnica di animazione che funziona così. Dato un palcoscenico/set e una serie di personaggi/oggetti/pupazzi, il burattinaio muove solo un po’ ogni soggetto quindi fa uno scatto e ripete l’operazione.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’insieme di tutti gli scatti appare come un’animazione fluida esattamente come un cartone animato (che di fatto è una sottospecie di stop motion in cui i soggetti sono disegni) o un film.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Sostanzialmente un filmato in genere coglie un numero finito di attimi della realtà, uno per fotogramma. Se tale numero è abbastanza alto la visione del filmato risulta fluida “come se” la parte di realtà scartata fosse superflua.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il modello di tempo delle pere assume questo stato di cose come fondante: la percezione continua del tempo che scorre è in realtà una successione discreta di attimi di tempo.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dalla fisica delle pere invece prendiamo lo spazio discreto in una forma semplificata: in un attimo di tempo un soggetto esegue esattamente un movimento unitario minimo. Questa condizione impedisce al burattinaio, tra uno scatto e l’altro, di muovere troppo o troppo poco i suoi pupazzi.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il modello è bello che finito, tempi discreti di una unità temporale e movimenti fissi di una unità spaziale. Esattamente come sei anni fa, da un modello banale proviamo a trarre fatti curiosi e divertenti.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Il tempo locale.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La prima osservazione importante è che in questo modello il tempo risulta essere una proprietà strettamente locale. Nessuno vieta al burattinaio di lasciare fermo un soggetto per 10 fotogrammi durante i quali muove un altro soggetto. In questo caso, mentre per un soggetto sono passate dieci unità di tempo, per l’altro non ne è passata nessuna, è surgelato nel suo presente. Il paradosso dei gemelli della relatività risulta quindi naturale nel tempo delle pere, anzi risulta a priori sorprendente che i due gemelli invecchino in modo simile!</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Tutto dipende naturalmente da come il burattinaio distribuisce il tempo, se distribuisce tanti istanti a un gemello e pochi all’altro uno invecchierà e l’altro no.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">L’unica cosa che mi preme sottolineare ora, comunque, è che il tempo delle pere non scorre uguale per tutti i soggetti, ogni soggetto ha il suo e non lo spartisce con gli altri.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Più veloce della luce.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Risulta ovvio che in questo modello appare una velocità massima naturale, pari a 1s [un intervallo di spazio] percorso in 1t [un intervallo di tempo]. Chiamiamo c questa velocità.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Possiamo chiamare fotone un soggetto non composto da parti mobili che per ogni attimo di tempo di cui dispone se ne va sempre nella stessa direzione.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Se riceve N attimi di tempo percorre N quanti di spazio mantenendo la velocità costante di c=1s/t [come aveva osservato il ciccio in un commento al precedente post]. A rigore, in realtà, 1s/t è l’unica velocità ammessa, non solo la massima. Se un soggetto si muove lo fa sempre e solo di 1s in 1t. Tuttavia potrebbe fare tre passi avanti e uno indietro assumendo quindi una velocità media di .5s/t [in 4t percorre 2s] oppure starsene sostanzialmente fermo vibrando di un passo avanti e uno indietro.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Possiamo quindi prendere il nostro oggetto senza parti (lo chiameremo “particella”) e creare un fotone. Un fotone è una particella che per ogni istante di tempo che riceve fa un passo sempre nella stessa direzione. Il fotone viaggia a velocità c=1s/t e niente viaggia a velocità maggiori del fotone.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il concetto di direzione in fisica delle pere è in realtà parecchio ambiguo visto che non sono definite dimensioni ma non ci lasciamo rallentare dai dettagli.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Il burattinaio ordinato e gli strumenti di misura.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Come prima ipotesi supponiamo che il burattinaio distribuisca attimi di tempo in maniera del tutto ordinata. Un attimo al soggetto 1, uno al soggetto 2 e così via fino all’ultimo. Chiamiamo “ciclo” un giro completo di assegnazioni. Vedremo presto come, sorprendentemente, anche in questo caso il tempo risulta strettamente locale e si può avere invecchiamento &nbsp;diversificato dei gemelli. Per capire come succeda però ci serve uno strumento di misura del tempo e cioè un orologio.