domenico riccio


cittadino dello antico et populare Stato di Lucca

Le foibe e l'esodo forzato (di Domenico Riccio)

Grazie all’amico Orlando Sabatti che me lo ha prestato, ho letto con grande interesse l’ampio volume (720 pagine) di Padre Flaminio Rocchi “L’esodo dei 350 mila giuliani, fiumani e dalmati”.
E’ un libro che dovrebbero leggere tutti, indispensabile per capire la tragedia delle foibe e dell’esodo forzato di quegli italiani. Le pagine, molto chiare e incisive, non trasudano odio, ma sono pregne di verità, di forti verità che scuotono, che incidono un segno profondo nella coscienza e nella memoria.
Nell’introduzione alla quarta edizione del volume (Associazione Nazionale “Difesa Adriatica” editrice, Roma 1998), si legge tra l’altro: “Il Partito Comunista Italiano ha coperto con menzogne politiche questa tragedia”… “Nella storia scritta dai vincitori – Luciano Violante, 1996 – una particolare condiscendenza fu usata per Tito. Le foibe furono un genocidio, ma dovevano scomparire”… “Le foibe sono eccidi di indicibile ferocia – Giovanni Pellegrino, senatore Pds, 1997. - Non possiamo dividerci tra destra e sinistra. Con la verità bisogna fare i conti sempre”… “Non c’è differenza fra gli stermini nazisti e quelli comunisti – Leo Valiani, fiumano antifascista e senatore a vita, 1996. – I comunisti italiani hanno taciuto sulle foibe perché i responsabili infoibatori erano comunisti”… “Chiedo perdono a questi morti – Francesco Cossiga, in ginocchio sulla foiba di Basovizza, 1991 – perché sono stati dimenticati dai vivi”.
Sono 12 mila gli italiani morti fra atroci sofferenze nelle foibe. 350 mila (il 90% del totale) gli italiani istriani, fiumani e dalmati costretti a fuggire per salvare la vita. 50 mila i bambini. L’esodo comincia verso la fine del 1943 e raggiunge il massimo tra il 1947 e il 1948. A Venezia i primi profughi vengono accolti dai comunisti con fischi e sputi. In Italia vengono allestiti 109 campi di raccolta. Hanno perso tutto. Cominciano da zero a rifarsi una vita. E vengono dimenticati.
E nel 2004, dopo le timide aperture del decennio precedente e grazie alla forte insistenza degli uomini di AN, l’omertà cattocomunista è finalmente battuta. Il parlamento, infatti, approva la legge 92 del 30 marzo 2004 “Istituzione del Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano – dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. Lo scopo della legge è quello “di conservare e rinnovare la memoria (art. 1)”, prevedendo “iniziative (art. 2) per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole”, favorendo “la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti” e stabilendo che “il Giorno del ricordo (art. 3) è considerato solennità civile”.
Pochi mesi dopo viene realizzato un film, il primo film che si occupa delle foibe. “Il cuore nel pozzo”, questo il titolo, è prodotto per Raifiction da Angelo Rizzoli e diretto da Alberto Negrin su testo di Massimo e Simone De Rita con la consulenza storica di Giuseppe Sabbatucci.
Leo Gullotta è don Bruno, un prete coraggioso che cerca di salvare dalle foibe un gruppo di bambini. Ma quando monta sul palco del congresso di Rifondazione Comunista, l’attore viene coperto di fischi e insultato dalla platea con l’appellativo di “venduto”. Non si fa intimidire, Gullotta, e risponde: “Chi è venduto e perché? Io sono limpido e onesto: la fiction ha fatto sapere a dodici milioni di italiani che cosa sono state le foibe”.
Il film va in onda in occasione della prima Giornata della Memoria per le vittime delle foibe. Alle proteste di una parte della sinistra risponde Negrin: “Per un regista come me, uno che racconta solo storie destinate a far riflettere ed emozionare, non ci sono riserve né condizionamenti, ma solo il dovere di raccontare una tragedia dimenticata”. E Maurizio Gasparri, ministro delle comunicazioni, aggiunge: “Dobbiamo estrarre da un abisso di menzogne una verità nascosta dall’imposizione di un pregiudizio culturale”.
La mattina del 10 febbraio 2005 anche il Comune di Lucca celebra ufficialmente la prima Giornata della Memoria con l’intitolazione di una via ai “Martiri delle foibe”. Alla presenza del prefetto e di molte autorità cittadine e soprattutto dei pochi profughi ancora in vita tra quelli che si sono rifatti una vita nella nostra città, è toccato a me, nella veste di vicesindaco della città, il privilegio di scoprire l’indicazione della nuova strada e tenere un breve discorso per ricordare la tragedia subita da quei nostri connazionali e tenuta colpevolmente nel dimenticatoio per sessant’anni.
Categoria: Attualità
mercoledì, 20 dic 2006 Ore. 14.14
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