“Il boiaro”, ideato già nel
1986, è il primo romanzo di Carlo Silvano e, come spiega l’autore,
la sua prima edizione risale al 1989; quella di cui trattiamo ora è
la sua riedizione del 2012, appositamente rivista e corretta.
Leggendo la prefazione realizzata da
Massimo Valli, si scopre come il romanzo non sia storico e mai sia
stato concepito come tale, cosa che è l’autore stesso a
dichiarare, ma che si percepisce comunque gradualmente con la
lettura.
La vicenda è ambientata nei primi mesi
della Rivoluzione russa e comincia con un’immagine chiara: Ivan
Vasil’evic, un ex-padrone di una fattoria, che, arrangiatosi a
vivere in tutt’altra maniera da come era abituato, sotto la falsa
identità di un comune popolano, sta tornando verso casa solo, nel
buio e nel gelo, con un po’ di provviste. Ad aspettarlo sa di
trovare la sorella Anastasia e la cameriera Nina, tuttavia giunto nei
pressi del rifugio, vede delinearsi un tragico scenario. Si trova
davanti all’uscio di casa i suoi nemici, i bolscevichi,
sterminatori della classe dominatrice oramai scomparsa, cui Ivan
apparteneva. Nel gelo della notte e del suo cuore, nascosto per il
momento agli occhi dei comunisti, nella consapevolezza che quella
banda ha probabilmente ucciso la sorella Anastasia e la cameriera
Nina, è incapace di reagire e sente di aver perduto ogni motivo per
vivere; pensando anche e sempre più al suicidio, finisce per
accasciarsi a terra e, forse complice la paura, non riesce ad
addormentarsi. Ecco allora che cominciano a venirgli alla mente i
ricordi di una vita che sembra lontanissima, quando era un boiaro, un
padrone.
Partendo dalle descrizioni della vita
di Ivan e di quella di Anastasia, l’autore riesce efficacemente ad
introdurre chi legge all’epoca storica trattata e ai suoi luoghi,
coi colori e i profumi. La fattoria di Ivan, la città con i palazzi
dei ricchi, la casa di Anastasia e quella di Zukov. Il contrasto tra
la natura e la solitudine amate da Ivan ed i rumori e la folla
cittadina preferiti da Anastasia.
A poco a poco si avvicinano i giorni
della Rivoluzione, parola che sembra quasi comica e lontana agli
inizi, ma che diventerà sempre più reale e drammatica, come Ivan
stesso sperimenterà sulla sua pelle, prima col rischio di morire al
momento dell’occupazione della sua fattoria da parte dei contadini
suoi schiavi, poi con la morte stessa dei suoi cari per mano dei
comunisti.
E poi la fuga, il viaggio, la città in
preda all’anarchia, le battaglie tra bolscevichi e zaristi, l’ansia
per la sorte della sorella, e il ricongiungimento, fino alla sua
drammatica fine.
E’ la tragedia umana il filone
comune, l’intreccio delle storie dei vari personaggi che Ivan
incontra, la mancanza di pietà da parte di tutti, l’imbestiamento
delle persone, egoiste, approfittatrici, non più umane, o forse ora
veramente tali perché libere da ogni regola e coercizione che prima
le tratteneva facendole restare civili. Un imbruttimento interiore
che va certamente oltre la stretta necessità di sopravvivenza, ma
sinonimo di rabbia, di una rabbia e di una cattiveria represse.
Un racconto dove c’è tutto, dalla
Storia che progredisce senza tanto degnarsi delle conseguenze sui
singoli, fino agli affetti e alle emozioni umane, e poi le
distruzioni, gli sconvolgimenti sociali, il sangue, arrivando alla
sfida mortale tra l’ideologia comunista nuova arrivata, (ma in
fondo vecchia di secoli e covata per tempo immemore dalle élite
occulte e intellettuali), e gli ideali sacri della Patria, dello Zar,
di Dio, il vecchio mondo che veniva fatto scomparire in un bagno di
sangue consacrando nuove fondamenta che erano però già marcite
prima di essere interrate. Contrapposizioni che l’autore mette in
rilievo senza schierarsi né demonizzare l’uno più dell’altro,
rimanendo imparziale e raccontando sia la tragedia di chi è nato
schiavo ed è morto schiavo, sfruttato e senza alcun valore, come una
merce, sia di chi aveva tutto e ha perduto ogni diritto, primo fra
tutti quello alla vita, vittima di massacri già visti poco meno di
130 anni prima in Francia.
In mezzo alla tragedia l’autore
riesce a rendere la storia persino gradevole, con descrizioni e
sensazioni in cui l’animo s'immerge.
Non sbaglia Massimo Valli quando nella
prefazione scrive che sembra di vivere un sogno. È
proprio così: i ritmi, le emozioni, sembra di vedere e sentire
tutto, immergendosi completamente nel romanzo, nella drammatica
storia che Silvano ci racconta.
Si percepisce inoltre che in questo
romanzo ci sia dell’altro, che esso abbia un significato
particolare per chi l’ha scritto, fattore, questo, che lo
impreziosisce ancora di più.
“Il boiaro” è un libro che
non può mancare assolutamente di essere letto. Lascia nel lettore la
speranza che le pagine non finiscano, che la storia continui ancora
un po’, come a rimandare quel momento irrimediabile della fine; e
il finale lo lasciamo, dunque, a chi vorrà apprezzare quest’opera.
(Sebastiano Parisi)
Carlo Silvano, “Il boiaro”, ed. del
noce 2012, pp. 126, euro dieci, isbn 978 88 87555 92 9
Carlo Silvano (Cercola 1966) è
iscritto all’Associazione trevisani nel mondo, è fondatore
dell’Associazione antiusura e antiestorsione “Arpa” e
presidente dell’Associazione “Nizza italiana”.
Silvano vive a Villorba e si occupa di
varie tematiche: dal carcere ai fenomeni migratori, al mobbing e
all'usura; ha pubblicato diversi libri sui temi affrontati, come, ad
esempio, “Cristiani e musulmani. Costruire il dialogo partendo
dai fatti di borgo Venezia e Treviso”, Edizioni del noce, 2003;
“Liberi reclusi. Storie di minori detenuti”, Edizioni del
noce, 2011; “Un lavoratore di troppo. Storie di mobbing nella
Marca trevigiana”, in collaborazione con l’avv. Agostino La
Rana e pubblicato da Ogm editore, 2008.
Come però suggerisce il nome
dell’associazione da lui presieduta, Carlo Silvano si occupa anche
della preservazione e difesa dell’italianità nelle regioni
italiane per storia, geografia, cultura, etnia e lingua, che pur non
incluse nei confini dello Stato, sono parte integrante della nazione
italiana (concetto ben diverso dall’entità statale chiusa nei suoi
confini); parliamo in particolar modo di Nizza e della sua Contea, ma
anche della Corsica, del Ticino e del Grigioni italiano, dell’Istria,
del Quarnaro, della Dalmazia e di Malta, e questo suo impegno l’ha
portato a realizzare un libro specifico sulla questione intitolato
“Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni”,
Edizioni del Noce 2012.
(scheda a cura di Sebastiano Parisi)