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Con orologio intendiamo un oggetto complicato, fatto di moltissime parti. Durante un ciclo ogni parte si muove un po’ e alla fine l'orologio è in un nuovo stato riconoscibile. All’inizio è nello stato 1, poi nello stato 2, poi nel 3 e così via. Essendo fatto di un numero finito di parti l’orologio avrà un numero finito di stati e non potrà contare in eterno ma non ci interessa. Ci basta che conti abbastanza. Quindi, in sostanza, l’orologio è un oggetto complesso che conta i cicli.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Due orologi possono anche essere molto diversi e contare comunque entrambi gli stessi cicli. Tutti gli orologi quindi, per come li abbiamo definiti, nell’ipotesi del burattinaio ordinato, sono sincronizzati. Si? No!</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>La dilatazione temporale.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il modellino delle pere causa la dilatazione dei tempi, come nella relatività speciale. Vediamo un po’.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Abbiamo due orologi, contano i cicli e sono ben sincronizzati. Ora chiediamo al burattinaio di prenderne uno e fargli fare un bel giro della stanza riportandolo al punto di partenza. Sulle prime il burattinaio sembra molto sicuro di se’ ma presto si rende conto che la questione non è banalissima. Il tempo che assegna ad ogni orologio serve per dare vita all’orologio stesso, non c’è un avanzo di tempo con cui muoverlo. Viceversa, se lo muove usa il tempo a disposizione per traslare e non ne avanza per fare girare i meccanismi. Insomma, se l’orologio viene messo in moto resterà indietro rispetto a quello fermo e per una ragione banalissima, il tempo usato per traslare non è più disponibile per invecchiare. Ecco perché il gemello in viaggio resta più giovane, perché non ha avuto il tempo per invecchiare, avendone usata buona parte per viaggiare. Possiamo immaginare i due gemelli che si rincontrano; il vecchio dice “mamma mia come sei rimasto giovane” e questo potrebbe rispondere “essì ho viaggiato un sacco non ho davvero avuto il tempo di fare altro”.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Quantitativamente si può dire qualcosa di più preciso? Si, si può. Anzitutto, se l’orologio viene mosso alla velocità massima di 1s/t è chiaro che non avanza più alcun tempo per fare altro. Si surgela nel suo presente e, per lui, il tempo non passa più. Si trasforma di fatto uno sciame di fotoni che non fanno altro che andarsene per la loro strada. L’orologio in questo caso non segnerà mai più l’istante di tempo succesivo.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Se invece la velocità è v, frazione di c, la questione si fa un po’ più complicata.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Ci sono due situazioni agli estremi opposti in cui l’orologio si comporta in modi molto diversi.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Per chiarirci chiamiamo “moto proprio” l’insieme dei movimenti propri dell’orologio, quelli che avvengono a bocce ferme per intendersi. Chiamiamo invece “moto di traslazione” il moto che vogliamo sovrapporre all’orologio in modo da ottenere uno spostamento globale di velocità v.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Supponiamo anzitutto che l’orologio sia bidimensionale e supponiamo di muoverlo in direzione perpendicolare al proprio piano. In questo caso, anche se molto arbitrario, il moto di traslazione e il moto proprio sono ben distinti e il calcolo è molto facile. Ad ogni ciclo il burattinaio deve spostare ogni particella dell’orologio in direzione di v di una quantità v, per la vita interna dell’orologio gli avanza quindi la componente perpendicolare a v del versore 1s/t di cui dispone.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Trasformare questa cosa in numeri in fisica delle pere è al di la di quanto possibile in questo momento tuttavia possiamo fare una "teoria delle pere ristretta” che per ora assume che lo spazio delle pere sia più o meno euclideo, in questo caso il conto è banalissimo, l’orologio in moto resta indietro di un fattore&nbsp;</span></font><span style="font-size: 10pt;">RAD(1-v</span><sup>2</sup><span style="font-size: 10pt;">)</span><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">, cioè la lunghezza del cateto del triangolo che ha ipotenusa c=1 e secondo cateto=v.&nbsp;</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Quindi, se il moto proprio è perpendicolare al moto di traslazione si ha una soluzione semplice, l’orologio può essere spostato con un rallentamento netto pari al fattore di Lorentz.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Al contrario se supponessimo che tutto il moto proprio fosse parallelo al moto di traslazione potremmo ragionare così: di N cicli, vN servono per traslare il meccanismo, ne avanzano N-vN per il moto proprio. In questo caso quindi l’orologio rallenta di un fattore (1-v).</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">E quindi cosa fa un orologio che abbia moti propri misti? Bel problema, in generale l’orologio si sfascia avendo ritardi diversi per movimenti diversi succede che i meccanismi non si incastrano più e l’orologio non può più funzionare. Il burattinaio ha la tentazione di comunicare ai propri committenti che la cosa non si possa fare.