
EROS E MORTE
Eros
e morte
camminano
insieme,
l'uno
a fianco dell'altro,
dall'origine
dell'universo
sino
all'eternità.
Non
può esistere il sesso
senza
l'incombente presenza della morte,
e
non si può morire per sempre
se
non si sparge prima su questa terra il seme dell'amore.
Ogni
essere umano comincia a morire
da
quando un orgasmo lo genera,
e
conserva nella memoria d'una lapide
parte
di quell'amore che non separa la vita dalla morte.
Non
c'è maga Circe capace di convincere Ulisse
col
dono dell'immortalità,
e
non esiste spada di Damocle sul punto di crollare
che
spaventi l'uomo
perchè
quest'ultimo, bramoso d’avere tutto e subito,
ostinato
e vanitoso,
innamorato
di quel breve soffio che è la vita,
è
pronto a sfidare persino gli dei primeggiando
pur
di amare e morire,
respirando
fino all'ultimo alito di vita,
sfruttando
anche l'ultima goccia di sangue che arrivi al cuore.
Dinanzi
a tanta meravigliosa presunzione di vitalità
anche
l'Onnipotente resterebbe senza parole.
MADRE E FIGLIO
Perchè
sei così sporco, figlio mio?
sembri
il figlio di nessuno!
Ho
fatto l'amore per la prima volta, madre!
con
una grande signora.
Perchè
l'hai fatto, figlio mio?
c'è
il tempo giusto per ogni cosa.
Volevo
farlo, madre!
non
volevo avere rimpianti.
Ma
sei impazzito, figlio mio!
hai
imboccato una strada sbagliata.
Forse
sto sbagliando, madre!
ma
abbiamo sentito di farlo sulla terra e nel fango.
Tu
hai perso il senno della ragione, figlio mio!
non
ascolti più neanche tua madre.
Io
ti voglio ancora bene, madre!
ma
oggi ho scoperto di avere un'altra madre:
è
questa terra che stringo nelle mani,
e
l'aria che sto respirando,
e
la natura, il mondo, l'universo
e
tutto ciò che mi sta intorno.
E
quando mi sentirò triste e solo,
mi
arrotolerò con gioia nel fango,
soffierò
felice sulla polvere delle mie mani,
bacerò
i fiori dei campi
e
mi laverò la faccia con l'acqua dei ruscelli.
Non
ti capisco e non ti riconosco più, figlio mio!
ma
come parli?
Io
invece ora mi conosco bene, madre!
parlo
col linguaggio dell'amore!
E
darei tutto quel che ho
pur
di trasmetterti la felicità che ho dentro.
IL MIO CORPO SUL TUO CORPO
Il
mio corpo sul tuo corpo
si
muove lentamente.
Il
mio corpo sul tuo corpo
si
dimena dolcemente.
Voglio
scoprire il tuo segreto,
sprofondare
nell'intima tua essenza
fino
a esplodere in te violentemente
svuotando
il mio liquido nel tuo nido inebriante.
Ora
che sono in te
non
puoi più nascondermi nulla,
ho
svelato il tuo mistero di donna,
io
ti possiedo, so tutto di te.
Prepotente,
sono
entrato nella tua inesplorata caverna,
e
nei tuoi umidi anfratti
sto
scivolando.
Sono
io il tuo corpo.
Sono
io l'universo.
BIANCANEVE
Ragazzini
eravamo forse bambini
una
decina circa non di più
8-10-13
anni al massimo
queste
le nostre età.
35
anni aveva lei se ben ricordo
Biancaneve
la chiamavamo noi,
per
cinquemila lire il pisellino ci toccava,
per
dieci lo succhiava.
Infine
per trentamila l'amore faceva
e
sempre con uno per volta
mai
tutti assieme
o
più di uno.
Com'era
bella Biancaneve nostra!
Com'era
dolce e comprensiva!
Come
ci sapeva fare!
Un
dolce segreto era e nessuno di noi mai parlò.
Per
caso l'ho rivista dopo 30 anni e forse più
appesantita,
invecchiata, sfiorita, la nonna pareva
di
quella Biancaneve conosciuta allora
ma
un sussulto al cuore ho avuto lo stesso nel vederla:
"Biancaneve!"
d'istinto
le ho detto senza volerlo;
"Prego?"
mi
ha risposto stupita lei.
LE TUE MANI
Le
tue mani morbide più della seta
sfiorano
con dolcezza il mio pene,
lo
accarezzano,
lo
stringono,
lo
muovono.
Chiudo
gli occhi
mi
concentro su quel delizioso piacere,
sospiro
piano,
mi
abbandono vinto,
abbraccio
l'estasi.
Come
un trovatello ragazzino
stretto
fra le tue mani,
il
mio membro si lascia andare,
cresce
sempre più
nell'eccitante
movimento d'un'altalena.
Il
cuore ora sembra scoppiarmi in petto,
incontrollabile
diviene il mio respiro,
esplode
come neve bianca
il
succo del mio piacere
splendido
dono per le tue sapienti mani.
AMPLESSO
I
nostri corpi che si scontrano
e
si possiedono senza tregua.
Pelle
bollente,
segnata,
battuta,
e
il sangue che scorre dentro
impazzito.
Fluisco
dentro di te
come
un'onda inarrestabile
che
mi porta a riva,
e
poi
mi
spinge di nuovo al largo.
Scopro
limiti che mi fai superare
ancora
prima che io me li ponga.
Non
resisto perchè non voglio resistere.
Prima
ti penetro la mente con la mente,
poi
il sesso con il sesso.
Il
tuo corpo apre la folle danza del piacere
e
il mio puntuale risponde.
Penetro
in te in profondità.
E'
come se io stesso entrassi in me,
scavando
tra emozioni e desideri
che
non conosco
e
scopro ogni volta come fosse la prima.
Ti
accarezzo
come
un soffio di vento
e
mi scuoto quando esplodo in te,
quando
godo nella parte più intima del tuo corpo,
quando
esce l'animale che ruggisce dentro di me.
E
in quei momenti,
possiedo
anche la parte più intima
della
tua anima.
Ti
faccio gemere, urlare, tremare, godere, venire.
Per
me tu sei sempre
completamente
nuda
anche
quando sei vestita,
mai
ho desiderato tanto conoscerti!
possederti!
amarti!
TI POSSIEDO
Ti
guardo negli occhi fiore del male
e
poi ti bacio tirandoti i capelli.
Ti
mordo forte le labbra,
ti
strattono, ti sgrido, infine ti faccio gemere.
Stringo
la tua carne fra le mie mani,
ti
spoglio fin dove voglio,
ti
costringo in tutto e per tutto.
Ti
colpisco forte e non smetto
neppure
quando mi supplichi,
poi
piego il tuo corpo sul tavolo
e
ti espongo, ti offro, ti apro.
Ti
insulto,
ti
faccio promettere l'impossibile,
m'impongo
e dispongo di te,
ti
infilo dietro qualsiasi cosa,
la
forzo sempre più dentro lasciandola lì come dolce tortura,
ti
ficco il mio sesso in bocca fino a non farti respirare.
Poi
ti alzo il volto e ti guardo,
ti
penetro col mio membro
riempiendoti
di me e di altro.
Ignorando
le tue lacrime
ti
sbatto violentemente,
ti
uso,
ti
possiedo.
Non
puoi più pensare ora
e
nemmeno agire: kamasutra dammi l’estasi!
Finalmente
ti ho dominata,
mi
appartieni,
sei
totalmente mia.
LEGATO
E'
inquietante
questa
corda nera
come
l'atmosfera che respiro
attraverso
la benda.
Mi
preme sulla pelle
e
mentre imprime strani disegni su di essa
sembra
che il fuoco divoratore di cui è capace
mi
trasformi ammaestrandomi con disciplina.
In
preda a questo vizio perverso
che
mi hai insegnato,
non
so difendermi
nè
voglio, mi lascio andare sconvolto nei sensi.
Questa
corda mi appartiene,
i
suoi fili intrecciati m'immobilizzano
iniettando
nei miei occhi
sete
di sfida.
Le
parti del mio corpo vibrano
imprigionate
in quella ragnatela di piacere,
risalta
inconfondibile il desiderio
di
abbandonarmi completamente a te.
Se
non fosse stato creato il piacere sessuale
quanti
peccati legati ad esso
non
sarebbero stati commessi!
E’
perché è considerato peccato se piace così tanto?
Può
il piacere sessuale essere anche piacere dell’anima?
STRANE
SENSAZIONI
Strane
sensazioni pervadono il corpo e la mente
mi
attraversano, mi riempiono, mi lacerano, mi annientano:
la
frusta, le corde, le catene
tutto
mi consuma.
Attraversato,
riempito, lacerato e infine annientato
e
poi ancora sconfitto, umiliato, usato
in
qualunque gesto, in ogni parte del corpo.
Quale
grande capacità possiedi!
Quante
infinite sensazioni mi regali!
Che
potente nettare di piacere mi offri!
Strane
sensazioni mi vincono
fino
a divenire un tutt'uno di orgasmi
in
una perfetta simbiosi.
IL MIO IMPERO
Sono
entrato prepotentemente
nella
tua anima fortificata.
Inesorabile
ho abbattuto ogni tua difesa
e
conquistato la tua nuda terra.
E
ora
senza
nessuna clemenza, nessun mistero
ciò
che un tempo era soltanto tuo
adesso
è anche mio.
Mi
muovo espandendomi dentro te,
come
fuoco che brucia appare il mio pene
forte
quando divampa,
umiliato
quando si spegne.
Ma
anche tu sei crollata senza scampo,
nel
tuo fragile corpo ormai
ho
costruito il mio impero.
Arrenditi
a me!
PAGLIACCIO BAMBINO
Tu
sensuale, invitante, carnale
magica
e perfetta nelle tue assurde follie di donna.
Gemiti
appena sussurrati,
orgasmi
urlati a squarciagola
ma
sei sempre tu, tu e soltanto tu
dolce
e glaciale, candida e perversa,
lucente
angelo meravigliosamente diabolico.
Tu
carne e cibo della mia mente,
pericoloso
rifugio per la mia anima,
cavallone
impazzito che travolge il mio mare di insicurezza.
Sento
di essere un uomo
solo
nell'istante in cui vengo in te,
poi
torno e resto per sempre
pagliaccio
bambino.
LA FINE DELLA MAGIA
Il
mio respiro,
il
suo.
Il
mio battito,
il
suo.
I
respiri che si accordano
ritmici,
affannosi,
incalzanti,
ansimanti.
Il
cuore
batte,
batte, batte
tutto
il petto batte,
pulsa
in gola,
pulsa
nell'anima.
I
pensieri assumono lo stesso ritmo,
la
stessa intensità,
si
uniscono,
si
esaltano.
Un
crescendo folle e continuo:
vertigini,
ronzii,
la
mente
che
ha lasciato ogni controllo.
Le
emozioni
sono
padrone dei corpi.
Avvinghiarsi,
rotolarsi,
ubriacarsi,
urlare.
Secrezioni,
sudore,
saliva,
odori
intensi.
Segnale
della fine
o è
solo l'inizio?
Silenzio...
assaporando
la fine della magia.
SOLO UN ISTANTE
Il
cuore che scoppia,
il
respiro affannoso.
Esplodo
finalmente
come
unico rimedio
per
non impazzire di piacere
ma
è solo un istante!
La
mente si svuota,
lentamente
sento uscire
poco
a poco ciò che è di lei.
Non
sento più le mani, le gambe
non
so più chi e dove sono:
odore,
sudore, respiro
non
sento più nulla!
non
ho più un corpo,
mi
sfugge l'anima.
E'
solo un istante,
poi
mi sento leggero.
Una
piuma che lieve
si
culla tra le nuvole
in
un cielo immenso
e
mai si posa.
Rientro
di colpo nella realtà
disteso
sopra il suo corpo abbandonato:
ho
soltanto amato!
FRA LE TUE COSCE
Ora
che mi ritrovo fra le tue cosce
vorrei
stare fermo per un istante:
donna
di terra e di acqua
plasma
la mia nella tua intensità!
invadi
anche la mia mente!
prendi
tutto del mio essere!
Io
cane fedele d'ogni tuo desiderio
desisto
nel non voler più il poeta in me
in
questa sera di stelle senza tempo,
dove
in una folle danza di erotismo
si
perde persino il mio gemito
formica
nella tua foresta di peli.
Donna
che mi ami senza amore,
non
è alba o tramonto,
non
è estate o inverno
e
non è nemmeno gioia o dolore:
è
un fiore che germoglierà tra le tue cosce
donato
insieme con te a questo mondo.
NETTARE DI
TE
Col
fuoco addosso
umida
tana
non
placa il rogo
che
di te s'avvampa.
Dentro
il tuo corpo
su
quel sentiero
inseguo
paradisi
a
luci spente.
Nel
tuo regno
frugo
l'oscuro
cercando
sensazioni
oltre
il tempo.
Ti
desidero
in
quel possederti
gocce
di sole vanno
oltre
il cielo.
Esplorandoti
oscuro
tunnel
dov'è
racchiusa in te
luce
di stelle.
Sabbie
mobili
affondano
nel clitoride
ma
in quel cader mio
non
cerco scampo.
Mappe
d'estasi
sul
tuo mare
disegnano
le magie
dell'infinito.
Nettare
di te
raccolgo
le gocce
d'oscuri
paradisi
fra
i cespugli.
UN LAMPO NELL'OMBRA
Donna
completa, mela carnale, luna calda
denso
aroma d'alghe, fango e luce mischiati
quale
oscura chiarezza s'apre tra le tue colonne?
Quale
antica notte tocca l'uomo con i suoi sensi?
Ahi!
amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con
aria soffocata e brusche tempeste di farina,
amare
è un combattimento di lampi
fra
due corpi da un solo miele sconfitti.
Bacio
a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i
tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi minuscoli villaggi,
e
il fuoco genitale trasformato in delizia
corre
per i sottili cammini del sangue,
si
precipita come un garofano notturno
fino
a essere e non essere che un lampo nell'ombra.
EROS
D'ESTATE
E
siamo
mari
in tempesta
venti
che onde
già
portano in cielo,
aliti
ardenti
che
accendono di fiamma
l'umida
tua pelle.
S'intrecciano
le dita
a
catturar magie
mentre
sotto
le stelle
un
vulcano si risveglia.
Nudi
vestiti
d'amore,
ci
prendiamo,
ci
sentiamo
annullandoci
a vicenda.
Il
tempo dei sogni
s'è
assopito,
ora
pulsa la vita,
l'amore!
Ed
il respiro,
frenetico,
corre
sui
ritmi
dell'estate.
CANTO DI DELIZIA
La
mia lingua sfiora la tua lingua,
il
mio sesso nel tuo sesso,
il
mio cuore nel tuo cuore,
la
mia vita nella tua.
Anima
sguarnita da ogni vincolo
stretta
a me in un desiderio sfrenato
rincorre
la perfetta incarnazione del godimento.
Bagnato
è il tuo corpo
di
linfa sacra
dove
riposa la più alta eccitazione
delle
fantasie più proibite ed inconscie.
Profumo
di rose appena colte
sparse
nel tuo campo che ho appena sconfinato,
in
un sussulto il tuo respiro
sa
di mandorle e canditi.
I
tuoi vagiti si fondono con i miei
creando
intensi movimenti fisici
di
pura creazione artistica
tramutandosi
in un canto di delizia.
GODI
Eccoti
giungere
stanotte
e mille altre ancora
preda
esclusiva del mio letto,
trappola
divina di desiderio.
Su
colline di creta morbida
i
miei baci sparpagliati,
accarezzami
con gli occhi
mentre
scorri sul mio cuore arso.
Benvenuta,
entra!
Spengo
la luce?
Soffio
sul buio e ti accolgo,
senza
una parola
ingurgiti
il mio sesso
bevendone
avida il succo.
In
un abbraccio stordito
mi
trascini giù
su
lenzuola chiare
che
odorano ancora di candele spente,
ritratto
di mani voraci e volti sconosciuti.
Nel
silenzio
che
ci avvolge insieme,
strappi
incauti di sospiri, atti più impuri
orgasmi
che ritmicamente si susseguono
e che
rammendo senza fretta.
No,
non chiedermi niente! Sei già proposta indecente.
Godi...
OMBRE SUL
MIO GIACIGLIO
Non
sarà nè legno nè pietra
a
vegliare sul mio riposo,
nè
sarà un fiore
il
pegno del ricordo.
E
non saranno le fronde dei cipressi
a
fare ombre sul mio giaciglio,
nè
epitaffio nè voce nè ricordo di un caro
come
amara consolazione del mio definitivo viaggio.
La
terra è la mia culla,
la
selva intatta il mio nascondiglio,
la
polvere e gli sterpi il dolce lenzuolo,
il
silenzio il mio unico compagno.
ESSENZA LARVALE
Su
strada nera conduco i miei passi,
nascosto
oltre un nulla d'infinito,
una
volta oscura sovrastante incombe.
Ascolto
le cadenti lacrime della natura,
scendono
sul mondo e me
cencioso
essere mortale.
Enigma
è la mia inesistente provvidenza,
nichilismo
dei buoni sentimenti
icone
perdute di essi.
Come
dalla psiche profonda
omissioni
di verità approdano
caricandomi
di brama di comprensibilità.
Fuori
da mura di pelle
le
febbri son più grandi
dei
geli del cuore.
Respiro
zolfi del mondo
dove
il calore diviene sempre più tenuo,
solo
fredde spinte sussistono in me.
Nessun
vigore ausilia la triste marcia,
tranne
un'anomia fredda come il cuore
d'essenza
larvale che sono.
E
soltanto ora la mia anima maledetta
comprende
il senso insensato
di
un'esistenza di vela senza vento,
di
airone senza ali,
di
carne senz'anima.
NULLA ESISTE OLTRE I SOGNI
Nel
buio della notte,
seduto
sull'orlo di un precipizio,
ammiro
la bellezza della luna,
il
suo pallore è come il viso della morte
che
affamata di anime
attraversa
l'aria contaminandola.
Niente!
solo
oscuri pensieri
che
trafiggono la mia mente,
grigie
lame di metallo
che
perforano la mia anima,
sangue
che scorre
lungo
il mio corpo.
Il
cammino da seguire è lungo
ma
non riesco più a vedere oltre,
non
ce la faccio a capire,
non
posso più correre.
Morfeo
mi avvolge nel suo mantello ramato,
lacrime
di morte
scendono
dal cielo illuminato dalla triste luna
mentre
il vento sfiora il mio corpo
e
la solitudine mi trascina nella valle della morte.
Ho
perso ogni mia speranza,
il
fuoco della vita brucia il mio spettro.
Nulla
esiste
oltre
ai sogni,
mondi
fantastici di oracoli e maghi
che
cancellano la realtà.
DEPRESSIONE
La
salute c'è
non
presenta nessuna malattia.
Eppure
è così deperita,
quando
dorme sembra morta!
Cos'ha
questa povera ragazza?
Non
ha niente!
Ha
solo il verme
della
depressione
che
la sta consumando
pian
piano
ogni
giorno di più.
ANGELI SPORCHI
Essere
due piccole gocce di inchiostro nero
su
una tela dipinta
ove
falsi colori vivaci
esaltano
con cattiveria e pregiudizio
la
loro diversità:
non
spetta anche a loro sognare l'armonia?
No!
il cielo non ammette angeli sporchi
e
violento strappa loro le ali.
Essere
creati
per
vivere accanto alla colpa,
insieme
alla vergogna
ma
di cosa?
Di
essere diversi? Ma da chi? Perchè?
Domande
che chiamano altre domande
in
un girotondo senza risposte.
La
confusione aumenta
al
pari di uno strano risentimento
che
fa soffocare,
che
induce a dubitare:
E'
questo ciò che gli altri vogliono da loro?
Che
non esistano?
