I due Romanzi, quello più strettamente narrativo e personale e quello necessario ed “importante” della collocazione storica e sociale, non sono sempre armonici fra loro.
Il collante fra i due piani è dato da Gojàri l’artigiano. Le tessere dei suoi mosaici a creare immagini e le tessere di racconti a ricreare la storia mi pare siano la cosa meglio riuscita del romanzo.
Il bisogno di parlare dell’Albania e della sua storia toglie qualcosa alla storia di Michele (e magari è vero pure il contrario). Inoltre c’è una storia dell’Albania e degli Arberesh distante nel tempo che è si cruda ma un po’ più lirica e che può essere affrontata senza molti coinvolgimenti a differenza di quello che accade per un passato più recente pieno di drammi,crudele, trattato un po’ velocemente.
Ho avuto qualche difficoltà ad orientarmi nella lingua (fiale giuhe buke vere uje bukur mire) malgrado il tentativo di Abate, assolutamente letterario, di tradurre in simultanea molte frasi arbereshe. Probabilmente è un libro che va letto di seguito e non a pezzi come ho fatto io.
Le donne sono fatali o fatalizzate e un po’ senza tempo (non “fuori del”, senza). O sono matte o fanno ammattire. A parte la mamma di Michele che fa le polpette buone.
Comunque il libro lascia la curiosità di sapere qualcosa in più sui paesi a e la storia Arbareshe e in questo il ruolo sociale-didattico del racconto è adeguato.
(Voto 24/30)
Mario Volpe