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>A meno che…</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>La contrazione spaziale.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La perdita di tempo nella direzione parallela alla traslazione è sempre maggiore di quella nella direzione perpendicolare [cioè&nbsp;</span></font><span style="font-size: 13.3333px;">RAD</span><span style="font-size: 10pt;">(1-v</span><sup>2</sup><span style="font-size: 10pt;">)</span><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;</span><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&gt;1-v]. Il burattinaio potrebbe ristabilire l’ordine schiacciando un po’ l’orologio nella direzione del moto in modo che i moti propri paralleli a v diventino più brevi e richiedano un po’ meno tempo.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Con questa strategia il burattinaio può spostare l’orologio di una velocità v senza fare danni. Il fattore di contrazione, va da se, è pari al fattore di Lorentz.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Quindi per muovere un orologio di velocità v il burattinaio deve:</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">1) Schiacciare la dimensione parallela a v di un fattore&nbsp;</span></font><span style="font-size: 13.3333px;">RAD</span><span style="font-size: 10pt;">(1-v</span><sup>2</sup><span style="font-size: 10pt;">)</span><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;</span><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;ottenendo un orologio un po’ più sottile in quella direzione.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">2) Ad ogni ciclo spostare l’orologio in direzione v di un fattore v.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">3) Eseguire i moti propri ridotti di un fattore&nbsp;</span></font><span style="font-size: 13.3333px;">RAD</span><span style="font-size: 10pt;">(1-v</span><sup>2</sup><span style="font-size: 10pt;">)</span><span style="font-size: 10pt;">&nbsp;</span></div> <div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">In questo modo l’orologio continua a somigliare a se stesso, si muove di velocità v e ritarda rispetto ad un orologio fermo di un fattore di Lorentz.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Eggià, il modello stop motion fa esattamente l’identica previsione della relatività ristretta di Einstein con l’identico fattore di dilatazione/contrazione di Lorentz. Il che è un po’ sorprendente perché questo ci dice che un film in stop motion è spontaneaneamente ed esattamente relativistico.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Inoltre è emersa, en passant, una velocità v relativa ad un oggetto complesso che può assumere qualunque valore. Cioè, l’assunzione fatta in precedenza che una particella oscilli sul posto o avanzi e indietreggi per avere una velocità diversa da 1 è superflua. Anche se le particelle hanno sempre e solo velocità c gli oggetti composti possono avere sensatamente una velocità v qualunque, ovviamente minore di c.&nbsp;</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Lo spazio assoluto.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Però. Al di là del fattore di Lorentz il modello delle pere si discosta dalla relatività per una questione ben più importante.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il tempo delle pere ripristina di fatto un set fermo e quindi uno spazio assoluto o, se vogliamo, l’etere lumifero.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Nel nostro modello non c’è dubbio che il gemello che resta più giovane sia quello “che si muove”, in relatività invece non c’è un gemello che si muove e uno che sta fermo poiché entrambi i sistemi di riferimento sono inerziali e equivalenti. Di fatto quindi per giustificare il fenomeno è necessario considerare il momento della partenza e dell’inversione di rotta del gemello viaggiatore, momenti in cui i sistemi non sono inerziali. In fisica delle pere invece lo spazio assoluto c’è eccome (e viene da riflettere sul fatto se possa esistere o meno uno spazio relativo discreto). Tuttavia non è permesso sapere di se stesso, ad un orologio, se sia in moto o meno. Quello che possiamo dire è che l’orologio più veloce di tutti è “il più fermo”.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Lo spazio assoluto è forse il concetto il più possibile eretico esprimibile in fisica, ci piace.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>Conclusioni</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Il lemma Ciccio afferma che in uno spazio tempo delle pere esiste una velocità unica pari a 1s/t.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Dal lemma Ciccio deriva la relatività speciale.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La fisica delle pere è specialmente relativistica.