E'
quello che vuole il loro Dio?
Che
non esistano?
Sì!
il cielo non ammette angeli sporchi
e
graffia la carne sotto la loro pelle.
Ho
visto quelle due piccole gocce avvicinarsi
fino
a diventare una sola,
angeli
che finalmente hanno qualcuno
che
asciughi le loro lacrime,
che
li accarezzi,
che
li abbracci!
Angeli
sporchi
che
ora si stringono tra loro
consolandosi
a vicenda.
Un
solo gesto,
un
grande coraggio!
Il
piacere profondo del peccato giudicato dagli altri
peccato
come realizzazione di un sogno
come
fuga da un mondo ipocrita in bianco e nero,
come
vendetta verso una madre
che
cerca di soffocare sul nascere
le
proprie creature.
Perchè
mai l'uomo
non
rispetta l'uomo?
Non
riesco proprio a capire...
LA BESTIA RARA
Sguardi
sconosciuti,
persone
che mi scrutano, esaminano, giudicano
che
ridono guardando
verso
di me o nel vuoto.
Non
so...
in
qualunque caso
sono
persone come altre
che
seguono la massa.
Non
apprezzano la diversità come novità.
Alcune
mi fissano
come
se fossi una bestia rara, un bersaglio da colpire
a
volte mi fanno paura
sembra
che mi disprezzino,
che
vogliano farmi del male.
Forse
solo perchè mi distinguo dal gregge
e
sono per inclinazione
fuori
dal coro.
Mi
sento un ebreo fra i nazisti.
Ma
io non sono nato per far fare numero
o
per consumare ossigeno prezioso,
ho
un'anima con me anch'io,
preziosa
e brillante più di un tesoro,
io
e Dio soltanto
sappiamo
bene il valore che ha.
I MIEI PIU' ATROCI INCUBI
Sono
stato al parco.
Era
notte.
Buio.
Cielo
nero a sovrastarmi.
Incerto
presagio di fine.
Io
e l'oscurità.
Mi
sono inginocchiato
ai
piedi dell'acqua sporca che scorreva.
Ho
rivisto il mio volto,
nel
silenzio ho urlato,
ho
urlato,
urlato!
fino
a non avere più voce.
Non
ero solo,
eppure
mi sentivo come abbandonato.
La solita
sensazione di dispersione
che
si impadroniva nuovamente di me.
Sarei
voluto correre via, scappare via
veloce,
sempre più veloce
ma
sono rimasto paralizzato
senza
armature per difendermi
vittima
dei miei più atroci incubi.
OMBROSI PENSIERI
Desolazione
d'anime
nella
valle dell'attesa.
Da
crisalidi pendenti
cadono
lembi di carne putrida
(adombrata
metamorfosi
di
esseri un tempo umani).
Coltivazioni
demoniache
di
ombrosi pensieri.
PERDUTI
Percorrendo
una vuota spirale
alla
fine della quale troveremo noi stessi,
osserviamo
la nostra ombra crollare al suolo
affrontando
il riflesso di una nostra immagine residua
concepita
nella più cupa desolazione.
Giacendo
su queste corrotte strade di vorticanti pensieri,
mentendo
ai nostri propri stati mentali,
tratteniamo
tutto ciò che non saremmo
anelando
a ciò che ci è proibito.
Un
delirio di onnipotenza è ciò che chiamiamo conoscenza
senza
renderci conto che il decadimento è solo un passo avanti
ma
la vanità in cui crogioliamo
si
è mutata nella nostra gloriosa tomba cristallina
coesione
sublimata di un ego inferiore pieno di incompiutezze.
L'umanità
si consola aspettando l'arrivo di un nuovo messia sintetico che possa risanare i nostri corti circuiti
interiori
decretando
l'annullamento dei nostri ultimi atomi,
così
saremo definitivamente perduti.
SORELLA MORTE
Gioco
con le mie emozioni,
una
manciata di biglie di vetro nella mia mano.
Per
ogni biglia infranta
un
sogno si dissolve.
Resto
a fissare
il
cupo riflesso della mia noia,
Biglia
infranta,
crepa
nel mio cuore.
Frammenti
di vetro,
illusioni
svanite.
Con
sguardo apatico
osservo
pezzi di intonaco volare via,
e
non tenderò alcun muscolo
posseduto
da un'inerte volontà,
non
cercherò di andare al di là di questo velo
che
mi copre tutto.
La
mia anima si scioglie,
ogni
cosa grava, ingarbugliati pensieri
nulla
emana benefica essenza.
Ardo
di una luce opaca.
Fallo
con grazia, sorella morte
spegnimi
con un soffio!
UN MONDO DISFATTO
Il
mio demone mi mostra la realtà più
brutta di com’è
guarda
attraverso i miei occhi deformandola
e
contempla un modo disfatto.
Il
canto della sirena
giace
impotente ai piedi del rumore.
Il
senso della vita
ha
perduto lo scettro,
resta
una lapide senza nome
del
tempo che fu.
Il
mausoleo del giardino delle rose
è
stato violato
da
malvagi profanatori.
Ma
non riesco a gioire
nel
vederli annegare
in
laghi di sangue.
L'amore
perduto
non
tornerà mai più
a
specchiarsi dentro di me.
Siringa
e sangue lungo il mio cammino,
confini
sordi alla realtà per la mia mente in gabbia,
ciechi
gli occhi dello spirito.
Non
so come uscirne fuori!
IL SERPENTE
Un'eco
insegue
la mia fuga,
è
una lingua di fuoco
che
tutto brucia
e
che quando mi raggiungerà
consumerà
il mio essere.
È
forte solo perché io gli permetto di esserlo.
Il
vortice
si
avvicina sempre di più,
gira
sempre
più forte,
e
il suo buco nero,
al
centro,
mi
risucchia,
mi
avvolge i sensi e la mente.
Annaspo
nel turbinio
ed
ho paura di toccarti
per
non contaminare anche te
e
trascinarti con me
nell'immenso
occhio nero.
Vedi
accanto a te un mostro con tante teste
il
grande serpente
che
oscilla fra te e il futuro?
Vedi
le
sue lingue di fuoco
che
bruciano tutto davanti ai tuoi passi?
E
non senti i suoi piedi
calpestare
la polvere,
bruciare
nella cenere?
Ridicolo
essere umano, ammasso di briciole tenute su dalla presunzione,
non
puoi vincere
una
potente soprannaturale forza.
Ti
prego
guarda
accanto a te: E’ bugiardo! Abile mistificatore!
Non
si rivela mai per quel che è realmente:
è
il tuo serpente!
QUEL CHE
SONO NON MI PRENDE
Chiuderei
gli occhi
e
in un soffio me ne andrei
stanco
di tutto,
il
solo respirare
mi
affatica,
qualcosa
mi opprime,
credo
sia il peso della vita.
Mi
guardo allo specchio
e
fisso l'obbrobrio riflesso.
Continuo
a guardare quella oscena figura
fino
a sferrargli un pugno,
osservo
il sangue scorrere sulla mia mano,
e
mi perdo nei piccoli frammenti dello specchio
ma
è ancora lì:
Cosa
vuole questa vita da me? Perche mi ha voluto?
Non
l'ho chiesto, non ho desiderato esserci
ho
pregato per andarmene!
Perchè
quel che sono non mi prende?
Un'eternità
di nulla, una vita di vuoti, solo rimpianti!
Nessuna
lacrima, forti dolori, un grande amore!
Sono
all'inferno, spiritualmente morto
immenso
vuoto e depressione.
Come
ombra che svanisce alzo bandiera bianca.
Poi
e per sempre
solo
morte!
INVOLUCRO DI CARNE
Piccola
anima
accartocciata
dentro un involucro di carne,
il
tuo respiro attraversa il petto.
C'è
luce, c'è ombra.
Ancora
luce e di nuovo ombra.
La
mano ascolta il tumulo, l'ossessione.
La
punta della penna solca il foglio.
Scrivi
per te, scrivi di te.
Mi
parli di una realtà che regna dietro tante porte chiuse.
Di
sangue del proprio sangue.
Di
verità custodite nel silenzio.
Fa
tutto parte del gioco,
tu
stai gelando ora!
Si
può morire di disperazione, la testa fra le mani
la
penna caduta per terra,
le
braccia stese sul pavimento
mentre
le ombre avvolgono ciò che resta di te.
Un
involucro di carne e niente di più!
Solo
un miserabile e insignificante involucro di carne.
Una
mano ti abbassa delicatamente le palpebre,
il
segno della croce
e
subito dopo il nulla.
Non
sono un angelo.
Non
sono un demone.
Io
sono la verità.
La
verità a volte uccide.
MASCHERA
Sembra
tutto così perfetto
come
scenario di un'opera teatrale
ma
quale sarà il segreto,
l'orrendo
retroscena di questa farsa,
di
questa commedia che chiamiamo vita?
Qual'è
il ruolo che mi è stato assegnato?
Cos'è
questa maschera che prontamente
le
mie emozioni cela?
Come
una lumaca
mi
rinchiudo con viltà nel mio guscio.
E'
piu adatto a lacrime e vani sorrisi
questo
mio volto coperto e deturpato
miserabile
sotto la sua ridicola perenne smorfia.
Teschio
a
ghigno
eternamente
condannato.
LA SOLITUDINE
Lacrime
nere rigano un volto,
pallido
e
senza segni di vita.
Ghiaccio
nell'anima,
foglie
morte al vento,
inverno
che piange.
Uno
sguardo,
quello
di una creatura non sola pur essendo sola
vogliosa
e assetata d'affetto
che
crede d'affogar in un bicchier d'acqua.
Ormai
abbattuta
china
il capo
e
si piega alla grandezza,
al
potere immenso di quell'essere.
Quell'essere
di cui è umile serva:
la
solitudine!
LUCIDO E FREDDO E' IL MARMO
Lucido
e freddo è il marmo,
riflette
tutto come uno specchio.
C'è
disordine,
oggetti
dimenticati,
ed
un velo di polvere
copre
tutto.
Regna
il silenzio,
le
torri sfidano il cielo,
fantasmi
appaiono nell'ombra.
Lucido
e freddo è il marmo,
candide
come la neve le statue,
la
piccola bambola fissa
con
occhi verdi di smalto
abbandonata
nel buio.
Rena
la quiete,
i
bastioni proteggono il castello,
i
passaggi merlati paiono ponti sulla fantasia.
La
bella addormentata non è mai stata qui,
non
vi è mai stato un sogno incantato,
lucido
e freddo è il marmo.
MIA
SORELLA SOLITUDINE
Ubriaco
di te
smaltisco
la mia sbornia
su
una panchina isolata
nella
periferia della città
di
Paranoia.
Non
so dove andare,
non
so chi cercare,
non
so perchè respiro
ma
protendo ancora la mano verso te,
nuovamente
implorante ai tuoi piedi
mia
amante,
mia
amica,
mia
compagna,
mia
sorella Solitudine.
ANCESTRALI PAURE
Fievole
luci
che
all'imbrunire
non
vincon l'ombre.
Indecise
sagome
arrancanti
nel buio
nero
antro di ancestrali paure.
Figure
incerte
di
bieco pensiero avvolte
che
di nera cronaca s'ammantano.
Passi
veloci
come
a sfuggir tempesta
nei
vicoli t'inseguono.
Il
gelo del comune sentire
tutto
avvolge
come
unico sudario.
E a
nulla vale
il
lume della ragione che è vanto
nè
il saper che l'amor mio m'è accanto.
Solo
il colore del sogno
potrà
spezzare
del
grigio orrore il cerchio.
Solo
di poesia il volo
potrà
sciogliere delle catene
l'angosciante
nodo.
Subisco
l'ultimo disperato assalto
di
chi sa che la sua guerra
ha
già perduto ormai.
LO SBADIGLIO DEL TERRORE
Nessuno
ascolta
il
rumore assordante del lupo
estasiato
dinanzi
ai bagliori
della
notte
stregata.
Un
luccichio assorbe
il
silenzioso spazio,
nel
vuoto dell'ignoto
respiro
accaldato dalla lucciola
che
traballante attraversa il sentiero,
dal
folto dell'ugola fuoriesce soave alito umano.
Ascolta
la notte!
Ascolta
la nebbia!
Ascolta
i battiti del cuore!
Ascolta
e non restare
senza
un fruscio oblungo
nel
dolce mio silenzio.
"GIACOMO
LEOPARDI"
RIPROPOSTO IN UN LINGUAGGIO MODERNO:
"L'INFINITO"
Ti
ho sempre amato, colle
solitario
come me.
Ti
ho sempre amata, siepe
che
mi fai aprire l’anima
verso
l’orizzonte,
me
lo nascondi
ma
me lo fai amare
immaginando
spazi infiniti.
Ho
sempre amato questo posto,
il
suo sovrumano silenzio,
la
sua profondissima quiete,
e
il tenue soffio del vento tra gli alberi,
e
la dolcezza di queste piante che dormono.
E
mentre sono seduto e guardo lontano
mi
tornano in mente le stagioni fuggite,
l’ora
presente,
l’eternità,
ed
è dolcissimo
perdersi
nell’immensità della natura.
“IL
PASSERO SOLITARIO”
Ti
vedo in cima a quella antica torre,
solo,
proprio
come me!
Tu
canti finchè non muore il giorno
mentre
la primavera brilla nell’aria,
esulta
per i campi
festeggiata
da mille uccellini
che
fan mille giri nel cielo.
Ma
tu passero solitario non ti curi di loro,
resti
indifferente a quella festa,
non
la cerchi, non provi a volare
consumi
così nella solitudine
la
parte più bella della tua vita.
Quanto
è simile il mio modo di vivere al tuo!
non
c’è spensieratezza in me,
gioie
e divertimenti io li evito,
mi
sento estraneo e quasi fuggo da loro
e
il dramma è che non so spiegare a me stesso
nemmeno
il perchè.
Chiuso
nella mia stanza
passo
le mie giornate vuote e monotone
in
silenzio, in solitudine.
Eppure
questo giorno che ormai volge alla sera
è
festeggiato da tutti in questo paese,
si
odono nell’aria suoni di festa vicini e lontani,
i
giovani sono allegri
indossano
i loro abiti migliori
si
divertono
ed
è persino bello guardarli.
Ma
io,
in
quest’angolo del paese vicino alla campagna,
io
resto da solo come sempre,
ogni
divertimento
lo
rinvio in altri tempi
non
so a quando!
guardo
il sole che si dilegua dietro i monti
e
sembra ricordarmi
che
anche la mia giovinezza sta morendo.
Tu,
passero solitario
alla
fine dei tuoi giorni
non
potrai pentirti d’aver vissuto così,
è
la tua natura che ha deciso questo.
Ma
io,
se
non riuscirò a evitare la detestata vecchiaia
e
tutto sarà noia più di adesso,
cosa
penserò della mia giovinezza sprecata
e
non goduta?
Forse
piangerò,
guarderò
indietro
ma
sarà ormai troppo tardi.
“IL
SABATO DEL VILLAGGIO”
La
ragazzina spunta dalla campagna
al
tramontar del sole
con
la dolcezza, con la malizia
d’una
età che non dà pensieri.
Ha
un fascio d’erba in mano,
un
mazzo di rose e di viole,
domani
è festa, deve farsi bella.
La
vecchietta con le sue amiche,
seduta
sull’uscio di casa,
è
intenta a filare
e
con una lacrima agli occhi
ripensa
a quando anch’ella era ragazza
e spensierata
e felice
era
circondata da tanta compagne.
L’aria
si fa bruna,
le
ombre scendono dai colli e dai tetti,
una
luna bianchissima splende nel cielo.
Una
tromba suona annunciando la festa,
i
bambini giocano felici nella piazzetta,
il
contadino torna a casa fischiettando.
Poi,
quando le luci si spengono
e
tutto tace,
si
ode soltanto il rumore d’un martello
e
di una sega,
è
il falegname che ha fretta di terminare il suo lavoro
prima
dell’alba.
Questo
è il più bel giorno della settimana
pieno
di gioia, di speranza
domani
tutto ritornerà normale, triste, monotono
e
ciascuno riprenderà il suo lavoro col pensiero.
Ragazzo
mio,
la
tua splendida ma fuggitiva età
è
proprio come questo giorno
chiara,
serena
che
prepara la festa della tua vita.
Ragazzo
mio divertiti!
non
mi sento di dirti altro!
Ma
ti prego non rammaricarti
se
la tua festa tarda a venire.
“AMORE E MORTE”
Amore
e morte,
fratelli,
furono
creati insieme
e
insieme vanno uniti per il mondo,
l’uno
elargendo il piacere
l’altra
annullando il dolore.
Quando
l’amore nasce nel petto
lo
accompagna sempre un languido desiderio di morte.
Non
so perchè…
forse
l’uomo,
presentendo
i mali futuri che ne deriveranno,
brama
di giungere al porto della sua vita
e
di annullarsi.
Financo
nel furore della passione,
quante
volte gli amanti ti invocano o morte!
E
che sentimento di invidia
al
rintocco della campana funebre
per
chi se n’è già andato!
Perfino
il contadino e la timida fanciulla
non
temono più,
comprendono
l’ineffabile dolcezza della morte.
Talvolta
l’amore
mina
un fisico già prostrato,
talvolta
invece
induce
al suicidio giovani e fanciulle.
E
tu morte
da
me tanto invocata e celebrata
fin
dai miei primi anni,
chiudi
pietosamente gli occhi miei.
Ho
sempre disprezzato le consolazioni della religione.
Non
ho mai lodato e benedetto i patimenti.
Ho
rifiutato i fanciulleschi conforti degli uomini.
Te
sola ho sempre invocato!
Aspetto
serenamente
di
addormentarmi sul tuo seno.
MEMENTO
(Dalla
lirica omonima di I.U. Tarchetti)
Quando
bacio le tue labbra profumate,
cara
e dolce fanciulla,
non
posso dimenticare
che
un bianco teschio vi è nascosto sotto.
Quando
stringo a me il tuo corpo sensuale,
cara
e dolce fanciulla,
non
posso proprio dimenticare
che
uno scheletro nascosto vi è celato all'interno.
Quando
faccio l'amore con te, cara e dolce fanciulla,
mi
è impossibile dimenticare che sotto la tua pelle
vi
è un ammasso di sangue, vene e organi schifosi.
E
assorto in questa orrenda visione,
dovunque
ti tocchi, ti baci o posi le mie mani
sento
sporgere le ossa fredde d'un morto.
IL
CANTICO DI FRATE SOLE
(Dall'opera
omonima di S. Francesco d'Assisi)
Benedetto
tu sia, mio Signore!
con
tutte le tue creature
specialmente
per fratello sole
che
fa diventare giorno
e
illumina ogni cosa intorno
ovunque
ci sia vita
con
grande splendore,
ed
è bello, radiante.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
sorella luna
che
bianchissima non dorme mai
per
vegliare la notte,
e
per le sorelle stelle
che
hai creato in cielo
chiare,
preziose e belle.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
la sorella acqua
che
è molto utile
è
preziosa, è casta.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
fratello fuoco
che
rischiara la notte
e
trasmette il suo calore,
ed
è forte, è vivo.
E
per fratello vento
che
muove l'aria, le nuvole
rigenerando
con la pioggia tutte le creature.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
la nostra madre terra
che
ci sostenta stringendoci al suo seno
e
ci offre frutti, fiori colorati, erbe.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
i miei fratelli che sanno perdonare
aiutali
nelle loro tribolazioni terrene,
hanno
bisogno della tua presenza
nella
loro vita.
Beati
quei fratelli che difenderanno la pace!
saranno
da te premiati.
Benedetto
tu sia, mio Signore!
per
la nostra morte fisica
dalla
quale nessuno di noi può scappare
e
guai a coloro che morranno nel peccato,
beati
invece quelli che su questa terra
avranno
fatto la tua volontà.
