G(ioco) – Lui aveva appena otto anni, e gli piaceva tagliare la coda alle lucertole o giocare a biglie davanti a casa.Poco più in là stavano sistemando il cortile del vecchio Bidulìn e i muratori lasciavano fuori mucchi di sabbia che poi mescolavano al cemento. Arrivava Sante a chiamare Fabio, e in due rubavano abbastanza sabbia da costruire una pista come si deve. Massimo arrivava con le biglie che gli cioccavano in tasca e faceva finta di niente, gironzolando intorno ai loro,che si preparavano alla sfida. All’inizio veniva sempre ignorato. Li guardava colpire le palline con attenzione, pollice e indice a formare un cerchio e a scattare con la giusta dose di potenza. In genere, dopo un giro o due di pista, i grandi si stufavano, e Massimo veniva ammesso a cicca spanna. La speranza segreta di Fabio e Sante era di fregare al piccolo più biglie possibile. Di solito, infatti, Massimo era abbastanza maldestro da far fermare le proprie biglie entro una spanna dalle altre, ma senza ciccarne nessuna.
“Mio fratello è scemo”, rideva Fabio.
“Eh, sì, si vede… Non sembra nemmeno tuo fratello.”
Massimo tirava un po’ su col naso e tornava in casa. Tanto, la sua biglia grossa, di vetro e colorata, non l’aveva tirata fuori. Era ancora sua.