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">La fisica delle pere avanza alla velocità di una lumachina, per di più moribonda. Ma è un modello a mio avviso ancora piacevole e ricco di sorprese, spero di potergli dedicare altro tempo. Questo nuovo capitoletto apre nuovi interessanti (mi rendo conto, non per molti) punti di interesse:</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">1) La fisica delle pere vera e propria (post 1) e il tempo delle pere differiscono poiché in uno ci sono le particelle, nell’altro no. Bisogna capire bene se queste particelle sono necessarie o possono emergere dal modello originale. Le particelle sono artificiose, come disse Isidor Rabi "Queste chi le ha ordinate?", sarebbe bello riportare tutto a livello delle pere come nel vecchio post.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">2) In fisica delle pere continuano a mancare i concetti fondamentale di forza, massa e energia. L’importante per me è non forzarli e lasciare che emergano dal modello. Il tempo delle pere sembra lasciare dietro di se degli indizi a riguardo:</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; - Il moto proprio e il moto di traslazione sono ovviamente solo un modo di categorizzare le cose ma si tratta alla fine di nient’altro che moto, il moto di traslazione viene sottratto al moto proprio causando la dilatazione temporale ma complessivamente il moto totale resta lo stesso. Questo sembra avere enormi affinità con l’uguaglianza massa/energia e con il concetto di “massa a riposo” come se il concetto di energia possa emergere come “quantità di moto totale” di un soggetto complesso e quello di massa, forse, come qualcosa legato alla densità di tale moto. Da questo punto di vista l’energia totale si conserva mentre la contrazione spaziale descritta potrebbe tendere ad aumentare la massa al crescere della velocità.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;</span><span style="font-size: 13.3333px;">&nbsp;</span><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">- Il concetto di forza è per me qualcosa di assolutamente misterioso e non ho mai avuto alcun indizio per poterla esprimere come semplice fatto emergente del modello. Il tempo delle pere però introduce il concetto di contrazione spaziale, cioè in qualche modo il burattinaio deve fare del lavoro aggiuntivo per mettere in moto l’orologio, deve compattare un po’ le particelle. Mi chiedo se da qui possa saltare fuori qualcosa che potremmo chiamare forza.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">3) Alla fisica delle pere e al tempo delle pere manca una componente quantistica. Meglio, hanno una componente quantistica, i quanti di spazio e di tempo, ma gli manca il centro fondante della fisica quantistica e cioè una relazione non commutativa [a,b] da cui derivare i principi base della fisica quantistica. Anche in questo caso bisogna stare attenti a non forzare troppo la mano. Per come è costruito il tempo delle pere si è visto come tutto il gioco funzioni ad una scala in cui valga il teorema di Pitagora. Molto vicino ai nodi delle pere le considerazioni fatte non sono più propriamente valide. Possibile che sia su questo punto che bisogna riflettere?</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">4) Scrivere questo nuovo post mi ha infilato un nuovo tarlo sui fondamenti a cui ho accennato sopra: Lo spaziotempo può essere contemporaneamente quantizzato e relativo? Oppure la quantizzazione ripristina giocoforza lo spazio assoluto di Newton? Si può mettere la questione in vari modi, proverò così.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">Rovelli e Vidotto nel loro “Covariant Loop Quantum Gravity: An Elementary Introduction to Quantum Gravity and Spinfoam Theory” riportano il ragionamento di Matvej Bronštejn per cui l’indeterminazione e la relatività comportano l’esistenza di una scala minima di spazio misurabile. Ma come si combina questo fatto con la contrazione spaziale? Questa unità minima, si contrae in relatività ristretta o no?</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">5) La distribuzione ordinata dei tempi non è necessaria, cosa succede se i tempi fossero distribuiti a caso? Nulla a livello macroscopico ma molto a livello locale. Bisognerebbe rifletterci.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">6) Il tempo delle pere è spontaneamente relativistico, questo vale per ogni modello quantizzato dello spazio e del tempo?</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">7) Insomma, c'è il rischio che prossimamente (altri sei anni?) torni scrivere delle pere.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><b>P.S.</b></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">1) Il burattinaio è un artificio retorico, la fisica delle pere non dimostra l’esistenza di dio.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">2) Faccio il programmatore e sono un ex edicolante. Siate magnanimi.</span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;"><br></span></font></div><div><font face="Trebuchet MS"><span style="font-size: 13.3333px;">marc.&nbsp;</span></font></div> Marcello Poletti 2 http://blogs.dotnethell.it/epomops/ReadComment_19925.aspx Varie Utente Sql Server con privilegi eccessivi http://blogs.dotnethell.it/epomops/Post_16058.aspx Wed, 02 Dec 2009 19:09:22 +0100 Marcello Poletti Le paranoie su di un'adeguata configurazione della sicurezza di Sql Server suonano spesso come eccessive e immotivate.