Laudate
e benedite tutti il mio Signore!
e
ringraziatelo
e
servitelo con grande umiltà.
OSSESSIONE
PER UNA NINFETTA
(liberamente
ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Spiccava
col suo giovane corpo e l’aria da bambina
tra
la gente ignara,
quel
piccolo micidiale demonietto,
inconsapevole
anche lei del proprio fantastico potere.
Mi
guardò col suo visino indecifrabile di ragazzina tredicenne
come
se mi avesse letto il desiderio negli occhi
fino
ad intuirne la profondità,
e
nel preciso momento in cui i nostri occhi s’incrociarono,
tra
di noi si stabilì subito un’intesa
capace
di annullare in quell’attimo qualunque barriera
ed
io non avrei potuto abbassare gli occhi
neanche
se fosse stata in gioco la mia vita.
La
sfiorai ma senza osare toccarla,
respirai
intensamente quella sua delicata fragranza
che
sapeva di borotalco,
e
da quel punto così vicino eppure disperatamente lontano,
ebbi
per la prima volta la consapevolezza,
chiara
come quella di dover morire,
di
amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto
o
potuto immaginare,
e
di voler essere il primo ad assaporare quel piacere proibito
che
soltanto la mia giovanissima dea dell’amore
avrebbe
saputo offrirmi
in
un paradiso illuminato dai bagliori dell’inferno.
Un
uomo normale,
forse
per vergogna o sensi di colpa,
scaccerebbe
via dalla propria mente simili pensieri.
Bisogna
essere artisti,
eterni
bambini sempre in volo senza logica né equilibrio,
folli
di malinconia e di disperazione,
di
solitudine e di tenerezza
per
lasciarsi totalmente trasportare e tormentare
dalla
magica ossessione per quella ninfetta.
ASSENZA
(liberamente
ispirata al libro LOLITA di V. Nabokov)
Bastava
un tuo sorriso
per
mostrarti bella dentro e fuori
come
un inno alla grazia,
malgrado
le tue smorfie ed i tuoi capricci,
desiderabile,
né donna e né bambina, favolosa e splendida
con
la tua travolgente sensualità acerba
mista
di malizia e d’innocenza.
Eri
un cucciolo indifeso tra le mie braccia,
non
riuscivi a tirare fuori la donna che stava nascendo in te.
Di
quella mia incantevole lolita
che
mi aveva stregato persino l’anima
fino
a possedermi del tutto,
e
del suo sconvolgente modo di essere,
non
mi rimane ora che l’eco di un coro di fanciullesche voci
udite
in lontananza e perdute per sempre
come
foglie morte sparse lungo il sentiero
in
una stordita calma irreale.
È
la mia fine come uomo,
l’apice
della mia ispirazione come artista.
La
mia vita è ormai alla deriva nelle tue mani di bambina,
legata
a te da un cordone ombelicale
obbedisce
al tuo volere senza più orgoglio, senza dignità.
Mi
tormenta l’immagine dei tuoi coetanei
che
posano i loro sguardi carichi di desiderio
sul
tuo giovane corpo.
È
folle il pensiero che la tua verginale bellezza
appartenga
esclusivamente ad un uomo della mia età
ma
più ti sento irraggiungibile
e
più cresce in me il desiderio di averti.
Come
un vecchio mendicante ormai solo ed esausto,
chiedo
ancora ad una ragazzina che non ha colpa,
l’elemosina
d’un amore che mai potrà darmi.
Un
amore impossibile, assurdo, folle
incomprensibile,
a senso unico, non corrisposto
ma
pur sempre un amore!
Forse
sono posseduto dal diavolo
o
forse ho solo qualche rotella fuori posto
è
tutto così assurdo e illogico
ma
io credo di amarla.
R I S U S C I T A M I
Maestro, ho tanto
bisogno di un miracolo
trasforma la mia
vita e tutto in me
da tempo non vedo
più la luce
hanno spento già la
mia gioia di vivere
umiliato la mia
speranza,
vedo i miei sogni
cancellati tristemente
lacrime di
solitudine bagnare i miei occhi.
Maestro, non ho
altro che io possa fare
solo tu hai tutto
il potere,
sono seppellito
come Lazzaro in questo sepolcro di disperazione
c’è un macigno che
Satana ha messo davanti.
Maestro, chiama il
mio nome ti prego
ascolterò con fede
inginocchiato la tua voce
rimuovi la pietra
delle mie paure e chiamami ad uscire
fai rivivere i miei
sogni: liberami!
Sospinto dalla fede
che c’è in te
sicuro d’una
vittoria che tu solo dai
risuscitami.
ALBA
Alba!
tu
stai sorgendo,
silenziosa
brezza nell’aria,
leggiadre
ali intorno.
Alba!
tu
stai spargendo
il
tuo colore
sul
mare
addormentato.
La
tua pace
mi
sta
cambiando.
La
mia anima,
svegliandosi,
si
sta aprendo all’amore
verso
l’infinito.
Io
sento
che
sto per nascere
sì,
lo
sento,
io
sto nascendo.
IN SILENZIO
Io
e te,
mano
nella mano,
camminiamo
verso il sole
guardandoci
in silenzio.
Le
nostre orme sono raggi di luce,
nel
loro chiarore, riflesso,
osservo
il tuo viso dolcissimo
che
m’incanta, in silenzio.
Siamo
solo noi due,
creati
l’uno per l’altra,
rapiti
da questo sole immenso.
Un
amore senza fine grande più di noi
ci
trascina via lontano
e
tu esisti ormai dentro di me
ti
sento in ogni parte del corpo,
tu
sei l’aria che sto respirando,
sei
la mia stella che brilla nel cielo.
Vicinissimi,
avvolti dal calore,
noi
ci amiamo sfiorandoci in silenzio.
Siamo
in viaggio da qui all’eternità,
eroi
di un sogno in questo breve vivere,
non
svegliamoci mai,
ed
ora, in quest’istante magico,
tu
ed io siamo un solo essere,
non
so più dove finisci tu e comincio io,
dove
si dilegua il sogno e appare la realtà,
ora
tutto acquista un senso
e
finalmente scopriamo insieme
che
c’è qualcosa di noi,
un
motivo per vivere.
Non
siamo più soli,
finché
mi starai vicina, saprai tutto di me,
avrai
il meglio di me stesso
e
tu con me sarai sincera.
Stringimi
la mano più forte,
sei
l’unico scudo tra me e il mondo,
ho
bisogno di te per non morire.
PRIMO AMORE
Un’ondata
improvvisa di luminosi ricordi
sommerge
per un attimo i duri scogli della mia realtà
e
la schiuma che ritorna al mare,
lascia
un immenso prato verde
ricamato
morbidamente dalle esili mani della primavera
e
in quel giardino, d’incanto,
sbocciarono
fiori di mille colori e ali dorate di farfalle,
lì
v’era un bimbo che inseguiva felice il volo d’un aquilone
ed
una bambina
che
sfogliava dolcemente i petali d’una margherita.
Era
bello correre insieme a lei, mano nella mano,
tra
le spighe di grano più alte di noi
e
l’azzurro del cielo che sembrava così vicino, non finire mai,
saltellare
a gara con i cerbiatti,
e
seduti in riva al ruscello,
gettare
ramoscelli sull’acqua per vederli galleggiare dolcemente
e
all’imbrunire, sudati e sporchi di terra,
scappare
sul colle più alto
ed
osservare il volo libero di stormi di gabbiani su oceani limpidi,
aspettare
in silenzio l’arrivo dell’arcobaleno con i suoi mille colori
e
lì: “Io ti voglio bene anche se non so baciare” le dissi
col
cuore che batteva forte come un uragano,
lei
sorrise, mi baciò la guancia
e
sbocciava così il mio primo amore
mentre
una cicogna volteggiava in festa per me.
Ed
ora, proprio in quest’istante mentre ti bacio amore mio,
io
rivivo l’emozione d’allora,
la
stessa gioia ti giuro, lo stesso candore
e
quanti ricordi ancora vorrei rivivere con te,
non
più da bambino, ma da uomo ormai,
quante
piccole emozioni nascoste in fondo al mio cuore
vorrei
regalarti!
quanti
segreti avrei da svelarti!
Ma
tu ... tu non capiresti mai
perché
non so capirmi neanch’io
e
non so come mai stai con un ragazzo come me
che
ha ancora quei prati vergini nell’anima,
che
resta sempre solo anche se tu sei qui vicino a me
pronta
ad amarmi: che buffo!
Ti
prego non dirmi che sono un bambino
anche
se non so far l’amore,
anche
se il mio mondo è ingenuo.
Tu
mi sorridi e sfiorandomi la mano, mi dici:
“Non
esiste al mondo ragazzo migliore di te”.
Amore
mio,
io
ti amo per non sentirmi solo,
per
sorridere e volar via,
per
vincere la paura che c’è in me,
per
fermare la mia giovinezza che va via.
Amore
mio,
è
così naturale essere felici,
come
mai la gente non lo sa,
non
mi crede!
DOLCISSIMA
STELLINA
Dolcissima
Stellina,
timida
come un pallido sole dietro le nuvole,
tenera
come un piccolo usignolo addormentato sul nido,
dal
sorriso luminoso e fresco come stilla di rugiada
tu
sei per me il sogno d’una notte incantata,
l’effimera
illusione d’un amore irrealizzabile.
Sei
in questo mio vivere terribilmente oscuro
come
una luce fioca
che
da lontano cresce... cresce... fino ad abbagliarmi l’anima
col
tuo modo di muoverti sublime come ali di cigno
e
la tua voce melodiosa come cori di augelli.
Lacrime
lucenti di gioia
brillano
adesso nei miei occhi.
In
un attimo tu hai riempito di bello il mio cuore,
dipinto
di sogno la realtà
ed
io non vorrei mai più svegliarmi da questo momento magico.
Sembra
quasi d’averti già conosciuta tanto tempo fa
in
qualche sogno lontano chissà dove
e
se guardo attentamente nel fondo dei tuoi occhi,
scopro
in essi l’infinito vibrare
e
tu ed io uniti che voliamo via sempre più su senza limiti,
dileguandoci
come due gabbiani liberi verso l’orizzonte.
Restano
ammutolite nel mio silenzio magico
mille
parole, mille sensazioni
che
sento ma non riesco ad esprimerti,
non
so come spiegartelo
ma
avverto dentro, qualcosa d’indefinibile, mai provata prima,
meravigliosamente
reale al tempo stesso:
un
bene prezioso e profondo sommerso in me stesso
come
il rosso corallo negli abissi del mare.
Da
una vita sono in cerca di te
ma
tu sei più di quanto aspettassi.
Dolcissima
Stellina
Abbi
cura di te, ti auguro di non cambiare,
resta
quel germoglio che sei adesso.
Non
gettare al vento il fiore della tua giovinezza,
non
smarrire col tempo la purezza dei tuoi sguardi,
l’armonia
d’ogni tuo gesto
perché
solo tu riesci a sorridermi con gli occhi,
hai
in te qualcosa in più che appartiene solo agli angeli:
che
ne sarà mai del tuo viso innocente e pulito
quando,
domani, cadranno le lacrime degli anni?
e
quel giorno, ora tanto lontano, ti ricorderai di me?
Addio
mia dolcissima Stellina!
avrei
voluto darti molto di più
tornando
adolescente insieme con te nel tuo mondo
ma
sono dai tuoi anni
ormai
disperatamente lontano.
Ti
lascio in questa poesia
il
mio ricordo di ragazzo solo come te
ed
ogni volta che la leggerai, d’incanto,
non
esisteranno più barriere né distanze tra noi due,
io,
di colpo, rinascerò in te
e
tu, specchiata nella mia anima,
sarai
qui vicino a me.
BELLA
MESSINA
Come
chiave d’oro che apre al paradiso,
Messina
spalanca la porta alla Sicilia perla incantevole.
Bella
Messina,
che
si lascia corteggiare da due mari,
contemplata
dall’alto dalle sue montagne,
sempre
spettinata dal vento,
bagnata
dal mare ed asciugata dal sole,
Messina
presa per mano dalla Madonna.
Bella
Messina
quando
dondola dolcemente le navi del suo porto,
quando
incoraggia e protegge il sudato lavoro dei suoi pescatori,
quando
saluta piangendo ma aspetta con ansia
il
ritorno d’un suo figliuolo che s’allontana senza lavoro,
quando,
nelle sue ville, accompagna il lento andare d’un vecchio,
guarda
commossa gl’innamorati delle sue panchine,
gioca
trasformata in bambina con i suoi piccoli.
Bella
Messina
quando
si tinge di giallorosso dietro la sua squadra,
quando
si pavoneggia per accogliere i forestieri,
quando,
tutta parata, si trucca con i colori della vara
ed
il mito dei Giganti,
divertente
e scapestrata come il suo dialetto.
Messina
lunga donna dagli esili fianchi
con
gli occhi blu come il suo mare
ed
i capelli d’oro come il sole delle sue spiagge,
baciata
sulla superficie del mare da mille gabbiani,
che
col suo stretto maliziosamente s’avvicina
senza
lasciarsi toccare,
Messina
che all’alba apre gli occhi sul mare
e
di notte s’addormenta sotto un lenzuolo di mille luci.
Messina
solare dalle ali libere verso l’orizzonte
con
gli occhi luminosi mai annebbiati,
sposa
d’un clima ch’è armonia in ogni stagione,
Messina
che con frutti e fiori profuma di primavera.
Bella
Messina
defunta
ma risorta dopo il 1908,
Messina
che vuole andare avanti,
che
non vuol morire più,
vestita
ormai di abiti sempre più moderni.
Bella
la mia Messina
è
la mia terra, la mia città,
qui
sto bene, sono felice.
Ogni
sua strada, ogni sua via
è
casa mia, il mio giardino.
In
lei sono nato
ed
in lei voglio morire.
TU BAMBINA
Tu
bambina, tu semplicità,
tu
gioia e serenità, tu l’infinita innocenza.
Tu
che vivi felice i giorni della tua giovinezza,
tu
che ti affacci con paura alla tua adolescenza.
Dai
tuoi occhi traspare ancora
la
magia di un mondo che sa di fantasia
e
chissà se il tuo piccolo cuoricino
riuscirà
ad esprimere ciò che sente dentro.
È
sbocciato adesso un amore
e
forse stai provando qualcosa che non hai mai provato prima,
sarà
per te il primo dolore
ma
sarà dolce lo stesso come il succo d’una caramella,
e
le prime lacrime
avranno
ancora lo splendore della tua innocenza.
I
tuoi pensieri sono di amori fugaci,
i
tuoi giochi tenere primavere
e
tu ora dondoli spensierata nell’altalena dei tuoi desideri
come
quando stringevi la tua bambola
che
hai perso ormai.
Dipingerai
di sogno i tuoi giorni,
colorerai
d’arcobaleno persino i tuoi disegni
e
li annoterai dolcemente nel tuo caro diario.
Vorrei
regalarti una vetrina e riempirla dei tuoi sentimenti
così
chiunque, sostando lì,
scoprirebbe
la ricchezza che hai dentro.
Crescerai
in fretta e non mi vedrai più con gli occhi di bambina
so
che ti perderò per sempre.
Mille
ed infinite parole non bastano a descriverti,
mille
ed infinite poesie
non
potranno farti capire quanto sei importante
ma
quello che provi dentro non crescerà mai,
servirà
a farmi rivivere ricordi di adolescenze perdute.
Con
te bambina
correremo
insieme e voleremo via lontano
verso
nuovi orizzonti,
lì,
resteremo per sempre
anche
se dovrò dirti mille ed infinite volte: “Tu bambina”.
LA
FINE DELLA CICOGNA
Un
serpente velenoso
s’insinua
vischioso nel mio giardino d’infanzia,
due
mani sporche di fango,
maliziosamente,
rubano
al mio impubere corpo l’innocenza.
Sui
miei occhi appena aperti
calano
inesorabili ombre senza più luce.
I
sorrisi ingenui delle fate
divengono
tentacoli della paura.
Muore
sbocciando quel fiore reciso
che
non crescerà più.
Mi
hanno ucciso la cicogna
e
con lei anche Gesù Bambino.
NOSTALGIA
Le
inquietudini del mio primo bacio
e
poi le affascinanti scoperte intime,
i
primi turbamenti,
quei
peccati d’una età che non torna più,
scomparsa
per sempre.
E
tu sorellina timida timida
ed
io fratellino impacciato e buffo,
tra
sguardi e silenzi ci spiavamo dentro l’anima,
imparavamo
ad amare.
Cerco
invano di ricreare quegl’innocenti momenti intensi,
provo
con la fantasia a tornare bambino
insieme
con te nella poesia di quel nostro magico mondo,
mi
ritrovo il fantasma d’un uomo
già
inesorabilmente invecchiato.
Quelle
due giovani creature
ora
son come cristalli di ghiaccio d’un viso d’inverno.
Quell’antica
primavera
è
ormai neve e gelo.
RICORDO
D’UNA RAGAZZA SCOMPARSA
Le
serate passate sulla nostra scogliera,
il
bacio lì, in riva al mare
col
tramonto che ascoltava le nostre anime
mentre
il mare suonava la nostra canzone.
Tanti
ricordi, tanti momenti felici,
tanto
amore.
È
questo che vorrei gridare in silenzio
ma
a che serve ora che non ci sei più?
La
tua vita è stata troppo breve
come
il nostro amore.
Forse
il tuo compito
era
farmi provare un sentimento nuovo per me: l’amore
per
poi scomparire come un angelo.
Sei
salita al cielo
ed
ogni notte, piangendo,
cerco
di vederti tra le stelle.
Addio
per sempre!
SPERANZA
Nel
buio della mia solitaria esistenza,
proprio
sul punto di smarrirmi,
vorrei
improvvisamente incrociare la luce dell’amore,
tra
mille volti riconoscere il tuo soltanto,
e
come un bambino,
di
colpo,
scoppiare
a piangere di gioia.
VIAGGIO
NELL’ANIMO MIO
Muta
di parole e sguardi,
la
mia mente vaga lontano in penombra
dove
il pensiero non ha confini
e
tutto può sembrare reale.
Così,
col bisogno del ricordo e del pianto,
penso
al mio passato e alla sua perduta giovinezza,
al
mio presente fatto di tempo fuggente,
al
mio futuro sconosciuto ed incerto nelle sue mille paure.
Quanta
dolcezza nel guardarsi dentro e perdersi in sé stessi!
Quali
emozioni
nel
vagare libero tra solitudini e silenzi profondissimi!
Mi
scuoto
e
lentamente mi desto da un viaggio
nel
profondo della mia anima,
del
mio essere così fragile, così indifeso
rispetto
alla grandiosità della mia vita.
VOLO
Ho
aperto i miei occhi, liberato la mia mente
sfidando
tutti i miei limiti,
ho
lasciato alle spalle gabbie, catene,
labirinti,
muri insormontabili,
e
quell’uomo morto ch’ero ieri
e
che oggi non riconosco più,
fino
a ridere della mia disperazione del passato,
persino
la morte sembra inchinarsi
alla
mia nuova voglia di vivere.
Dentro
di me
l’oscurità
s’è trasformata in un riverbero di luce,
nell’anima
esplode
l’incredibile
forza dell’amore verso la vita.
Vedo
nuovi orizzonti
distendersi
davanti ai miei occhi.
Intorno
a me
spazi
infiniti m’invitano a raggiungerli.
Tutto
è ancora da scoprire
e
mi sta aspettando,
e
con l’entusiasmo di un bambino,
m’accorgo
per la prima volta,
quanto
sia meraviglioso vivere.
Non
ho più paura ormai.
Solo,
con
il vento in faccia,
apro
le mie ali
e
mai più mi fermerò.
Finalmente
adesso volo.
RICORDI
Si
dirada come per incanto
la
nebbia che mi avvolge
e
s’apre d’improvviso il cielo
col
suo manto azzurro,
torno
a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi
come
alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.
Mi
vedo a otto anni
quando
avevo un’amica soltanto
che
volevo bene come sorella.
Ricordo
ancora come fosse ieri
i
suoi capelli neri a boccoli
che
le coprivano quell’esili spalle
come
schiuma del mare accarezza gli scogli.
Era
una bambina orfana
e
la sera, quando andava a dormire,
si
addormentava con due pupazzi vicino:
un
orsacchiotto grande suo padre, una Barbie la madre,
aveva
un segreto, teneva quei pupazzi sotto il cuscino.
Mi
chiedeva spesso:
“Come
mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”
non
sapevo mai risponderle.
Da
grande sognavo già di sposarla,
le
dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva
ed
io mi vedevo in un teatro affollato
con
tanta gente in piedi ad applaudirmi.
A
quindici anni
evitavo
i compagni, i giochi e le feste
e
restavo da solo per ore
ad
osservare la distesa infinita del mare,
una
voce dentro mi ripeteva sempre:
“I
sogni non muoiono mai”.
Cercavo
la libertà,
mi
chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,
immaginavo
di volare via per scoprire il mondo
senza
ritorno, senza fermarmi
come
un’onda senza mai una spiaggia
ed
i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,
si
perdevano in lontananza,
laggiù
dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.
Son
diventato uomo troppo in fretta
e
non riesco più a sognare.
Cerco
ancora l’arcobaleno d’allora,
trovo
le inquietudini di adesso.
La
speranzosa attesa d’un tempo,
le
antiche illusioni,
come
oggetto prezioso caduto per terra
e
frantumato in mille pezzi,
sono
morte e crollate inesorabilmente
nell’amara
consapevolezza del nulla che mi circonda.
Ma
perché bisogna dire addio
sempre
alle cose più belle?
alle
delizie che promette ma non concede la vita?
Rassegnati
animo mio,
le
tue domande non conosceranno mai risposte!
IL TRENO DELLA VITA
E
il treno corre,
corre
lontano sui binari della vita,
lungo
la strada del mio dolore.
Va
via velocemente
proprio
come i miei anni,
il
mio tempo che scorre.
Dai
vetri del finestrino il quadro cambia sempre
vedo
montagne invalicabili di paure,
pianure
non più verdi di speranze invecchiate,
laghi
salati di pianto amaro.
Vedo
fiumi, violente cascate trascinare via tutto quanto,
mari
in tempesta come i miei pensieri irrequieti.
Vedo
gallerie coprire il sole come i miei momenti bui,
prigioni
di tanti limiti ed arrese,
miraggi
di felicità nei deserti della mia esistenza,
il
cielo dove non ho mai volato,
lontane
isole esplorate solo nei sogni,
nebbia
lontana e foschie senza amore, senza fortuna
e
poi
file
di alberi e nuvole passare come un susseguirsi di emozioni,
paesi
e città fuggire malinconicamente come i ricordi più belli,
prati
verdi dove correvo sull’erba da bambino,
rivedo
mia madre aspettarmi a braccia aperte,
odo
nel vento la sua voce che mi chiama.
Il
treno corre
la
sua corsa senza fine
senza
ritorno, senza fermate
ed
io via con lui
m’allontano
sempre più senza sapere dove andrò,
certo
di perdermi solo
come
un vagabondo senza famiglia.
Addio
casa mia d’infanzia!
Addio
amici della mia adolescenza!
Addio
giovinezza perduta per sempre!
Quanta
struggente nostalgia mi avete lasciato!
Com’è
triste non poter tornare indietro!
Ma
perché la vita è una corsa continua?
Perché
la fine di un viaggio non c’è mai?
Mi
fermerò soltanto
quando
giungerà l’autunno con la sua folata gelida,
come
foglia ormai ingiallita,
sarò
strappata dal mio albero,
trascinata
nel vento.
LA FRASE PIÙ BELLA
“Se
per gli altri ormai sei grande
per
me resterai sempre il mio bambino”.
È
la frase più bella che mi hai detto
e
che da sempre avrei voluto sentire.
È
un pensiero profondissimo,
a
tal punto che neanche tu puoi capire quanto.
Forse
è Dio che ti ha ispirato
per
rendermi felice.
Tu
mi hai gettato in mare un’àncora di salvezza
dove
io mi aggrappo con tutte le mie forze per non annegare
e
trovo le mie poesie, il tuo amore per me.
Nessuno
malgrado i propri sforzi
è
mai riuscito a cogliere la mia ricchezza interiore,
la
mia sensibilità profondissima, la mia particolarità,
il
mio disperato bisogno d’amore.
È
solo riuscito a intravedere
come
sono dentro
ma
in lontananza
senza
mai percepirmi a fondo.
In
questo mondo dell’immagine
l’apparire
conta più dell’essere
anche
perché spesso l’essere non c’è.
Amante
della solitudine e della tenerezza,
senza
nessuno che mi somigli,
cerco
da sempre
un’anima
che mi comprenda.
ATTRAVERSANDO
IL SOLE
Da
questo carcere,
chiuso
dietro le sbarre,
vedo
il sole uscire dai monti.
La
sua luce m’abbaglia.
Continuo
ad osservarlo
con
l’anima aperta alla speranza
ed
i miei occhi rimbalzano sul suo splendore
e
vanno su te
che
sei così tanto lontana
al
di là della mia immaginazione.
Ti
vedo riflessa nel sole in controluce.
E
tu puoi guardare me.
Tu
ed io alle due estremità d’una scia luminosa
che
ci avvicina passo dopo passo
unendoci
sempre più.
Ci
veniamo incontro
percorrendo
raggi di luce.
Ora
tutti sono morti,
sono
più vecchi
ma
noi due siamo ancora insieme nell’aria
come
bambini
attraversando
il sole.
Ho
cercato a lungo qualcosa che non c'è
bastava
semplicemente che guardassi il sole.
Dalla
sofferenza scaturisce il carburante per la rinascita!
Non
occorre essere in carcere per sentirsi prigionieri
dentro
di me mi sento adesso libero,
il
male ha finito di avermi in pugno: è inefficace.
È
l’ultimo atto del suo progetto diabolico.
Il
demone ora trema ed è lui ad aver paura di me.
PREGHIERA
D’UN’ANIMA IN PENA ALLA LUNA
Luna,
tu
muta e bianca
sul
destino degli umani
posi
silente lo sguardo.
Solinga
e distante,
sorella
del buio e delle ombre,
non
ti diletti e non piangi
ma
taci,
osservi
e sempre taci.
Eppure
chi può dirmi se non tu sola
se
è per natura perdente l’umana sorte
o
se riposerà alfin ciascun mortale
e
avran sollievo le sue notturne paure?
Vorrei
chiederti o mia cara luna
a
che serve vivere
e
dove porta questo terreno viaggiare,
per
cosa si arresteranno i battiti del mio cuore?
Ma
tu mi appari misteriosa e vana
come
lo è tutta l’esistenza umana
senza
risposte, né certezze,
incurante
della mia anima che anela, brama di sapere.
Io
fragile essere, piccolo e limitato
tu
immortale creatura d’uno sconfinato universo,
eppure
quanta grandezza nell’umano spirito
nel
desiderare l’infinito pur comprendendo la propria piccolezza!
Silenziosa
luna presto dovrai andar via,
l’alba
si sta svegliando,
la
terrena notte illuminerai nuovamente alla fine del giorno
ma
gli occhi del mortale uomo rivedranno ancora luce?
e
le piante e gli animali tutti qual destino avranno?
Luna
musa
ispiratrice di poeti e cantanti,
meta
irraggiungibile di sogni lontani,
compagna
notturna di viandanti e zingari,
lascia
che io alzi lo sguardo fino a te,
ultima
sconsolata preghiera d’un’anima in pena.
Tu
luna vegli sopra uno strano mondo
fatto
di pazzi.
Qui
non c’è amore né comprensione
ed
io non voglio più starci.
Un
immenso buio
ha
schiuso le ali sul mondo
e
sul cuore degli uomini,
e
questa notte sembra non aver mai fine.
Addio
anche a te luna!
la
mia solitudine è ormai segnata
in
un presagio di morte
che
prelude al pianto.
SOGNO
Io
cerco
quel
che non esiste
e
che nel nulla svanisce
in
un effimero sogno.
IL
MISTERO
Rapito
dal tuo vortice
sto
scrutando il tuo cielo infinito,
volteggiando
nel tuo vento impetuoso,
naufragando
nel tuo mare in tempesta,
sprofondando
nei tortuosi meandri della mia mente,
ma
sto solo impazzendo
perdendomi
in un labirinto enorme.
Scopro
l’ignoranza della scienza.
Smarrisco
la mia fede.
Rimango
spaventosamente affascinato.
Sulla
riva un bimbo col suo secchiello
vuol
prendere un pò alla volta tutto il mare.
NULLA ETERNO
Non
vi fate sedurre,
non
esiste ritorno,
non
c’è nulla dopo,
morrete
come tutte le bestie
divorati
da vermi.
COME IN UN INCUBO
Penso
agli anni della mia giovinezza
che
mi sono lasciato alle spalle
e,
per nostalgia,
mi
viene una gran voglia di piangere
e
un terribile timore d’invecchiare e di morire.
Mi
sento dentro
terribilmente
solo e smarrito
con
una forte e struggente
paura
nell’anima,
come
in un incubo
dal
quale non posso svegliarmi o fuggire.
Qualcosa
che non riesco a scacciare
mi
opprime e tormenta
ma
non so cosa sia
contro
cosa combattere,
lentamente
mi succhia l'energia.
Il
tempo che mi rimane davanti,
oscuro
e minaccioso,
è
una clessidra di morte
che
m’avvicina sempre più alla fine
inesorabilmente.
QUESTA
VITA BREVE
Non
camminare piano
quando
puoi correre,
e
non ti accontentare
se
ti accorgi che puoi volare,
e
non restare muto
quando
puoi gridare.
Ascolta
la voce della natura
e
piangi quando hai voglia di farlo.
Vivi
intensamente l’amore,
rincorri
la tua felicità.
Apprezza
il valore della salute,
ama
chi ti sta vicino come se lo vedessi per l’ultima volta.
Non
rimandare a domani quello che puoi fare ora,
non
indugiare e non procurarti rimpianti,
questa
vita è talmente breve ed imprevedibile,
la
vecchiaia e la morte son sempre in agguato
come
belve affamate, sbranandoti quando sei isolato.
SOLITUDINE E LIBERTÀ
Solitudine
è libertà,
libertà
è solitudine.
Voglio
essere completamente solo
per
sentirmi veramente libero.
PRIMAVERA
Petali
di fiori,
ali
di farfalle,
canti
di uccelli,
profumi
nell’aere.
Il
sole che sorride,
il
cielo che sta a guardare.
L’ARMONIA DEL CREATO
Da
ogni notte buia
rinasce
sempre il sole
così
come dal bruco
fuoriesce
ogni volta una crisalide.
E
fra una stella lassù ed una lucciola quaggiù
nessuna
distanza, la stessa luce.
Tra
Dio e l’ultimo insetto creato
nessuna
differenza, la stessa perfezione e l’identico amore.
Ogni
cuore che palpita,
anche
il più piccolo che esista nell’universo,
è
un battito di vita e d’amore.
LUNGO LE STRADE DEL MONDO
Girando
a lungo per le strade del mondo
ho
incontrato tanta gente:
bianchi
e neri, ricchi e poveri,
santi
e carcerati.
Ho
conosciuto servi e re,
cristiani
e musulmani, suore e prostitute.
All’apparenza
mi
sembravano diversi gli uni dagli altri
ma
poi li ho visti piangere
tutti
allo stesso modo.
Ho
capito dentro di me
che
esiste una sola razza: l’umanità,
un
solo gesto: la solidarietà.
DOLCE
SILENZIO
Dolce
silenzio
cosa
mi nascondi?
chi
può dirmi se m’inganni?
se
dolori e tempeste son prossimi?
e
mentre io,
estasiato,
dalla
dolce tua magia mi lascio rapire,
chissà
quant’altra gente
soffre,
si dispera, s’abbandona.
Dimmi
o dolce silenzio
dov’è
celata la chiave dell’umana esistenza?
Che
sarà di me?
e
fin quando goderti posso?
perché
eterno peregrinar è questo nostro viver
e
quel poco di pace che mi vuoi offrir
è
gran gioia per me e di essa mi nutro
errando
solitario per i campi
tra
immote piante e assopite creature.
Dolce
silenzio,
immenso
tu sei
ed
il mio esser fragile
dinanzi
a te si perde sotto l’azzurro del cielo
come
piccola cosa tra le innumerevoli cose,
come
formica d’un enorme formicaio
persa
tra tutte le altre.
O
dolce e profondo silenzio
che
all’eterno sonno somigli,
prendimi
con te e invasami,
i
miei tormenti assopisci,
e
nel tuo languor pacato,
supino
m’addormento in un dolcissimo morir,
forse
senza mai più mirar
la
viva luce del sole.
LA LEGGENDA DI CAMILLA
Chi
di realtà si nutre
defunta
ombra del nulla eterno è,
chi
ai sogni crede,
la
collera del tempo affamato
vincerà
nei secoli.
Fra
i castelli fatati dei mie sogni
Illa
io ti sto inseguendo,
è
la tua leggenda.
Gelosi
folletti la raccontano in sogno.
Una
notte di duemila anni or sono,
Camilla,
una leggiadra ed esile ancella,
scrisse
nel suo cuore:
“L’amor
non vien da me, la fede stanca illusione,
la
mia tenera età fior che appassisce,
ai
sogni affido il mio avaro destino”.
Disperata
ma senza lacrime,
corse
verso quel dirupo che dominava quella valle
incantata
da filtri magici, popolata da gnomi,
e
da lassù altissima si gettò
gridando
al vento prima di schiantarsi al suolo:
“Io
vivo e vivrò per sempre”.
Sopra
quella valle,
il
tempo arrestò la sua corsa affannata
e,
come per incanto, tutto restò immutato.
Ed
ancor oggi, duemila anni dopo, il viandante solitario
che
ignaro non conosce la storia di lei
ed
attraversa quell’angusta e remota valle,
senza
veder né capir nulla,
ode
nel leggero mormorio del vento,
l’eco
della voce del fantasma di lei
che
ripete ancora:
“Io
vivo e vivrò per sempre”.
Sì,
nella mia fantasia,
tu
Illa sei viva
e
vivrai per sempre
con
me.
IL VOLTO INQUIETANTE DEL MIO MALE
Vorrei
svegliarmi da quest’incubo,
gettami
acqua fresca in viso,
il
ghiaccio mi assale,
scaldo
le mani con un po’ di fiato.
Cerco
in me una via d’uscita
ma
non esiste fuga,
non
c’è posto per nascondersi,
proteggermi
non puoi.
Diverso
da ogni altro,
nella
terra di nessuno,
tutto
intorno tace
in
un silenzio irreale.
Guido
senza meta,
faccio
sesso senza amore,
riflesso
in uno specchio
c’è
un fantasma al posto mio.
E
non trovo le parole
per
spiegare ciò che ho,
ogni
cosa intorno a me
appare
sadica e crudele.
È
inutile sforzarsi
di
essere normale,
non
posso fingere a me stesso
proprio
non funziona mai.
Trascinato
dentro un labirinto enorme
vedo
stanze tutte uguali;
in
ognuna di esse
mi
attraggono piaceri sempre nuovi.
Sembrano
dirmi:
“Entra
da noi, esaudiremo qualunque desiderio
non
importa che sia proibito
vedrai
sarà bellissimo”.
Sbagliare
è facile
se
non sai più chi sei,
non
ho saputo dire no,
mi
sono perso in un vicolo cieco.
La
strada ammaliante del piacere
mi
viene incontro senza ostacoli,
preda
inerme della concupiscenza
tocco
il fondo pensando di raggiungere la cima.
Sono
schiavo del mio istinto,
intrappolato
nella mia angoscia,
c’è
un’ombra che mi insegue,
dovunque
vado non mi lascia mai.
In
una danza infernale,
senza
fermarsi mai,
girano
intorno a me
fantasmi
ed incubi.
Voglio
scoprire la tua origine,
combattere
ed annientare le tue tentazioni,
fino
a giungere faccia a faccia
con
il volto più inquietante del mio male.
Sì,
scaverò nei miei profondi abissi
tirerò
fuori il demone a cui appartengo,
a
costo d’impazzire,
giuro
io mi libererò.
La
mia anima smarrita
ora
sprofonda dove non c’è luce,
nuda
nuota sott’acqua,
non
riemerge più.
LA MIA ANIMA È NUDA
La
mia anima è nuda
anarchico
il mio istinto
folle
la mia mente
immorale
la mia libertà.
La
mia anima è nuda
ama
i bambini
sta
al fianco di barboni, disadattati, emarginati
adora
gli ultimi della classe sociale.
La
mia anima è nuda
non
sa vivere in società
non
scende a compromessi e non concepisce le regole
non
lavora e non produce.
La
mia anima è nuda
è
troppo grande per essere prigioniera in un corpo di carne
non
può esser limitata dal tempo
è
uno spirito libero che anela alla libertà assoluta.
La
mia anima è nuda
posta
al centro d’una corda tirata ai lati da lussuria e innocenza
come
un verme striscia e bacia i piedi del demonio
poi
di colpo s’alza in volo e abbraccia Dio
sempre
in bilico tra inferno e paradiso.
La
mia anima è nuda
soltanto
nell’arte, di notte quando tutti dormono,
esce
manifestando la sua diversità
se
venisse scoperta verrebbe fatta fuori e forse anche uccisa,
bisogna
lasciare dormire tranquillamente la gente,
guai
a chi provasse a risvegliarli!
quando
si sta troppo al buio, si ha paura della luce.
La
mia anima è nuda
immortale
e ribelle
aliena
venuta da chissà quale mondo
destinata
a perdersi e soffrire
nel
crudele gioco della vita e della morte.
La
mia anima è nuda
scevra
da qualunque vanità
spogliata
nella sua infinita miseria
non
si lascia etichettare in nessun modo
non
è né maschio né femmina, né schiava né regina.
La
mia anima è nuda
conosce
la sensibilità del male
è
attratta dal fascino del proibito
è
inquietante ma sincera.
La
mia anima è nuda
è
ancora bambina quando sogna
terribilmente
vecchia quando insegue la logica
morta
e sepolta quando si lascia sedurre da religioni e ricchezze.
La
mia anima è nuda
condannata
dalla sua stessa sensibilità
ad
un isolamento senza uscita,
non
chiede più comprensione ormai
sa
di averla data ma di non poterla ricevere.
La
mia anima è nuda
dannata
salvata
ma
dannata ancora.
Anime
perverse, entrate in sintonia con me!
sono
qui, se volete potete trovarmi
non
ho maschere e non mi nascondo:
la
mia anima è nuda.
LA
MIA MENTE
Silenzi
e vuoti intorno a me
quiete
assoluta nella mia stanza
sguardo
assente, occhi chiusi
la
mia mente mi porta lontano fuori da qui
mi
trascina via con sé e nessuno se ne accorge,
prende
il largo sulle acque
attraversa
un fiume tranquillo
che
cancella i ricordi
e
li fa scivolare via.
La
mia mente
è
volo di idee
ragnatele
di ragionamenti
archivio
di esperienze rimosse
cassetti
colmi di dubbi incessanti.
La
mia mente
è
follia pura
immaturità
e saggezza insieme
è
un gigantesco pallone
che
vaga rimbalzando continuamente
da
un soffice sogno all’altro.
La
mia mente
è
finto silenzio
fantasie
strane
vertigini
e vortici di pensieri
spinta
per vivere.
Crea
una tempesta
non
dorme la notte
incubi
che si accavallano
sogni
che nascono e rimangono sospesi
paure
e solitudini senza fine.