<div>Ecco un piccolo aneddoto che mostra i rischi reali.</div><div><br></div><div>Oggi un mio cliente mi ha chiesto se ricordassi la password di Administrator del loro server di dominio.</div><div>Io ovviamente non la ricordavo affatto.</div><div>Il cliente era disperato, come accedere ora?</div><div>Tra le mie registrazione server in SSMS avevo però un accesso registrato al loro Sql Server, ho quindi tentato un banale:</div><div><br><div><div>exec xp_cmdshell 'net user marcello marcello /add'</div><div>exec xp_cmdshell 'net localgroup administrators marcello /a'</div><div><br></div><div>E ha funzionato alla grande!</div><div>Quindi sono acceduto via Terminal Services con le mie credenziali ed ero amministratore di dominio.</div><div>Lì ho reimpostato la password di Administrator e l'ho comunicata.</div><div><br></div><div>marc.</div></div></div> Marcello Poletti 1 http://blogs.dotnethell.it/epomops/ReadComment_16058.aspx SQL Server Una funzione per generare lo script di una tabella in TSQL http://blogs.dotnethell.it/epomops/Post_15806.aspx Fri, 25 Sep 2009 12:43:55 +0100 Marcello Poletti Qui sotto una versione leggibile.<br><a href="http://www.epomops.it/scripttable.txt">Qui invece una versione scaricabile</a>.<br><br>[CODE_SQL]<br>create function dbo.fi_ScriptTable(@Object varchar(255))<br>returns varchar(max) as begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; declare @Id int, @i int, @i2 int,@Sql varchar(max),@Sql2 varchar(max), @f1 varchar(5), @f2 varchar(5), @f3 varchar(5), @f4 varchar(5), @T varchar(5)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; select @Id=object_id(@Object), @f1 = char(13) + char(10), @f2 = '&nbsp;&nbsp;&nbsp; ', @f3=@f1+@f2, @f4=',' + @f3<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; if @Id is null return null<br><br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; declare @Data table(Id int identity primary key, D varchar(max) not null, ic int null, re int null, o int not null);<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- Columns<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; with c as(<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select c.column_id, Nr = row_number() over(order by c.column_id), Clr=count(*) over(),<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; D = quotename(c.name) + ' ' +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when s.name = 'sys' or c.is_computed=1 then '' else quotename(s.name) + '.' end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when c.is_computed=1 then '' when s.name = 'sys' then t.Name else quotename(t.name) end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when c.user_type_id!=c.system_type_id or c.is_computed=1 then ''<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; when t.Name in ('xml', 'uniqueidentifier', 'tinyint', 'timestamp', 'time', 'text', 'sysname', 'sql_variant', 'smallmoney', 'smallint', 'smalldatetime', 'ntext', 'money',<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; 'int', 'image', 'hierarchyid', 'geometry', 'geography', 'float', 'datetimeoffset', 'datetime2', 'datetime', 'date', 'bigint', 'bit') then ''<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; when t.Name in('varchar','varbinary', 'real', 'nvarchar', 'numeric', 'nchar', 'decimal', 'char', 'binary')<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; then '(' + isnull(convert(varchar,nullif(c.max_length,-1)), 'max') + isnull(','+convert(varchar,nullif(c.scale, 0)), '') + ')'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; else '??'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end + <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when ic.object_id is not null then ' identity(' + convert(varchar,ic.seed_value) + ',' + convert(varchar,ic.increment_value) + ')' else '' end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; -- case when c.collation_name is not null then ' collate ' + c.collation_name else '' end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when c.is_computed=1 then 'as' + cc.definition when c.is_nullable = 1 then ' null' else ' not null' end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case c.is_rowguidcol when 1 then ' rowguidcol' else '' end +<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; case when d.object_id is not null then ' default ' + d.definition else&nbsp; '' end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.columns c<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.types t<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on t.user_type_id = c.user_type_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.schemas s<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on s.schema_id=t.schema_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; left outer join sys.computed_columns cc<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on cc.object_id=c.object_id and cc.column_id=c.column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; left outer join sys.default_constraints