La
mia mente
è
invasa di ricordi che si susseguono
notizie
divorate
date,
sentenze, nomi, schede ormai ingiallite
profumi
di opere buone
domande
senza risposte
amori
cancellati e poi riscritti
sì
che diventano no.
La
mia mente
è
un insieme di cose da dimenticare
una
cantina di occasioni perdute
di
progetti mai portati a termine
di
ricordi nostalgici.
La
mia mente
silenziosa
corre, vola, sfugge,
anela,
brama di sapere.
Va
via col vento, più su delle nuvole
sopra
gli oceani
sorvola
spazi infiniti
raggiunge
nuovi orizzonti.
La
mia mente
mi
convince
ha
sempre la meglio
detta
le sue leggi
ed
io non posso sfuggirle,
la
seguirò perché lei vuole così.
La
mia mente
mi
fa impazzire
mi
fa venir voglia di scoppiare
mi
lascia i segni di chi ha vissuto un’eternità.
Uccidimi
il cuore!
la
mia mente mi resterà ancora intatta.
Legami
con una catena fortissima!
lei
mi slegherà,
forse
neanche la morte fisica
potrà
riuscire a fermarla.
Ti
prego mente mia
portami
con te lontanissimo
nei
grandi campi di neve dove il sole non c’è
nei
deserti sabbiosi senza confini
nelle
praterie immense
nei
mari in tempesta
nelle
cime vertiginosamente alte
nelle
strade vuote senza fine
che
portano al nirvana e all’estasi.
Portami
o mente mia
attraverso
paesaggi sfocati e laghi annebbiati,
le
mie vene saranno fiumi tra le rocce
le
mie mani pallidi monti nella notte
il
mio sangue torrente rosso più del fuoco.
Solo
con te sulla scia delle ninfe
tra
cascate argentate, ghiacciai sterminati
i
miei pensieri frustati dal vento
scatenati
e prendi, prendi tutto di me!
VORREI
Vorrei
vagare nell’universo
e
cercarti ovunque,
nelle
intrecciate tele di un ragno
nel
fruscio delle foglie morte
nel
dondolare dei rami stecchiti
nel
profumo d’un incensiere
sfogliando
la Bibbia
dinanzi
al portone d’un antico monastero.
Vorrei
essere portato via da te nella tua carrozza
lontano
dalla prigione d’un grattacielo
lungo
le strade dell’inverno
ed
osservare riflessa nel lago argentato
la
mia immagine vecchia e deforme
trasformarsi
nella tua pelle giovane e bianca
e
contare poi una per una
le
perle della tua corona.
Vorrei
capire chi sono
mostrandoti
fotografie sbiadite e diari segreti,
mostrandoti
la scia luminosa dei ricordi
di
quello che ero ieri,
l’anima
immortale che vive nei miei versi adesso,
la
statua, la lapide e la polvere
di
ciò che rimarrà dei miei sogni domani.
Vento
impetuoso della fuggevole immaginazione mia
tu
spalanchi con forza la porta di questa mia tacita realtà
e
nelle annebbiate stanze del tuo nido
io
mi sto sempre più addentrando.
Ed
ora sento di poterti raggiungere.
Vorrei
avvicinarmi ma non so chi sei
vorrei
chiamarti ma non so il tuo nome
vorrei
seguirti ma tu ti stai sciogliendo lentamente
in
aria,
scompari
quando credo d'afferrarti.
Eppure
io ti inseguo da sempre
nei
labirinti della mia mente,
cercandoti
affannosamente
in
ogni piccolo spazio
della
mia camera vuota e solitaria.
E
nelle lacrime della solitudine mia
che
percorron lente il mio viso pulito,
vedo
i miei sogni evanescenti
morire
uno dopo l’altro
ed
un bimbo,
quel
bimbo che vive in ognuno di noi,
li
porta con sé invecchiati
fino
ad estinguersi
nel
riposante approdo d’un obitorio.
NICO
Nico!
Ti
ricordo ancora
avevi
dodici anni, la mia stessa età
solo
qualche giorno in meno.
Nico!
Sei
nella memoria coi tuoi occhi scuri
una
bocca grande ma con pochi denti
ti
facevo il verso
non
te la prendevi.
Nico!
Eri
sempre con le brache corte
e
le gambe viola
per
il grande freddo.
Nico!
Ma
com’eri buffo
con
quel cappellino con il paraorecchie
una
grossa sciarpa fatta da tua mamma
come
ci tenevi.
Nico!
Il
compito in classe
lo
copiavi sempre da me
eri
furbo
non
so come facevi.
Nico!
Insieme
sulle piante
a
buttar giù palle di neve
alle
barbagianne, le ragazzine con gli occhiali
quelle
proprio racchie.
Nico!
Non
ti ricordi le mele
rubate
insieme e mangiate di nascosto
in
quel mercato rionale?
E
le domeniche d’agosto?
correvamo
per le strade deserte
c’eravamo
solo noi
chissà
cosa volevamo dalla nostra vita!
Nico!
Eri
il mio migliore amico
un
giorno mi dicesti:
“Se
fossi nato femmina ti amerei”.
Quel
giorno al doposcuola
ci
presero un po’in giro
avevano
scoperto
i
nostri giochi strani.
Non
mi vergognavo di volerti bene, di prenderti per mano,
di
regalarti il mio affetto
quello
che riuscivo a darti,
quello
che potevo darti.
Nico!
Ma
tu adesso cosa fai?
chissà
se ti sei sposato, se hai dei figli
se
pensi ancora a noi.
Com’era
bello uscire da scuola!
e
col sole o con la neve
tornare
a casa
insieme.
Nico!
MADAME
CLELIA
Un’emozione
forte
si
fa strada nei miei pensieri,
lenta
scende come un’ombra
nella
mia realtà ormai stanca
e
tra la fantasia e l’età
mi
trascina via con sé
in
un tempo ormai lontano.
Mi
rivedo di colpo lì
a
spiarti dietro la finestra
di
quella tua tenebrosa casa antica.
Sui
miei undici anni appena compiuti
cadeva
già il primo velo di follia,
e
che sussulti, che tremiti segreti
in
quelle mie inquiete notti di fanciullo
quando
impaurito e rannicchiato
mi
nascondevo sotto le coperte,
la
mia prima masturbazione
la
conobbi proprio allora e fu per te.
Madame
Clelia!
Eri
grande, troppo grande
forse
vecchia per i miei occhi e per il mio corpo.
Avevi
perso il marito
ti
avevano abbandonato i figli
io
come un giocattolo, un barboncino
ero
tutto quello che ti rimaneva
nella
tua vita mai vissuta
sempre
attesa, mai avverata.
Ancor
adesso
a
distanza di tanti anni
non
so cosa volessi tu da me
né
cosa avrei potuto darti io.
Ma
ti giuro Madame Clelia,
tu
sei stata per me una regina
ti
vedevo danzare nei miei sogni di bambino,
mi
chiedo come mai così bella dentro
nessuno,
all’infuori di me,
ti
aveva vista mai.
PAESE NATÌO DI MIA MADRE
Al
tuo paese torni
con
me
ogni
tanto,
ma
sei triste
pensierosa
non
parli.
La
tua fontana rivedi
i
vicoli
la
piazza
che
a miglior tempo
ti
furono amici.
Anche
la tua casa
giace
silente e vuota
negletti
i fiori
accanto
ai muri.
Guardi
fissa la chiesa
e
odi la voce
di
chi la preghiera
t’insegnò
a ripetere.
Vedi
tutti i ricordi
segnati
da croci
cerchi
ma non trovi
la
speme d’un dì.
IN SIMBIOSI CON L’UNIVERSO
È
solo mio questo improvviso aprirmi
e
rivedere in un attimo tutta la mia vita come in un film registrato
e
poi simultaneamente
allargare
le braccia all’universo che mi circonda
e
respirare a pieni polmoni
come
volessi trasportarlo in me
per
sentirmi parte di esso.
E
poi ancora rivedere con gli occhi della memoria
lontanissimo
come da un cannocchiale rovesciato
me
stesso bambino giocare in un cortile
e
paragonarlo alla luna
distante
anch’essa mille anni luce da me.
E
continuare a rivivere nei ricordi
la
spensieratezza della giovinezza
e
nello stesso istante
dirigere
lo sguardo verso l’azzurro del cielo
ammirare
spazi infiniti
nuvole
bianchissime come zucchero filato, mongolfiere in volo
Ridiscendere
poi negli anfratti della mia memoria
e
riscoprire la ragazza che ho baciato e amato
per
la prima volta,
e
confrontare la luce limpida dei suoi occhi
con
quella delle stelle
o
semplicemente della stella cometa.
Ricordare
infine i dolci versi
scritti
in tenerissima età
nella
mia prima poesia,
immaginando
di trovarmi
tra
fiorellini di campo di vario colore,
solleticati
dolcemente da un leggero venticello,
mentre
uccellini nel nido assieme alla loro madre
e
tanti piccoli animaletti festanti
tutti
insieme
cantano
la loro canzone alla primavera.
Capisco
proprio in questi dolci momenti
di
non essere solo
malgrado
il tempo che passa
malgrado
non abbia una compagna.
Intorno
a me
vedo
tutto un mondo magico
che
pullula d’amore.
C’è
tanta musica nell’aria che respiro
ed
ora finalmente anch’io posso sentirla
e
lasciarla entrare nel mio cuore.
Sono
in simbiosi con l’universo.
SOLITUDINE
UNIVERSALE
Uno
spaventoso silenzio
avvolge
tutto l’universo,
gli
uomini come marionette di pezza
si
susseguono nel tempo gli uni agli altri
e
non nascono che per morire definitivamente.
Quanta
gente nel corso dei secoli
mi
ha soltanto preceduto!
uomini
in carne e ossa proprio come me
col
mio stesso sangue
con
le mie stesse paure, le mie stesse speranze.
Hanno
vissuto in tempi diversi
e
per età differenti
ma
di loro non è rimasto più nulla!
Dov’è
l’uomo delle caverne?
e
gli antichi Egiziani con le loro piramidi?
e i
gloriosi Romani? e i pensatori Greci?
imperatori
e papi, uomini comuni ed eroi
tutti
scomparsi
nell’inesorabile
scorrere del tempo.
Vorrei
uccidermi subito
al
solo pensiero che anch’io farò la stessa fine,
è
strano come gli uomini
continuino
a vivere con impegno
pur
sapendo che dovranno morire,
anche
se vivessero per cento anni
sarebbe
sempre un soffio di fiato
rispetto
all’eternità.
Ma
poi mi consolo tra me
pensando
che la solitudine non è solo mia
ma
è presente in ogni angolo dello sconfinato universo
e
non esiste gioia più grande
del
sentirsi parte di questa immensità
pur
consapevole della propria piccolezza
e
piangere l’intima fragilità
in
un pianto accorato e senza speranza.
Così
mi nasce dentro un’emozione fortissima
che,
anche se nata dalla disperazione
è
pur sempre un’emozione
e
subito dopo rido, rido e ancora rido.
Ormai
più nulla ha valore per me.
Scopro
la dolce ebbrezza del non senso,
non
m’importa della seduzione della fede
né
del ragionamento della scienza.
Sono
totalmente felice
e
la mia gioia scaturisce dalla mia solitudine
che
ora riesco a proiettare nel cosmo
e
la solitudine dell’universo
è
la mia stessa solitudine
e
mi dà conforto
mi
rende grande.
TRISTEZZA
Tristezza
di cose perdute
di
voci, di grida, d’amore
è
struggente la pena che sento
come
una lama mi trafigge il cuore.
Addio
nidiata di bimbi!
è
tanto quel che mi rimane di voi
siete
riusciti a far sparire il dolore
per
sempre compagno di vita.
Sorridevo
felice all’innocenza
di
nascosto, nel silenzio, tra le ombre
in
segreto e in perfetta armonia
entravate
uno dopo l’altro in me.
M’illudo
di avervi vicino
vedo
i vostri corpi e li tocco, li sento
immagino
che siate con me
nel
pensiero più dolce ch’esista.
Ripiomba
di colpo ogni cosa
in
grembo all’eterno destino
i
vostri visi risplendono come dolci memorie
e
poi muoiono con un tremulo brillio.
SENSAZIONI
È
tutta avvolta nel mistero e nella meraviglia
questa
vita mia,
con
genuino e infantile stupore,
della
natura osservo ogni manifestazione
fino
ad esserne rapito.
Con
sensibilissima attenzione nel silenzio ascolto
le
voci, i suoni
anche
i più tenui,
delle
piccole cose intorno a me.
Affascinato
e curioso
percepisco
la suggestione, la religiosità, il mistero
nascosti
in esse.
Ai
miei occhi non appaiono
sempre
traducibili e afferrabili
ma
sciogliendosi in musica, in sospiro
mi
riempiono ugualmente l’animo d’immenso.
INFANZIA
LONTANA
Storia
d’una infanzia lontana
ricognizione
di un mondo
pietrificato
nei ricordi.
È
il canto della memoria
che
si eleva
è
profondo, sentito, cercato.
In
esso
si
rincorrono
gli
attimi che hanno lasciato una traccia.
Rivivono
anch’essi
insieme
alle cose, alle persone familiari
ai
sogni di più remote stagioni.
La
memoria mi appare così
come
immagine sovrapposta al presente
e i
suoi impulsi,
ritornando
dal passato,
s’intrecciano
sinfonicamente,
trovano
una finale armonia.
SULL’ORLO
DELL’ABISSO
Dimora
in me
un
continuo e sempre vivo bisogno d’innocenza
come
memoria limpida, essenziale
non
coperta da incrostazioni.
Tornano
nella mia mente
lontane
primavere, gigli appassiti
come
visioni taciturne e distanti
e
tra echi sepolti
in
un urlo senza voce
cadendo
vittima del segreto logorio della vita,
subisco
inerme la vecchiaia
come
qualcosa di ineluttabile
stagione
ultima, cupa e persino squallida
in
cui sopravvive solo la memoria.
Non
è tanto l’immagine della decadenza fisica
dell’inarrestabile
declino che mi colpisce,
quanto
la fugacità, la brevità del tempo
lo
spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,
anche
le immensità celesti
dove
ho cercato quasi un punto focale
della
mia esistenza.
Oggi
sono immerso nella follia più lucida,
il
mio mondo è l’irrazionale, sembra una maledizione o una profezia
il
mio pensiero si muove sempre sull’orlo dell’abisso.
Non
c’è più luce, non c’è chiarezza
nel
mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.
Mi
sgorga dentro un’impressione d’inerzia, di passività
che
traspare dalla contemplazione della natura,
ha
il gusto del tempo e delle sue rovine
perché
quest’ultimo, pur nella disperazione e nella malinconia,
è
il solo che mia dia una qualche trepidazione
un’incertezza,
una sorpresa.
IL
MIO IO COSMICO
Vedo
vivere e sfiorire intorno a me
inesorabilmente
le
persone, le cose, le stagioni
preda
d’un sentimento panico dell’universo.
Trovo
conforto abbandonandomi nella natura
per
dimenticare in essa la mia forma umana
accogliendo
nel sangue
il
brivido solare d’una vita pura.
Il
mio io cosmico pone la propria oggettività
per
poi tornare a se stesso
nel
perpetuo flusso della vita.
Mi
fondo nella natura
contemplando
il momento in cui l’amore
sarà
libero fuori dal corpo
per
farsi cielo.
Sublimo
l’anima con i sensi
ma
non interrompo il contatto fisico col mondo.
Forse
spero di trovare in fondo alla strada percorsa
il
silenzio e la solitudine dell’universo
anche
quando silenzio e solitudine
sembrano
chiudermi e annientarmi.
SFACELO
Gioco
artificiale e platonico di specchi
sempre
mutevoli
con
tante facce e tante luci,
non
trovo il filo interiore
quello
vero e profondo,
cado
così nel gioco delle invenzioni
delle
contraddizioni.
Una
totalità non trovata
che
rivela disagio, sofferenza.
Cerco
rifugio altrove
senza
sapere dove
ma
ciò che mi rimane di questa umana fatica
è
la coscienza di una prigionia
e
mi sento rinchiuso nel cerchio delle mie abitudini
che
si avvicendano in modo sterile.
Sogno
impossibili evasioni attraversato da sussulti e vertigini
invano
lotto per non essere travolto dal tempo
ma
l’amore mi appare perduto
tra
la cenere dell’esistenza.
Archivio
la memoria
come
un mondo ormai passato per sempre
fatto
di resti sospetti,
tracce
che tendono a scomparire nel tempo
come
carte antiche e indecifrabili
vere
e proprie reliquie.
Sopra
tutto questo sfacelo
aleggia
sovrano il sentimento del tempo
che
sfugge, che rovina, che travolge.
Non
mi rimane
che
una ragione stanca, ferita
al
limite della resistenza
ma
non vinta
che
cerca in fondo alla dolcezza,
nella
disperazione,
la
speranza d’una morte amica.
LA
LUCE DEL COSMO
Come
per magia
il
divino traluce
o
affiora nei margini del mistero sovrasensibile
e
la mia anima s’insinua
tra
sensazioni terrene e misteri dell’essere,
nelle
cose che l’occhio può scoprire mutate
in
una luce e un suono
insospettato,
nuovo, più profondo.
Sento
nascere in me
il
bisogno di illuminare con la luce del cosmo
le
cose infinitamente piccole.
La
mia anima così si fa largo
e
nello spazio che mi creo
c’è
il senso del tempo, del moto, del divenire,
e
insieme del mistero
che
avvolge il mondo delle mie sensazioni.
Entro
in contatto
con
tutto ciò che ignoro, intravedo, avverto
e
soltanto in quell’istante,
sia
pure con animo turbato,
riesco
a capirmi.
PRESENZA VIVA
Momenti
magici, favolosi
della
mia infanzia,
ricordi
evocati
da
attimi di malinconia,
visioni
incantate
della
mia terra natìa.
Naufrago
dolcemente
in
un’infanzia che è ormai
il
mito di se stessa,
e
del dolore che l’ha portata via.
Pur
tuttavia è suono, movimento
vita
che trascorre.
Non
la confronto con altri silenzi
con
gli arcani mondi dell’immaginato
dello
sperato, d’una irraggiungibile felicità.
Diventa
invece voce intima del ricordo
presenza
viva di qualcosa che passa
come
echi, rintocchi.
Immersa
nel tempo fluido
la
natura come per magia
penetra
nel tessuto della mia anima
e
si fa poesia
ne
scioglie i nodi, ne ispira i versi
è
pianto che rasserena.
L’ALBA
DELL’UOMO
Da
un chiarore lontano
spunta
l’alba
repentinamente
e
colora di luce il nuovo mondo.
Intorno,
piante
stecchite
animali
selvatici
grotte
e caverne buie.
Si
svegliano anche gruppi di scimmie
sono
nude come vermi della terra,
schiamazzano
litigano
si
riuniscono.
Qualcosa
sembra dire loro:
“Uniamoci
e
combattiamo insieme”,
una
battaglia che durerà nei secoli
sino
alla fine dell’universo
se
fine ci sarà.
MIA
EVA
Mia
Eva! Inizio della fine
sei
tu la prima donna
l’origine
delle mie perversioni
il
pretesto per la mia follia
la
madre dell’animale che è in me,
hai
creato il mio istinto che ormai è morboso
il
mio desiderio che è già sporcato.
Nel
paradiso terrestre, trascinato indietro di mille secoli
io
ti osservo nuda, allucinante visione,
misteriosa
e invitante. Giochi con le armi della seduzione.
Dammi
la mela ti prego, che aspetti?
voglio
mangiarla!
è
eccitante peccare
se
tu mi sei vicina, nel pericolo mi sento al sicuro.
Dimmi
dov’è il serpente, l’hai calpestato o no?
Voglio
essergli amico e non mi farò esorcizzare.