d<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on d.parent_object_id=@id and d.parent_column_id=c.column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; left outer join sys.identity_columns ic<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on ic.object_id=c.object_id and ic.column_id=c.column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where c.object_id=@Id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; )<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data(D, o)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select '&nbsp;&nbsp;&nbsp; ' + D + case Nr when Clr then '' else ',' + @f1 end, 0<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from c<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; order by column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- SubObjects<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; set @i=0<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select top 1 @i=c.object_id, @T = c.type, @i2=i.index_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.objects c <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; left outer join sys.indexes i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on i.object_id=@Id and i.name=c.name<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where parent_object_id=@Id and c.object_id&gt;@i and c.type not in('D')<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; order by c.object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @T = 'C' <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @f4 + 'check ' + case is_not_for_replication when 1 then 'not for replication ' else '' end + definition, null, null, 10<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.check_constraints where object_id=@i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; else if @T = 'Pk'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @f4 + 'primary key' + isnull(' ' + nullif(lower(i.type_desc),'clustered'), ''), @i2, null, 20<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.indexes i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where i.object_id=@Id and i.index_id=@i2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; else if @T = 'uq'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data values(@f4 + 'unique', @i2, null, 30)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; else if @T = 'f'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @f4 + 'foreign key', -1, @i, 40<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.foreign_keys f<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where f.object_id=@i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select ' references ' + quotename(s.name) + '.' + quotename(o.name), -2, @i, 41<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.foreign_keys f<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.objects o<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on o.object_id=f.referenced_object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.schemas s<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on s.schema_id=o.schema_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where f.object_id=@i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select ' not for replication', -3, @i, 42<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.foreign_keys f<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.objects o<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on o.object_id=f.referenced_object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.schemas s<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on s.schema_id=o.schema_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where f.object_id=@i and f.is_not_for_replication=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; else<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data values(@f4 + 'Unknow SubObject [' + @T + ']', null, null, 99)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br><br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data values(@f1+')', null, null, 100)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- Indexes<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; insert into @Data<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; select @f1 + 'create ' + case is_unique when 1 then 'unique ' else '' end + lower(s.type_desc) + ' index ' + 'i' + convert(varchar, row_number() over(order by index_id)) + ' on ' + quotename(sc.Name) + '.' + quotename(o.name), index_id, null, 1000<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.indexes s<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.objects o<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; on o.object_id=s.object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.schemas sc<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; on sc.schema_id=o.schema_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; where s.object_id=@Id and is_unique_constraint=0 and is_primary_key=0 and s.type_desc != 'heap'<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- columns<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; set @i=0<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select top 1 @i=ic from @Data where ic&gt;@i order by ic <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @i2=0, @Sql=null, @Sql2=null<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @i2=index_column_id, <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; @Sql = case c.is_included_column when 1 then @Sql else isnull(@Sql + ', ', '(') + cc.Name + case c.is_descending_key when 1&nbsp; then ' desc' else '' end end,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; @Sql2 = case c.is_included_column when 0 then @Sql2 else isnull(@Sql2 + ', ', '(') + cc.Name + case c.is_descending_key when 1&nbsp; then ' desc' else '' end end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.index_columns c<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.columns cc<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on c.column_id=cc.column_id and cc.object_id=c.object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where c.object_id=@Id and index_id=@i and index_column_id&gt;@i2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; order by index_column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; update @Data set D=D+@Sql +')' + isnull(' include' + @Sql2 + ')', '') where ic=@i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- references<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; set @i=0<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select top 1 @i=re from @Data where re&gt;@i order by re<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @i2=0, @Sql=null, @Sql2=null<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select @i2=f.constraint_column_id, <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; @Sql = isnull(@Sql + ', ', '(') + c1.Name,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; @Sql2 = isnull(@Sql2 + ', ', '(') + c2.Name<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.foreign_key_columns f<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.columns c1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on c1.column_id=f.parent_column_id and c1.object_id=f.parent_object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.columns c2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on c2.column_id=f.referenced_column_id and c2.object_id=f.referenced_object_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where f.constraint_object_id=@i and f.constraint_column_id&gt;@i2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; order by f.constraint_column_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; update @Data set D = D + @Sql + ')'&nbsp; where re=@i and ic=-1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; update @Data set D = D + @Sql2 + ')'&nbsp; where re=@i and ic=-2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end;<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; -- Render<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; with x as(<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select id=d.id-1, D=d.D + isnull(d2.D,'')<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; from @Data d<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; left outer join @Data d2<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; on d.re=d2.re and d2.o=42<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; where d.o=41<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; )<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; update @Data<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; set D=d.D+x.D<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; from @Data d<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join x<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; on x.id=d.id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; delete @Data where o in(41, 42)<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; select @Sql = 'create table ' + quotename(s.name) + '.' + quotename(o.name) + '(' + @f1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; from sys.objects o<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; inner join sys.schemas s<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; on o.schema_id = s.schema_id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; where o.object_id=@Id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; <br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; set @i=0<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; while 1=1<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; begin<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; select top 1 @I=Id, @Sql = @Sql + D from @Data order by o, case when o=0 then right('0000' + convert(varchar,id),5)&nbsp; else D end, id<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; if @@rowcount=0 break<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; delete @Data where id=@i<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; &nbsp;&nbsp;&nbsp; end<br><br>&nbsp;&nbsp;&nbsp; return @Sql<br>[/CODE_SQL]<br> Marcello Poletti 0 http://blogs.dotnethell.it/epomops/ReadComment_15806.aspx SQL Server