Non
mi importa di rimanere dannato per l’eternità
di
lavorare, sudare e morire
di
bruciare nelle fiamme dell’inferno,
l’importante
è averti accanto.
Sei
tu la causa del mio male
ma
lo stesso male è ambiguo
cambia
forma quando credo di conoscerlo.
Dal
giorno che mangiasti quella mela
ogni
uomo è sempre guidato
dalla
follia d’una donna.
LA RIGENERAZIONE
Albero
solitario
che
mi aspetti in un campo di grano,
io
ti vado incontro
e
ai tuoi rami
mi
appendo.
Ora
sono appeso ai tuoi rami
e
dondolo felice.
Tu
ed io siamo un solo essere
una
sola forma.
IL MIO FUNERALE
Come
quando ci si toglie un abito
così
avevo lasciato il mio corpo con i suoi pesi
ma
ero vivo in una dimensione di
immortalità e benessere.
Lento
veniva trasportato
un
corpo straccio
dentro
quella bara
avara
di ghirlande,
quel
corpo era il mio
sì,
ero io.
E
quel carro funebre
attraversava
le strette vie
che
portavano a quel piccolo cimitero di collina
dove
io fui sepolto
e
riposo di già.
Scialli
neri
vecchie
facce coperte da veli
silenziosa
processione,
dormiva
mio padre
piangeva
mia madre
quell’accompagnamento
era il mio
sì,
era il mio
ma
io non capivo, ero felice fuori dal tempo
al
di là dello spazio
e
dall’alto osservavo stupito
quello
strano spettacolo
sulla
mia morte.
COINCIDENZE
Seguo
una linea grandiosa
un’acutezza
di senso
capace
di rendere concreta
persino
la fantasia.
E
la visione
che
parte generata dalla mia anima
si
spande al di là degli orizzonti,
al
di sopra delle piccole cose domestiche
ed
è bellissimo
sentire
come il senso dell’infinito
coincida
fino a fondersi in uno stesso clima
con
le cose più piccole.
NULLA
È LONTANO
Grandezza
e malinconia interiore
e
povertà del mondo presente
ma
la trasposizione mia
muta
i termini del dissidio
ed
è il bisogno di sognare
che
rende grande l’opaco atomo terreno
illuminandolo
di altre verità.
La
fantasia ora avverte nel mondo
più
segreti e profondi significati
dà
immagine all’eco
si
spande in altri mondi
si
dissolve nell’immensità.
Ormai
nulla è lontano dal mio spirito.
IL
MARGINE SILENZIOSO DELLA MEMORIA
Nel
margine silenzioso della memoria
che
non è presente in me,
trovo
rivelazioni e scoperte
un
ricchissimo terreno umano.
La
poesia restituisce alla vita
i
nodi segreti
i
ricordi assopiti
le
reazioni più remote,
fa
conoscere una nuova dimensione del reale,
a
volte contro la ragione
a
volte in armonia con essa,
sempre
con libertà.
EGOISMO
SOLITARIO
Sono
il re
del
mio egoismo solitario
che
ha coscienza
soltanto
per esprimerla in privato
in
una totale esaltazione dei sensi.
Io
non cerco più
un
rapporto dialettico tra me e gli altri
e
la mia concezione estetizzante della realtà
diviene
dominio sulla folla,
forma
una solitudine privata
dove
il mio pene riaffiora docile tra le mie mani
fino
a divenire una strana sensualità
fuori
dai sensi
trasformata
in un processo di spiritualizzazione.
ALLA
DERIVA
È
grigio il clima del perenne essere.
Tutto
è caduto
le
speranze perdute, le preghiere vane
le
parole inutili, l’amore illuso
le
primavere sfiorite, gli ideali mortali.
Ma
non v’è più dramma in me
in
questo continuo appassire e morire
ma
completo abbandono.
Accetto
di andare alla deriva
lasciandomi
cullare dalla marea del tempo
in
cui tutto si dissolve
fino
a compiacermi del mio dolore.
È
dolce sentirsi vittima, indifeso, inascoltato.
Capire
che persino la vanità delle cose
diventa
pura armonia.
VERRÀ
POI LA MORTE
La
mia vita passerà molto presto
drammatica
e patetica
e
con essa anche la sua ricchezza
fatta
umana dalla fatica.
Il
tempo,
un
male che impoverisce la vita,
mi
toglie ogni energia vitale,
il
mio corpo senza speranza e senza salvezza
si
rivolta, si risparmia, geme
s’illude
ancora di strappare giorni, ore, minuti alla fine.
Ma
vi è un altro male
subdolo
e ancor più disperato:
quello
di essere completamente solo
nell’umana
comprensione di sé
costretto
a tacere e fingere,
a
rivedere il passato riflesso
nelle
lacrime degli occhi che piangono
in
un profondo bisogno di confidenze.
Triste
appare allora il volto della memoria
come
immobile silenzio che tende all’astrazione.
Verrà
poi la morte del corpo
il
distacco amaro.
LA
MIA SOLITUDINE
Schivo
mi stupisco di vivere
mi
sento staccato ed incompreso
da
tutti gli altri uomini.
Mi
aggrappo agli scarti della vita
tutto
il resto è inconsistente.
Non
mi aspetto comprensione
né
consolazione né tregua
consapevole
della mia solitudine.
Ho
scelto liberamente l’aridità e il deserto
e
osservo le cose della vita
prosciugate
e fisse
come
simboli magici in una luce rarefatta.
LO
STRAZIO D’ESISTERE
Urlo
di masse
voci,
passi, gesti
tra
pietà curiosa e fanatismo,
irrazionale
catena di incubi e fobie
ai
margini dell’ossessione.
La
personalità umana si lacera
il
senso dell’alienazione incombe
la
coscienza si smarrisce.
Spinto
da una sofferenza solitaria e indecifrabile,
contagiato
dalla multanime esistenza
affogo
lentamente nel caos
e
non ho scampo
se
non nella perfetta solitudine.
LA
MIA FOLLIA
L’infinita
miseria della vita
la
solitudine del mondo
la
caducità della fama che passa.
E
poi la morte delle persone care
l’incombente
paura delle malattie
il
continuo vagabondare senza pace dell’uomo
acuiscono
la mia sensibilità
ma
accrescono i sintomi della mia follia.
Cupe
ombre di pazzia
si
addensano minacciose su di me
travestite
da un’atmosfera di lucida estasi.
È
il dramma della mia ansia angosciante
la
disperazione di tutto il mio essere
forse
creato da Dio
ma
poi lasciato a se stesso
privo
d’identità, privo di vita
impossibilitato
di comunicare
di
capire e farsi capire.
LA
MIA MODESTA FORMA UMANA
Ormai
ridotto ad accettare la mia condizione
di
uomo consapevole del proprio destino,
sento
tristemente che la vita in me
invecchia
inesorabilmente
che
altri sentimenti, altre idee
mi
nascono nell’anima,
che
arte e vita procedono insieme,
e
la poesia della mia vita solitaria
diventa
essa stessa memoria.
Non
è più la storia d’un uomo
che
cerca l’illusoria grandezza dell’universo
ma
semplicemente la povertà di chi
insegue
soltanto la sua modesta forma umana.
Affido
alla mia scrittura,
unico
ed ultimo appiglio rimastomi,
la
speranza di trovare ancora
punti
luminosi sul mio cammino terreno
proiettandomi
fin quando mi sarà possibile
e
ne avrò ancora la forza,
nel
tempo e nell’universale,
solo
così la realtà della poesia
potrà
apparirmi più ricca di significato
di
quella della vita.
DESIDERIO
D’INFINITO
Un
sentimento dell’esistenza umanissimo
mi
scorre dentro,
la
mia spiritualità
è
attraversata da malesseri sublimati
da
torpori e da abbandoni,
trasalimenti
e sofferenze confessate,
si
distacca dalle cose terrene
diventa
consapevole della fugacità umana,
è
poesia per questo suo fluire
in
mezzo alla vita
non
ancora del tutto purificata
non
ancora donata a una fede.
Le
mie parole sono ultime gocce d’una vena
che
ha già dato ciò che poteva dare.
La
strada che porta alla bontà
mi
libera dall’ansia
restituendomi
un desiderio d’infinito.
LA
FAVOLA DI UNA PICCOLA LACRIMA
Da
una bimba e un pianto
nacque
lei
piena
di paure e ingenuità
chiara
e trasparente
dai
suoi occhi si affacciò
e
da quelle ciglia sottili
piano
piano scese giù.
Attraversò
quel viso
dai
lineamenti dolci
pulito
di bambina
e
per il mondo
sola
sola
s’incamminò.
Ma
era troppo ingenua
non
conosceva il male
e
la sua vita
era
già in pericolo.
E
passarono in fretta gli anni
e
anche le stagioni
venne
presto l’inverno
portando
con sé la pioggia.
Tante
grandi gocce
cadevano
giù dal cielo
tutte
insieme,
erano
prepotenti
si
spingevano tra loro
si
bisticciavano.
La
dolce lacrima ben presto
si
trovò sommersa
cercò
di ribellarsi
ma
era troppo buona
e
non aveva la forza.
Così
per non morire
pensò
di tornare
dentro
quegli occhi
dov’era
nata.
Sola
e stanca
cercò
quella bambina
la
cercò dovunque
e
la trovò alla fine.
Ma
era ormai cresciuta
non
era più bambina
il
suo viso era truccato
non
si ricordò di lei
e
la cacciò via con forza.
Così
la povera lacrima
restò
proprio sola
in
balìa di tutti
senza
alcuna difesa.
Vagava
per il mondo
ignorata
da chiunque
sembrava
invisibile
trasparente
proprio
come una lacrima.
E
venne il sole
e
con la sua luce
forte
forte
la
illuminò.
Ma
era ormai vecchia
allo
stremo delle forze
e
lentamente
si
sciolse da sola.
Finisce
così
la
sua insignificante vita,
la
sua insignificante storia
e
nel silenzio,
la
gocciolina
muore.
Così
è il mio destino
la
storia di quella piccola lacrima
è
uguale alla mia.
IL SILENZIO NEL SILENZIO
Erba
appena bagnata sulla livida terra,
odore
di pioggia da poco caduta
trasporta
nell’aria bollicine di sogni
in
questo autunno che scorre lento...
Silenti
alberi ammutoliti e spogliati
attendono
stanchi giovani foglie,
con
la nuova stagione arriveranno
in
questo autunno che respira lento...
Un
colore giallognolo suggestivo e irreale
avvolge
ogni cosa di magico incanto,
sfumature
di anime invocano il sole
in
questo autunno che sbadiglia lento...
Piante
e animali stanno dormendo,
la
natura è un fantasma che si aggira ramingo,
persino
le pietre chiudono gli occhi arrossati
in
questo autunno che dorme lento...
Non
si avvertono rumori, non si odono lamenti
non
c’è più linfa, è sottratta ogni energia
domina
il nulla immobile e statico
in
questo autunno che tace lento...
Una
coltre di nebbia come una nuvola
disegna
il paesaggio di malinconica assenza,
una
sottile tristezza scende sul cuore
in
questo autunno che muore lento...
E
in questo bosco solitario e sperduto
dove
anche il vento non ha la forza di soffiare,
io
perdo me stesso ed i miei pensieri
e
nel silenzio io rimango in silenzio.
NARRAMI L’ADDIO
Dimmi
del tuo verbo,
preziosa
fioritura
d’un
ramo di ciliegio,
slegando
il tuo pensiero
nel
soffio del maestrale.
Parlami
dell’onde,
in
gioielli di turchese,
che
il mare partorì
nel
ventre dell’aurora.
Suonami
il canto
che
desta il fiume di memorie,
aprendo
tra le rocce
profonde
feritoie.
Dell’erbe,
poi, donami il profumo
che
al mondo porta il suo risveglio,
dopo
fiocchi candidi di dolci nevicate
narrami
l’addio del freddo sonno.
FOGLIE
D’AUTUNNO SUL CUORE
Non
cede il passo alla morte
questo
silenzio di riflessi tenui
nel
meriggio,
un
dolce intreccio di piccole luci
che
divorano, tremule, ombre ovattate.
Forse
solo l’impercettibile suono
d’un
brusio lontano
che
giunge sfidando pensieri assopiti,
carezze
morbide, candide piume che vengon giù
come
foglie d’autunno sul cuore.
GIRASOLI
Sfidavano
austeri
azzurri
afosi,
lo
sguardo profuso d’incanti
nei
tramonti sterminati di terra,
l’onda
gialla di petali solari
come
una mano dalle lunghe dita.
Era
una culla ad arte plasmata
dalla
grande anima del vento,
e
quei giorni irradiati di speranze,
nel
calore biancastro dei desideri,
offuscavano
sovente i sensi
abbandonando
l’anima
ai
passi selvatici del vivere.
CHIOME
DI MANDORLI IN FIORE
Così
modellata in ambrato miele
venne
al mondo la resina bluastra del mattino,
protesa
al chiarore di poche nubi sfumate
tra
chiome di mandorli in fiore.
Primavera!
dissero, ma era solo
la
magia d’un antico risveglio,
l’intarsio
indolente di colline smeraldo,
l’eco
stordito dei passeri in volo.
E
nel lampo dei primi bagliori,
dipinta
in turchese fu l’onda del mare
nel
ricamo perenne di schiume d’avorio.
NEL
BAGLIORE D’UN TRAMONTO
Qui
ti vedo,
struggente
nube del mio cielo,
nel
riflesso di ricordi sulla pianura quieta,
nella
foschia che avvolge
le
colline addormentate di crepuscolo,
nel
silenzio che sospinge
la
mente oltre l’orizzonte:
io
ti vedo.
Ancora
non mia.
Ancora
uccello in volo,
vento
che passa e non resta.
Sfuggente
nube del mio cielo silenziosa e inerte
nel
bagliore d’un tramonto,
che
muore.
PROFUMO D’AUTUNNO
Calici
rubini,
foglie
arse
nel
morire dei passi in fondo al viale.
Oltre
cristalli di liquida pioggia
speranze
esili come fuscelli spogli,
le
dolci parole di stelle in delirio
per
il nuovo addio alla calda stagione.
Carezze
rideste di foschi cieli
languore
di nubi nel profumo d’autunno
e
le candide nebbie
che
avvolgono il ventre in orme dolenti.
Solo
ieri eravamo erba di primavera
oggi
soffio di gelido vento.
FUSI
NEL VERDE
Spiano,
tra le fronde,
pallidi
volti senz’arti,
così
stupiti di vedere,
fusi
nel verde come riflessi
d’uno
stesso smeraldo.
Due
cuori poi vennero,
mano
nella mano,
dal
ventre d’ogni pianta,
come
respiro di vita
linfa
dell’essere.
E
non fu solo amore
il
passo del cammino,
ma
molte altre storie
ancora
da narrare.
PASSI DI LUCE
Passi
di luce,
in
contrasto di cielo,
deformano
il tratto
lievemente
ambrato
della
carezza erbosa
tra
capelli leggeri.
Alcova
di fiabesche creature
forse
elfi assorti
in
dolci preghiere
o
sogni di nubi
che
spalancano piano
sguardi
radiosi
sul
nostro piccolo mondo.
IN
RELIGIOSO DELIRIO
Mi
porterai farfalle
sul
palmo della mano,
come
petali d’arcobaleno sconnessi.
Le
maschere del cuore,
in
religioso delirio,
resteranno
mute ad osservare
valanghe
di colori travolgere il mondo.
RIVE
LONTANE
Rive
lontane
che
placide attendete approdi
di
cuori smarriti,
nella
carezza di nebbie
osservo
il vostro sorriso languido
sfiorato
da voli eterei.
Tremulo
il volto del giorno
m’appare
incerto nella meta
da
questo vascello corroso
che
custodisce l’anima.
Voce
di quiete regna su queste terre,
al
di là dei mondi conosciuti,
qui
solo gli Erranti possono arrivare
per
abbandonarsi ad indicibili sogni
nella
placida culla d’acqua sciabordanti.
Ma,
ahimé, pochi giungono alle rive lontane,
a
sfiorare giunchiglie flessuose di vento,
poiché
i loro cuori, bramosi e impuri,
rimangono
impigliati nel velo di foschie.
Il
canto dell’oblio, poi,
giunge
inaspettato come soffio di gelo
a
costruire monumenti di cenere.
Dimore
di freddo marmo
assiepate
tra i boschi silenti
popolano
le solitudini umane,
meschine
creature,
presuntuose
e corrotte anime
che
sgretolano il loro essere
al
tocco del sole ardente.
Rive
lontane, aspettatemi!
con
fragili ali d’umanità
anch’io,
vi sto raggiungendo.
CANCELLI
Varchi
di nebbie dense
come
cancelli aperti
sui
giardini dell’inverno,
accarezzano
marmoree figure, antiche armature
che
sembrano prendere forma e riacquistare vita
lungo
sentieri traslucidi d’ombre.
Tra
il soffuso crepitio dei passi,
soffici
foglie danzano la fine
nel
profondo silenzio del nulla
come
un leggero vapore che scema la terra.
Fra
le dita del crepuscolo
aprirò
i miei cancelli.
O
cielo, fa' che questa notte mi sia sorella
affinché
possa spargere i miei bagliori
e
fonderli in stelle!
COME
UN CORVO
Una
goccia di sangue rubino,
rosso
che stinge nel blu,
s’oscura
eclissando i pensieri
negli
antri bui d’un qualche incubo recondito.
È
forse il presagio che incombe sull’anima
come
una mano che dipinge ghiacci,
è
l’odore acro d’ataviche tempeste
che
implacabile spazza aridi steli.
È
il sapore di lacrime mischiato ad uva acerba
nel
vortice d’un grido che frantuma il silenzio
come
un corvo che plana rapace
sui
rami avvizziti d’un gelido inverno.
AMBROSIA
Nettare
divino,
capriccio
di un dio pagano,
inzuppami
di cieli d’anima ed inebriami
in
questa notte in cui le stelle
suonano
violini di luce.
Geme
un angelo ai piedi di un muro infinito,
i
suoi occhi hanno veli di colori,
cerco
nelle sabbie e nei venti
qualcosa
che assomigli a verità,
ma
solo stracci di bugie nascono da albe stanche.
Ere
infinite sono trascorse in queste terre,
tombe
e muschi han ricoperto i prati,
i
fiori della notte sono sbocciati con petali d’incanto
liberando
lussuriosi profumi.
Nettare
che disseti,
versa
la tua essenza su questi mondi di uomini dormienti,
destali
da sonni eterni che accarezzano destini,
lascia
che la luce trafigga gli astri, che volino colombe,
che
remino barche verso la riva,
non
lasciarci in balia del buio, in città martoriate,
a
levare il canto d’una preghiera muta.
Io
cerco il tuo aroma nel calice di fiori di rugiada,
spargo
nenie al vento che mi travolge.
Sulla
strada del fiume vidi una donna ...
i
suoi occhi si posarono su me,
aveva
un mantello di dolcezze e il volto dell’amore.
Ombra
della mia ombra divenne il mio passo,
sangue
del mio sangue la sua vita terrena,
ma
ci divorò una bestia atroce.
Ora
sono tornato al calice dell’anima
a
bere questo nettare di illusione.
Lasciami
ai miei sogni, donami follia,
canto
con l’arpa in mano gesta di tempi che furono,
sull’orlo
della notte inseguo favole impazzite.
ALI
DI CERA
Carezze
di crepuscolo
pervase
di zagara
nel
gioco di tenui riflessi
han
spiegato ali di cera,
bianchissime
e candide
lingue
di pace
al
galoppo del vento.
Forse
eterei angeli
venuti
dal nulla
prodighi
di sogni
ed
ingenue purezze.
Forse
demoni arresi
alla
bellezza del cielo
stanchi
d’eresie infernali
o
semplici ricami di luce
intarsiati
d’ombre incombenti.
SUSSURRI MILLENARI
Segni
di civiltà lontane
perse
nella notte dei tempi,
la
terra riporta alla luce
vite
disperse nel cosmo.
Le
pietre mute testimoni,
raccontano
storie
a
chi ha orecchie magiche
per
ascoltare il suono del vento,
di
mille foglie che sussurrano instancabili
la
vita.
CHIAROSCURO
Entra
una luce obliqua,
di
sole dimenticato,
dalla
finestra del tempo
a
schiarire la scabra stanza.
Ombre
in controluce
mi
vengono incontro lievi,
come
foglie di un autunno senza fine,
volteggiano
nell’anima.
Presto
il tuo volto
delinea
contorni in chiaroscuro,
un
canto... un sussulto...
colma
siderali silenzi.
-
Ti prego ombra, danza con me! -
Vestimi
d’innocenza bambina,
quegli
echi di risa perdute
risuonano
ancora
come
carillons fatati.
Sono
petali di dolcezza
che
piovono su noi,
visioni
mai osate,
sogni
d’immensità,
delitti
di desideri abbandonati.
E
al fine, quando tutto cessa
e
il sogno si dilegua lesto
nella
notte silenziosa,
resta
sulla mia retina, impresso,
un
chiaroscuro dal tratto incerto,
come
se quella mano che disegnò
non
avesse fatto in tempo
a
trattenere l’attimo di luce.
L’AMORE
L’amore...
triste
fantasma dei miei ieri
sparge
ancora a tratti
leggeri
petali sul cuore.
Come
angelo ferito,
che
perde le sue piume in nevicate di dolore,
ricopre
i desideri di velati risvegli,
dolce
il suo tocco ferisce a sangue l’anima
travolgendo
i sogni in impossibili minuetti.
Arpeggi
dolcissimi di malinconie
inghirlandano
giorni d’autunno sfumati,
somigliano
a rose dischiuse sul sentiero di lievi respiri.
L’amore...
rondine
smarrita senza primavere,
archi
che disegnano ombre al tramonto,
oceano
ed onde
castelli
di smeraldo,
draghi
sconfitti da lance avvelenate... l’amore.
Eppure,
m’è parso, stamane
nel
riverbero d’un’alba rassegnata,
sentirlo
alitare ancora in liquidi ardori
sciogliendo
le sue chiome di fuoco ai miei passi.
ACACIE
STRIDENTI
Nell’aria
a frusciare
ibridi
sonagli dai vaghi colori,
protendono
il verso, leggiadro,
al
sentore del vento,
nel
fertile giugno delle chimere.
Sono
acacie stridenti di pudiche foglie
che
sfiorano magiche il velo del cuore.
LA
TRISTEZZA DEL REGNO DI AWEL
Del
breve passo d’un istante
si
nutrono le gioie terrene,
lampi
fugaci, temporali evanescenti
la
luce cangiante nel ventre della foresta
cela
eterni misteri,
solo
i liquidi occhi di una pioggia di novembre
possono
sfiorare ingenui
le
foglie smeraldine del Regno di Awel.
Il
re senza corona,
che
regge lo scettro degli Aracnidi,
non
sa che la sua regina è scivolata in una brezza d’oblio
e
canta sospirando l’antica nenia del ritorno.
Ma
la gioia
è
cosa assai più rapida d’un batter di ciglio,
mai
più i passi di colei che intrecciava margherite
accarezzeranno
il mattino con petali candidi,
nelle
nuvole è rimasto il suo alone,
nel
vento, il profumo triste del perduto amore.
GL’INQUIETI
FOLLETTI DEL CUORE
Nella
penombra avvolgente
d’un
pomeriggio d’estate,
un’esplosione
di luce colpisce
i
muri bianchi dell’anima
corrodendo
ogni pietra
sulla
strada polverosa di caligine.
Fasci
di luce, che sembrano lame,
entrano
nelle stanze sonnolente
ferendo
le persiane accostate
nell’attesa
di baci di luna.
E
nel pulviscolo indecente,
che
il sole svela denudando, danzano ora
gl’inquieti
folletti del cuore.
INCANTESIMI
Ho
udito voci stregate sulle soglie del buio
bisbigliare
incessanti nenie ancestrali.
Invadono
sentieri scoscesi,
riflessi
d’indaco sfumato,
tra
le foreste e i campi,
baciando
lapidi addormentate d’eterno.
Nell’abside
della luna, poche stelle,
ergono
cattedrali di smeraldo
sulle
rovine del giorno sconfitto,
mentre
una pioggia di piume d’angeli feriti
trafigge
l’oscurità di candida dolcezza.
Fili
d’erba a frusciare come arpe celtiche,
arcaici
suoni di mondi dimenticati,
risvegliano
indicibili malinconie
nella
danza del vento.
Sortilegi
di streghe nelle caverne del desiderio
stringono
in un abbraccio d’edera
le
nostre passioni,
avvinghiate
in un sudario febbrile.
I
nostri corpi trasformano ombre
in
coreografie di luminosi draghi.
Rose
carminie sbocciano ad ogni nostro respiro,
elfici
sussurri fremono tra le umide foglie dell’anima,
freschi
effluvi d’incensi muschiati si fondono
in
litanie di gufi nebbiosi
e
la tua mano scivola lieve tra le guglie del cuore
come
fumoso spettro etereo, imprendibile,
che
accarezzando sepolcri e rovine, subissando anatemi
spezza
segreti incantesimi e sigilli arcani.
FOSCHI
RESPIRI
Animami!
come
nella notte di plenilunio,
cadavere
obliquo sui miei fianchi di cera.
Straziami!
lungo
la pelle di graffi indossati
con
stellati artigli di liquide ombre.
Accecami!
con
occhi stregati intrisi di perle e pugnali,
suadente
pressione di foschi respiri.
Stregami!
con
dense parole rubate alle tenebre
intarsi
netti del cuore profondo.
Uccidimi!
nell’eco
rimbombante d’illusioni tragiche,
il
mio lento veleno
talamo
e sudario del tuo ventre oscuro.
Ora
sono pronto
a
far l’amore con la morte.
LONTANE
ORME
E
scenderò
lungo
le sponde acquatiche dell’origine,
figlio
di soli raggianti,
nella
fertile terra madre d’ogni vita.
E
lo farò con quelle mani tese
nel
gesto di avere briciole di tempo,
in
un sinuoso cammino d’albe antiche,
lontane
orme tra il Tigri e l’Eufrate.
MIA OMBRA
Il
pianto ha stuprato la città
e
tu vaghi indistinta con la mia anima,
ombra,
ti aspettavo, come sempre,
per
inseguire la tua lunga scia oscura,
riverbero
di nero, lacrima e lamento,
perduto
sogno sepolto negli abissi dell’infinito.
Ho
camminato per lunghe ere
con
la tua presenza al mio fianco,
compagna
di ore fameliche a divorare il nulla
e
adesso che il gelido vento,
tristemente,
scuote alberi e cuori,
scorgo
un bagliore incombente rischiarare il cielo,
un’alba
vicina che riscopre gli orrori del mondo,
delicatezze
violate,
tenui
respiri nel silenzio,
ho
ancora desiderio di te, mia ombra!
CANDELABRI
DI FOLLIA
Quella
notte il vento trascinò i respiri
fino
alle mura d’un’abbazia solenne
ombre
nella danza d’un crepuscolo di ghiaccio,
occhi
smarriti fra lagune silenti
e
l’anima tace come lapide in oblio,
nel
sussurro senza tempo
che
trafigge rosoni sventrati
un
mistico canto di rovi,
tremula
luce di candelabri di follia.
SULLA SCIA DELL’AURORA
Rosa
purpurea, gelido fiore
petalo
di cristallo, profumo di cera.
Gocce
di linfa tra le mani impotenti
carezze
sopite nell’attesa d’un bacio
che
schiuda corolle e riverberi antichi.
È
danza di luci, sculture d’ombre,
occhi
che seducono
nella
seta di notti struggenti.
Presenze
indefinite,
creature
d’altri mondi,
giungono
stupite nel cuore
tra
fumo e vapore,
tra
sogni e speranze.
Gemme
di fuoco attraversano il silenzio
regalando
una pioggia di miele e d’ambra,
geme
l’anima nel risveglio inatteso
scivolando
lenta sulla scia dell’aurora.
ATLANTIDE
NEL CIELO
Ma
chi ti sommerse negli oceani
se
tu risplendi tra le nubi dei giorni
coi
leggiadri giardini sospesi nel vento?
Genitrice
di splendide passioni,
perla
pagana tra spezie stregate
oro
che riluce nell’oscurità del tempo,
mito
nel mito, leggenda errante,
scomodo
sogno di chi ti volle continente perduto.
OMBRA
DELLA VITA
Silenzio,
spazio
circonciso,
elastico
fluttuare,
un
nulla dei sensi,
un
vuoto sadico,
un
respiro lento di notti insonni
e
giorni come vele perdute,
in
un mare stanco, ferito, livido,
mi
sorprendo ancora ombra della vita.
QUANDO
TU DORMI
Quando
tu dormi sdraiata al mio fianco, amor mio,
sei
il sogno che aleggia,
il
vapore sulfureo d’un mondo ignoto,
tu
sei scrigno di magie e misteri.
Ed
io che, come poeta, sbircio nel tuo respiro
rubando
il tesoro silenzioso di quel dolce sonno.
FIGLIA DEL VENTO
Lei
è nata sulle rive del Sindh
aveva
lunghi capelli neri,
sua
madre la lavò nel fiume
suo
padre le cantò una canzone tribale.
È
nata mentre arrivava l’inverno
le
capanne erano fredde,
crescendo
ha teso la mano, la sua voce voleva parlare
ma
la gente volgeva lo sguardo altrove.
Ha
camminato a piedi scalzi
e
ballato sotto la luce del sole
mentre
i violini sembravano piangere in musica,
e i
vecchi del campo narravano misteriose leggende.
L’hanno
vista fare l’amore sulla terra nuda
parlare
agli animali
sfogliare
i petali d’un fiore
giocare
prendendo per mano i bambini del campo.
Lei
leggeva il destino
vedeva
l’anima riflessa negli occhi
poi
in silenzio
riprendeva
il suo cammino.
È
una ROM figlia del vento
la
sua strada è lunga e faticosa
ma
è libera e felice di essere quel che è:
la
vita è andare verso dove non sai.
BAMBINO
SEMPRE
Mi
hai chiuso gli occhi
che
avevo avuto in dono
per
farne pianto
ai
confini dell’aurora.
S’è
fatta sera
senza
ch’io vedessi giorno
incatenato
al limbo
e
nudo di carezze.
Ti
ho reso il cuore
che
non ha mai ricevuto amore
sfogliando
petali
agli
angoli del sogno.
Non
più domani
per
noi che abbiamo ali
recise
in volo
verso
il paradiso.
Pensami
stella,
stanotte
veglierò in silenzio,
bambino
sempre
per
mano del destino.
L’ANGELO
NERO
L’angelo
nero è tornato
a
bussare alla mia porta.
È
entrato
senza
che me ne accorgessi.
Nel
silenzio assoluto
dei
suoi passi inesistenti,
mi
avvolge nel suo manto
fatto
di fumo e di tenebre.
Muta
creatura
della
notte più buia,
mi
hai preso
senza
che un lamento
venisse
fuori dalle mie labbra gelide,
bianche
come la cera.
Ora
sono anch’io una creatura della notte
una
sorta di vampiro
assetato
di vita, assuefatto di morte,
faccio
parte del tuo mondo allucinante.
Voglio
solo fuggire via, nell’oscurità,
spiegare
le mie ali di pipistrello
e
volare lontano
nella
notte che adesso sento d’amare.
Fuori
il fiume sta scorrendo,
dentro
il fuoco non si spegne
mai
un momento,
ed
io come ti sento, io ti sento!
E
tu, angelo nero,
ormai
vivi nell’oscurità della mia anima
come
una candela accesa
che
va spegnendosi lentamente
ma
che non si consuma.
BIMBA
Quella
notte,
avvolta
in una nuvola calda,
una
pallida luce nei tuoi occhi
sussurrava
mille parole,
nascondeva
mille segreti.
Ti
guardavo,
ascoltavo
il tuo respiro,
sentivo
i tuoi pensieri scivolare nel regno delle ombre.
Avrei
voluto seguirti anche lì
per
proteggerti nel sonno,
tenerti
per mano,
stringerti,
ascoltare
battere il tuo cuore.
Ma
sono rimasto immobile a guardare il tuo viso.
Angelo
che socchiudi gli occhi,
nell’istante
in cui abbassi le palpebre,
porta
nei tuoi sogni
il
mio ultimo sorriso per te.
Il
tuo viso
si
distendeva dolce come non mai
mentre
la mia mano scivolava leggera
donandoti
sulla guancia l’ultima carezza.
Dormi
bimba mia, ti sussurravo piano
per
non svegliarti,
e
vicino a te provavo a chiudere gli occhi anch’io
come
fossi di colpo tornato bambino nella culla,
e
insieme attendevamo la nuova alba
mentre
nel soffitto, anche quella notte,
brillavano
miriadi di stelle.
MIA
DOLCE REGINA
Non
avrai mai più il suo sorriso
immobile
è l’immagine nei tuoi occhi,
il
regista ha chiuso il sipario
straziante
fine di una lunga sofferenza.
Mia
dolce regina, di questo teatro
ascolta
gli applausi della platea,
il
sentito ringraziamento
per
un’esibizione mai stata così vera.
Ora
che sei più leggera dell’aria,
non
aver paura di volare,
perché
non potrai mai più cadere.
Lentamente
abbandoni te stessa
e,
in un istante lungo una vita,
rivedi
tutto ciò che è stato
e
che mai più sarà.
Invano
tengo stretta la tua mano
mentre
le lacrime mi solcano il viso,
tu
sei già in paradiso.
Sento
ogni giorno la tua mancanza,
ma
mi basta alzare gli occhi al cielo
e
guardare il sole,
ogni
suo raggio mi porta il tuo sorriso.
SILENZI
Suonano
rintocchi nella mia mente
fragili
oasi di rimembranze lontane
sentieri
e odori, ombre e querceti
divine
corse infantili.
Di
te tutto mi parla,
sei
come il vento
l’aria
il
dolce canto d’uno scricciolo,
e
dipingo la mia anima di ricordi,
il
mio pensiero cerca improbabili fughe.
L’eco
dei tuoi silenzi
annebbia
ogni attimo, ogni vuoto.
Dove
sei impalpabile luce
che
perenne mi perdo a cercar?
SULLE
ALI DELLA FANTASIA
Per
tutta la vita ti ho cercata
graziosa
adolescente io ti ho sognata
e
nel mio cuor già dipinti
v’erano
i tuoi quadri pieni di colori e fantasia.
E
un bel giorno di primavera
la
tua voce lontana l’ho sentita vicina
mia
dolce principessina,
finalmente
hai trovato il tuo amato principe.
Nel
tuo mondo fantastico sono entrato con te
rivivendo
le fiabe nei tuoi quadri dipinte
rifugiati
insieme come creature senza tempo.
Abbiamo
viaggiato nel cielo ricco di luci e colori
accarezzati
dal sole e cullati dal vento,
abbiamo
cavalcato vicini le ali della fantasia.
In
quel mondo bambino tutto brillava
ed
era trasparente, ed era luminoso
e
come nelle fiabe tutto era possibile.
QUANDO
I NOSTRI SOGNI DIVENTERANNO AMORE
Mi
lascerò trascinare dal vento
ascoltando
la dolce melodia dei gabbiani,
diventerò
leggero come una piuma
e
navigando tra oceani di nuvole, ti ricorderò.
Con
la punta delle dita sfiorerò le stelle,
e
mi nutrirò della loro luce,
danzando
tra magiche aurore.
Volerò
come un angelo immortale
e a
cavallo di una stella cometa,
giungerò
sino in fondo al tuo cuore.
Sfiorando
leggermente le nostre labbra,
ci
guarderemo ancora una volta,
ed
esalando il nostro ultimo respiro,
ci
baceremo all’infinito
trasformandoci
in polvere di stelle.
E
ci rivedremo in un’altra vita,
quando
saremo tutti e due sogni
o
quando i nostri sogni diventeranno amore.
OBLIO
DI SENTIMENTI
Fra
le tenebre di questo mondo
stolti
e scellerati ansimano
per
il dominio di se stessi
e
la soppressione degli altri.
Ma
in quest’oceano di maledetti,
magnifica
la natura
mi
ha concesso l’immensità dei tempi,
l’infinita
profondità degli spazi,
la
tua divina esistenza
che
sola mi aggrada e mi conforta
in
quest’oblio di sentimenti.
IL
RISVEGLIO
Tu
che sei nato in estate
quando
la terra è gravida
e
l’aria è satura di fragranze e sapori,
di
colori vivi e di luce accecante,
forse
non ami l’autunno.
Gli
uccelli migrano lontano
lasciando
la terra desolata
a
ricordare nel sopraggiunto silenzio
l’eco
delle loro grida nel cielo.
La
luce del sole è ormai timida nel comparire,
le
nuvole nella notte trasformano la luna piena
in
un riflesso opaco.
Ombre
scure hanno preso il posto delle case
ed
hanno contorni indefiniti e tremanti.
L’anima
del mondo si è incarnata altrove
e tu
ne erediti le spoglie.
Eppure,
se
riuscirai a soffermarti per un istante fra i rami spogli,
ad
ascoltare il vento che spazza via le foglie morte,
a
lasciarti accarezzare dalla pioggia sottile che rigenera i solchi,
ad
amare questa terra nuda e fredda
attraverso
le tenebre che l’avvolgono,
ti
accorgeresti di un respiro sommesso,
del
battito lieve di un cuore che sta riposando.
E
se saprai attendere paziente il risveglio,
allora,
avrai per te una terra vergine da fecondare
e
fiori e frutti riempiranno le tue mani,
e
nei tuoi occhi brillerà la luce
d’un
giorno senza tramonto.
E
udirai nuovi sussurri, nuove grida che avranno il tuo nome
e
stormi di uccelli che si libereranno per te soltanto
imbastendo
danze d’amore
sulle
note di una musica scritta per te
dalle
acque dei ruscelli.
Ed
il vento ti porterà in un viaggio senza fine
accarezzando
il tuo sorriso perché non svanisca,
il
sole penetrerà le tue membra
per
infondere calore e forza
e
sarai stordito di profumi inebrianti
che
rapiranno i tuoi sensi fino a confonderli.
Allora,
e
solo allora, mi incontrerai di nuovo
e
guardandomi, non mi riconoscerai.
IL TUO ANGELO BAMBINO
In
segreto,
un
amore ti dorme accanto,
muto
e invisibile,
ha
soltanto occhi per guardarti
e
mani che non possono stringerti.
Della
sua malinconia non ti accorgi
quando
lo guardi e non lo vedi,
quando
lo accarezzi e non lo senti.
Come
un fantasmino si aggira per la stanza
urla
a volte per destarti dal sonno ma invano
e
poi di nuovo tace
vinto
dalla tua indifferenza
più
solo e più piccolo di prima.
L’ABISSO
Ho
spiato l’abisso dell’anima mia
spalancando
gli occhi incredulo
a
quel buio senza fine, senza luce.
Ho
teso la mano
a
toccare il fondo
dove
frammenti vagano
in
cerca di pace.
Un
dolore profondo a fiotti
come
magma infuocato
travolge
ogni cosa.
Ferite
aperte
mai
rimarginate
ormai
senza più riposo
anelano
carezze.
I
miei occhi impotenti
ora
scrutano tutto il mio dolore,
nel
buio piangono lacrime
che
brillano di sole.
SPREMI
IL MIO SUCCO
Spremi
il mio succo ragazza!
spremi
tutta la vigna
e
beviamo sino ad esserne ebbri
che
anch’io sono pazzo di te
e
di nuovo ardo di febbre.
Spremine
ancora e ancora
e
riempi la coppa proibita
per
brindare sorella all’aurora
splendida
amante della vita.
ERA
UN GIOCO
Le
rincorse sui prati
quell’acchiapparci
per
finire lottando fra l’erba
...
era un gioco.
Era
un gioco
il
mio corpo sul tuo
e
trattenerti vinta per terra,
posarti
la testa sul seno
aspettando
che il respiro
tornasse
leggero
...
era un gioco.
Era
un gioco
la
prigionia contro i sassi
del
muretto tra i rovi,
il
tuo viso offerto nel sole
la
dolce schermaglia dei fianchi
...
era un gioco.
Ma
quel gesto in più,
la
mia incontrollata reazione,
la
follia che ci prese
e
che ci sconvolse la vita,
era
un gioco dal quale
non
abbiamo più fatto ritorno.
MEDUSA
Chioma
di Medusa
ha
i suoi tentacoli stesi sul letto.
Salice
piangente
sul
colle d’illusioni,
la
luce dell’alba l’accende
fonde
le fronde col cielo infuocato,
disegna
l’ombra e il profilo
amaro
e sommesso ... dolce e sottile ...
...
fiero e slanciato.
Occhi
penetranti come fari di luce,
inestinguibili
fonti di vita,
pozzi
profondi, impercepibile essenza
dolce
presagio di un amaro futuro
prova
incombente di vita e di morte.
ANIME
GITANE
Abitano
una terra di confine
piccole
Charlot in blue jeans,
crisalidi
incantate,
figlie
di Veneri avare e rinnegate.
Hanno
sguardi intensi e fuggevoli
e
corpi sprofondati nei maglioni,
a
proteggere anime gitane senza casa.
Vivono
il sogno sospeso
di
adolescenti cresciute
e
di donne mai trovate,
cercando
in un volto lo specchio
che
rifletta quella parte di esse perduta.
STELLA DEL
MATTINO
Bentornata
stella del mattino
ancora
dai miei occhi sgorga pianto:
che
giorno è questo in cui tu dormi ignara,
mentre
io già veglio sui miei fantasmi antichi?
Ti
sveglierà l’odore del bosco
e
il lento dischiudersi di altri baci.
Avrai
suoni e colori anche per oggi.
Io,
soltanto la tristezza.
ASCOLTA
Per
quel che vale anche tu ascolta
non
riesco a sbiadire il volto
disegnato
nella mappa della memoria,
contorno
scuro
chioma
di inchiostro e di seta.
La
tua voce rauca richiama
lacrime
come di rime sparse.
E
ti posseggo solo
con
parole che ripeto
magia
di nenia o canto,
voce
che si incunea
fra
i lacci della vita,
su
ciglia chiuse.
Dimmi:
sei una donna o una strega?
le
tue labbra dolce pretesto,
nei
tuoi occhi la magia:
una
bugia!
La
tua malizia mi accende
il
corpo mi rendi
e
l’anima vendi.
Io
ti seguirò
annientandomi,
fino
a frantumarmi nella tua follia.
PASSIONI
FRA DONNE
Danziamo
molto vicine
ma
non ci tocchiamo,
una
specie di intimità sessuale ben presto
ci
costringe a usare le mani.
La
notte è calata su noi
ma
la musica ci riempie di energia,
è
eccitante spingerti su me,
adoro
sentirti mia.
Bere
dalla tua bocca
ha
un significato purificante per la mia arte,
è
così inebriante il tuo odore,
sai
che hai la voce sensuale.
Sei
divina, così aggressivamente tenera,
farò
di tutto per raggiungerti in quella sfera magica
delle
nostre menti che non sanno spegnersi
nemmeno
quando il corpo sa di anima.
Perdonami
se non ho parole
per
dirti quanto ci tengo alla luce
che
vedo nei tuoi occhi,
siamo
in pochi
ad
averla ancora.
Stringimi,
baciami, mordimi, abbracciami!
Non
voglio restare sola
ora
che tu con un sorriso
cacci
via ogni malinconia.
Non
posso che cercare
di
fare del tutto per renderti mia
perché
sei splendida, splendida, splendida
così
come sei.
L’ANTIMATERIA
DEL CUORE
La
persistenza del cuore,
vorrei
che questa cenere
ti
desse il segno che tu non sai.
Ali
di farfalla nella notte,
il
viaggio senza fine,
il
tuo profondo desiderio della terra australe.
Siamo
noi il confine, l’antinomia,
il
duro esserci per inerzia.
La
materia opaca del corpo
per
desolare il desiderio,
solo
gli occhi con un cenno vanno oltre.
E
mi dicono gli insonni spiriti dei luoghi siderali
che
nelle lacrime di Orione c’è l’amore ignoto
come
quando sul pontile ti chiesi un bacio che mi desti
ma
te lo vidi poi chiudere in cassaforte
come
un gioiello di antenati.
Ma
sconosco la chiave
che
gira a vuoto per questo silenzio di galassie
sparse
nel cosmo vagabonde,
sento
che l’antimateria del cuore
è labile
cometa
visibile
nella sua traccia di contigua assenza.
PAGLIACCETTO
AZZURRO
Leggevo
tempo fa
le
tue poesie,
piccolo
arcobaleno ribelle,
scheggia
di sorriso
e
di follia,
fra
la stanchezza generale
che
invade la gente.
E
mentre sfogliavo le tue pagine,
ti
vedevo
pagliaccetto
azzurro
saltellare
fra la rugiada,
nei
fiori giocare,
coi
fili d’erba
burlati
dal sole,
amare
la notte,
e
poi morire
in
un’autostrada di parole.
Quanta
tenerezza mi susciti!
il
mio mondo alla tua età
era
così simile.
Vorrei
dirti pagliaccetto azzurro
non
smettere mai di sognare
ma
non sarebbe giusto, ti farei del male.
Siamo
rimasti entrambi su una giostra di colori
forse
non riusciremo mai ad imparare a vivere.
AL
DI LÀ DELLA SIEPE
Odore
di foglie di menta
bagnate
in una notte estiva
circondate
dalle lucciole
nel
giardino della mia infanzia.
Ascolto,
a
testa in giù come un acrobata,
l’eco
delle tue parole
incontrare
i miei pensieri,
sottile
momento di comunione
al
di là della siepe.
IL
MIO DELIRIO
Cosa
vedo,
dai
miei occhi trapela solo pensiero,
solo
erosione che non mi appartiene,
amore
che sfugge al mio delirio,
passione
che arde
nell’oscurità
dei miei giorni.
Vedo
potenti fiamme bruciare una casa
eppure
non è per me
il
chiarore che giunge alla mia vista,
devo
lasciare che bruci sola
senza
poterla salvare,
però
dentro di me un vortice di sensazioni
scuote
la mia mente.
Il
mio corpo vibra in una danza impazzita,
si
agita,
è
rovente,
vuole
amore,
ma
dove cerco, non trovo nulla,
solo
gelido inverno.
Mi
trapassa,
mi
gira intorno,
mi
lascia ferite sul corpo,
mi
dà dolore.
Ora
un fuoco riscalda la mia pelle,
toglie
l’antica solitudine,
eccita
i miei sensi,
dà
pienezza alla mia anima
e
mi libera da lei.
MAGICA
NOTTE
Mi
giungi nell’anima, magica notte!
che
hai ridato il sorriso al mio volto,
uno
sguardo ai miei occhi.
Ho
incontrato i tuoi, unici
perfette
lagune di sogni
e
tutto il mio corpo vibra
attendendo
di immergersi ancora in essi.
E
respirare la tua aria
assaporare
la tua vita
sarebbe
il sogno a cui la mia anima
vorrebbe
aggrapparsi
per
far divenire tutto
calda
estasi.
Tu
magica nella tua perfezione di donna,
nelle
tue dolci labbra
sulle
quali vorrei morire
lasciando
i miei sensi in delirio.
Tu
o notte,
ipnotica
visione
che
non voglio dimenticare
lasciami
il tuo ricordo,
un
tuo momento.
Tenderò
le braccia a te
anima
che delicatamente ti scopri a me.
Ti
toccherò con la mia,
ti
avvolgerò con il mio amore,
ti
darò pressante passione,
ti
offrirò tutto me stesso,
il
mio delirio per te.
AQUILA
DALLE GRANDI ALI
Salti
per il mondo
e
in cima in un attimo ti ritrovi,
da
quell’altezza sei tu la padrona,
niente
potrà più fermarti.
Aquila
dalle grandi ali
ti
stagli di profilo,
i
tuoi occhi
puntano
la preda.
Cosa
ricordi di te stessa?
forse
il fiore che ti generò,
il
respiro del fuoco,
l’aria
aperta.
A
chi somiglia?
della
natura sei complice
bocca
bellissima.
Non
avrò timori,
il
sentiero è dritto
e
la ghiaia bianca.
L’erba
che raccoglierai
sul
ciglio ti basterà
e
gli anni futuri
ti
vedranno fiera
in
cima alla montagna.
Ed
io saprò dove cercarti:
nel
tuo nido.
ESTASI
LUNARE
Vedo
l’inviolabile notte implorare,
mi
muoverò lentamente in un arido silenzio
come
un gatto protetto dalla sua torpidezza,
cullerò
un’infinità di rumori e di fumo
e a
stento la notte ritroverà la sua pace.
Vedo
un lucente angelo esanime,
infido
torcerò gemme colorate
e
vagherò nudo, tedioso e inerte
tra
i docili fremiti degli antri di donna
e a
stento l’angelo ritroverà la sua forza.
Vedo
un’incantevole regina piangere,
rifiorirò
tra le grinfie dell’amore e della vita
nel
perduto e meraviglioso oblio rosso
sussurrando
poesie tra le spire d’una stella
e a
stento la regina ritroverà il suo sorriso.
Vedo
una bambina perdere la sua infanzia,
insidierò
ancora l’umidità delle tentazioni,
eviterò
l’abbaglio dei cristalli
cancellando
anche il sapore della nebbia
e a
stento la bambina ritroverà il suo gioco.
Ma
nel solenne splendore delle mie visioni
della
notte, dell’angelo, della regina
e
persino dell’innocente bambina,
attenuerò
il lacerante taglio dei ricordi
e
danzerò nell’estasi lunare.
ADOLESCENTE
LUNA
Erano
brevi attimi di buio
interrotti
da labbra di neve,
addolciti
da profumi d’incenso
e
deliziose manie.
Era
l’estate appagante
nella
sua rossa solitudine
assordante
di rumori al sapore di grano.
Ti
adoravo mia adolescente luna,
disegnandoti
sul mio diario segreto
illuminavi
i miei giorni confusi, le notturne paure,
e
le memorie ancora acerbe prendevano forza
in
una danza eclettica di ondeggianti stelle.
Eri
mia, lunghi fianchi sinuosi
distesi
su letti d’argento,
e
lì riappariva il mare nella sua immensa distesa.
Oggi
che i miei giorni si consumano di vecchiaia,
sei
ancora mia
attraverso
rughe di arrugginite memorie.
CREATURE SAFFICHE
Svelatemi
o
Numi del cielo
o
amabile Venere
o
chiunque abbia creato l’Eros,
svelatemi
vi scongiuro
l’arcano
mistero di costoro:
son
giovanissime dee puttane
e
dolci figlie di Saffo?
Ninfette
in amore,
amabili
creature saffiche
con
i loro giovani corpi nudi
attorcigliati
e avvinghiati uno sull’altro
fino
a formarne un solo.
Anima
nell’anima
respiro
nel respiro
fiamme
di paradiso.
Acerbi
potentissimi sensi
scambiatevi
lancinanti effusioni,
esplodete
di malizia e innocenza.
Brividi,
sussulti e fremiti
son
lugubri rintocchi di messa funebre,
orgasmi,
orgasmi e orgasmi
rosari
sussurrati nel silenzio della chiesa.
Grazie
potente Zeus
grazie
divinità tutte dell’Olimpo
per
avermi donato occhi
che
possono ammirare
così
celestiale visione.
Perdonami
Dio della bontà e della purezza
ma
io non so rinunciare
alla
tentazione di quei corpi.
CHE
BELLA SEI
Scorre
la pioggia su di noi,
che
bella sei!
sembri
un cucciolo
infreddolito,
stretto nelle tue spalle.
È
bello il rumore
dell’acqua
sull’asfalto tra pozzanghere di specchi
e
aghi di pioggia che cadono giù.
È
dolce sentire
il
tuo corpo umido
contro
il mio, bere dalle tue labbra.
Vedere
i tuoi capelli gocciolare
arruffati
selvaggiamente
stupendi
nel loro disordine.
Che
bella sei!
troppo
bella per essere tangibile,
per
essere mia.
Sento
che sei parte di un sogno
ed
ho paura di svegliarmi,
vorrei
morire dormendo
con
te al mio fianco.
IL
RESPIRO LENTO DELLA FINE
E
odo soltanto
l’impercettibile
canto delle farfalle
quelle
ebbre di vita nel loro ultimo giorno.
Il
respiro lento della fine
ancor
più mi strazia le carni,
mi
indica il sentiero.
Una
spirale di nebbia mi avvolge,
i
rovi fermano i miei passi,
in
lontananza un pallido sole
allunga
le ombre dei cipressi
che
come antichi guardiani scandiscono il mio tempo
con
le loro lance sugli scudi di bronzo.
L’EFEBO
NELL’ANTICA GRECIA
Che
splendor mio grazioso giovinetto
quasi
femmineo puro tutto ben curato
sii
pronto su è giunta l’ora
d’esser
da viril uom sodomizzato.
Oh
si è bello è natural
e
l’accoppiamento sai è gran giusta cosa
eroe
e signor diman anche tu sarai
assai
degno di fedele sposa.
Che
aperte menti pensatrici
avean
quei greci valorosi!
oggi
mamma mia che tabù sarebbe
s’aprirebber
celle per ricchi e per morosi.
Come
corri in fretta pazza civiltà
c’è
internét altro che lontan caverne
siam
del progresso già tutti robots
e
al natural piacer addio senza più goderne.
Così
Sant’Uomini col mal dentro Sé stessi
san
trovarlo ovunque persin dove non sta
e
ciò che con durezza sono pronti a condannar
in
segreto è praticato in Lor Sacra Autorità.
IO
L’HO VISTA
Io
l’ho vista
quand’ero
ancora adolescente e mi sentivo solo
in
un freddo pomeriggio d’inverno,
nel
silenzio,
in
quella grotta buia coperta da fronde.
L’ho
vista
nella
sua nudità d’angelo
librarsi
in volo con le sue ali dorate,
mi
ha parlato
con
la sua voce dolce e suadente.
L’ho
vista, lo giuro!
anche
se nessuno mi vuol credere,
mi
ha detto di non svelare il suo segreto
che
da allora è anche il mio.
Nella
notte delle stelle cadenti
sono
tornato nel punto dove mi è apparsa
ma
non ho veduto più nulla
silenzio
assoluto anche del vento,
ma
una luce brillante si è accesa
subito
dopo che sono andato via.
Da
allora la Madonna non ha mai smesso
di
comunicare con me proteggendomi e guidandomi.
IL
CLOWN
Se
in questa vita proprio devo fingere
voglio
essere un clown
un
trasformista multicolore
che
diverte il mondo scherzando di sé.
Voglio
essere l’arcano numero zero,
l’amico
dei bambini,
il
nano di corte, il giullare, il folletto.
Voglio
essere il folle saltimbanco
che
entra in scena,
che
rompe gli schemi,
che
fa ridere i cuori,
che
sa indossare sulla guancia dipinta
una
lacrima vera camuffata per finta.
Sarò
triste come Pierrot
o
forse allegro come Arlecchino,
non
so neanch’io quello che diventerò.
LETTERA
AD UN AMORE LONTANO
Messina 16-12-1989
È
quasi Natale ormai ma non è più festa per me,
ogni
giorno è uguale all’altro.
Io
lo so che in paradiso
non
si può vivere per sempre,
ma
nei tuoi occhi l’infinito
libera
la mia mente,
se
potessi io ti raggiungerei dovunque.
Sei
tu
che
mi fai sognare, ridere, impazzire.
Sei
tu
che
mi dai il coraggio di ricominciare.
Con
te
ci
sarà ancora tutto da scoprire
ed
io so già
che
la mia vita cambierà colore.
Ma
tutto ormai appartiene al passato
e
sembra non avere futuro.
Oggi
cammino da solo per le strade ricche di addobbi natalizi
straniero
anche per me stesso con la sola compagnia di lacrime che sanno di sale,
non
so dove vado né se sto vivendo.
Mi
sono guardato riflesso allo specchio
la
barba lunga, i capelli arruffati
io
sono cambiato sai
ma
si è abbruttito pure il tempo, non si vede più il sole.
Quando
l’aria si trasforma all’improvviso
e
la tramontana sale,
è
il mio cuore che mi chiede dove sei
e
proprio in quei momenti tristi,
mi
rendo conto che lunghe distanze
ormai
mi separano da te.
Una
sottile crescente malinconia
allora
mi prende sempre più
e
sembra che mi arrivi da lontano il calore della tua pelle,
mi
par di sentire il suono della tua voce,
il
ritmo regolare dei tuoi respiri sul mio petto.
E
mi lascio andare così
alla
dolce melodia di questi pensieri
e
dentro di me fra mille paure
conservo
ancora il tuo fuoco.
Giuliana,
io darei qualunque cosa per rivederti un solo istante,
mi
chiedo se è lo stesso anche per te.
Con amore, tuo Claudio
SOLO
NEL CIMITERO DEI VIVENTI
Solo,
insieme
a mitiche creature,
mi
cullo su un filo di ragnatela.
Navigo
nel mondo
su
di una zattera fatta di sogni,
le
mie vele idee immorali,
i
miei remi i miei peccati.
Solo,
con
arti di plastica
che
sfiorano il mio corpo,
lo
scuotono in convulsi balli tribali,
in
un vortice nero perdo me stesso
per
ritrovarmi vuoto
senz’anima.
Solo,
sotto
la pallida luce
di
una sterile luna invernale,
vago
per il cimitero dei viventi
che
chiamo casa.
Solo,
attraverso
la linea di confine,
unico
superstite di un’era di scintille e ferro,
passo
al di là dello specchio.
Le
mie orme si confondono con quelle del mio clone
nell’arido
deserto dell’Ade.
ACROBATI
Emozioni
sul trapezio della vita,
equilibri
instabili di cuori in bilico,
questo
è il nostro destino,
essere
acrobati
rappresentare
ogni giorno noi stessi
ora
guitti, ora attori dai mille volti,
capaci
sempre di carpire l’ultimo applauso,
sempre
pronti a giocare con il fato.
Nella
notte offriremo lo spettacolo più bello,
saliremo
sul ciglio della luna,
saremo
giocolieri delle stelle,
cammineremo
in punta di piedi nei sogni dei bambini
e
strapperemo loro lo stupore più innocente,
salteremo
di cuore in cuore.
Questa
è la nostra forza,
questa
è la nostra scelta:
essere
equilibristi di noi stessi.
I
SEGRETI DELLA LUNA
Per
ore lunghe e lievi
ho
scrutato i segreti della luna,
e
senza accorgermi,
una
notte dietro l’altra,
ho
cercato una forma di vita
sul
suo pallido volto
per
colmare questo purpureo calice
ancor
vuoto.
È
vero,
eterni
sentimenti ci uniscono,
e
come lupo in fuga,
orfano
d’eteree rimembranze,
tendo
le mani e la ricerca
nel
mezzo dei suoi argentei fili,
chioma
di madre celeste.
Non
sogni o fatue visioni,
non
amori o delitti,
non
tormento o quiete
a
cui abbandonarsi
finché
lei resta lassù
con
il capo chino
sulle
mie mani aperte.