Carissimi fedeli della diocesi di Alghero-Bosa, vi raggiungo per la prima volta con questo messaggio per annunciarvi
con gioia e trepidazione il prossimo inizio del mio ministero
episcopale presso di voi. Con questa nomina il Santo Padre Benedetto
XVI ha voluto farmi destinatario di un particolare segno di fiducia: a
lui va innanzitutto la mia filiale riconoscenza e l'assicurazione della
mia completa dedizione a vantaggio della porzione di popolo di Dio
assegnatomi.
In secondo luogo, unendomi alla vostra riconoscenza, desidero dire
il mio grazie a Mons. Antonio Vacca per la gran mole di bene che vi ha
fatto e che in qualche modo mi consegna. Del suo zelo e della sua
esperienza cercherò di trarre profitto. Spero anche di poter contare su
di lui, ristabilito in salute, per una qualche forma di collaborazione.
Con lui mi è gradito salutare i miei confratelli nell'episcopato, i
vescovi della Conferenza Episcopale Sarda, nel cui seno sono certo sarò
accolto con la stessa cordialità con cui mi dispongo ad entrarvi.
A voi tutti, cristiani di Alghero-Bosa, va il mio saluto più
affettuoso. Dopo cinque anni di collaborazione con il Cardinale
Arcivescovo di Torino, mia diocesi di origine, vengo inviato tra di voi
come pastore e padre. Mi è particolarmente gradito presentarmi come
pastore ad un popolo che per secoli ha coltivato quest'antica e nobile
attività. Sarò pastore delle vostre anime come i vostri avi lo sono
stati delle loro greggi, come alcuni di voi lo sono ancora oggi. E
d'altronde lo stesso Gesù non ha avuto dubbi nel presentare con questa
similitudine il suo ministero di vicinanza, affetto e cura degli
uomini. La Provvidenza, nei suoi misteriosi disegni, ci ha chiamati a
percorrere insieme un tratto del nostro cammino terrestre: sappiamo che
non sempre si tratta di un sentiero comodo o privo di pericoli; sarà
mio compito - che la vostra disponibilità e collaborazione certamente
renderanno più agevole e gradito - precedervi e guidarvi nella scoperta
e nella realizzazione della volontà di Dio.
Sono inoltre chiamato ad essere vostro padre nella fede.
Permettetemi, anche a riguardo di questo bellissimo termine, di fare
appello all'esperienza di molti di voi che sono papà. So per certo che
quando in una famiglia nasce un nuovo figlio, la porzione di affetto
per gli altri non diminuisce, ma al contrario la capacità di amore
viene accresciuta. Nei vostri confronti sto facendo la medesima
esperienza: il mio cuore di padre si è come ampliato per riservare un
posto eminente - accanto agli affetti che mi hanno accompagnato fino ad
ora - a ciascuno di voi. Consentitemi dunque di manifestarvi con
evangelica semplicità questi miei veri e cordiali sentimenti ed
aiutatemi ad essere per tutti voi pastore e padre.
Nel ricordare e spero nel realizzare questi propositi, mi soccorrerà
il mio motto episcopale. Alle prime due parole, tratte dal canone IV
("sincero corde"), che intendono affermare il coinvolgimento
innanzitutto e completamente umano con cui intendo dedicarmi al
ministero, ho voluto aggiungere il verbo "servire", per sottolineare
l'atteggiamento evangelico che Gesù ha prima realizzato e poi proposto
ai suoi apostoli: "Sincero corde servire". Sono certo che non c'è vero
pastore, non c'è autentico padre che non si senta di sottoscriverlo,
che non cerchi di metterlo in pratica quotidianamente. Per questo non
mi considero estraneo nei vostri confronti, ma unito da particolari e
profondi legami spirituali.
In questo iniziale contatto con voi, carissimi cristiani di
Alghero-Bosa, il mio pensiero va innanzitutto ai sacerdoti ed ai
diaconi, che considero i primi ad avere diritto alle mie attenzioni e
cure. Sono profondamente convinto del loro ruolo indispensabile per
potermi esimere dal sollecitare fin da subito le loro migliori energie
alla collaborazione cui dovremo dare vita. Sappiano tutti che intendo
essere loro fratello e padre nella fede, sostegno della loro speranza,
animatore della loro carità, servitore della loro gioia. La
partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo ci aiuti a scoprire
sempre più profondamente il vincolo che ci affratella e a far sgorgare
da esso rinnovati motivi di comunione.
La diocesi di Alghero-Bosa ha la fortuna e la benedizione di contare
su una significativa presenza di religiose e religiosi, alcuni dei
quali operano direttamente nella pastorale diocesana. A tutti va il mio
affettuoso saluto e l'augurio che, nel rispetto della vocazione e dei
carismi di ciascuno, insieme possiamo edificare sempre più
credibilmente l'unica famiglia dei figli di Dio: così offriremo agli
uomini del nostro tempo, spesso percorsi e lacerati da tante divisioni,
quella testimonianza di unità per cui Gesù ha pregato e che, come
frutto dello Spirito, è il segno distintivo dei cristiani. La pratica
dei consigli evangelici, in una vita trasparente all'azione dello
Spirito, diffonda in ogni angolo della diocesi e nell'esistenza di
tutti i suoi abitanti la nostalgia delle Beatitudini, che sono la
"misura alta" della santità cui tutti, in diversi modi, siamo chiamati.
Un pensiero di particolare affetto voglio riservare ai seminaristi:
mi sappiano vicino ad essi nel decifrare la chiamata del Signore e nel
rispondervi con generosità. La loro adolescenza e giovinezza, vissuta
con serenità ma non con superficialità, possa essere un forte segnale
dell'interesse che i valori evangelici sono in grado di suscitare anche
nei giovani d'oggi.
Ma è evidente che la mia paternità ed il mio servizio pastorale
avranno nei laici cristiani il campo insieme privilegiato e più normale
di azione e dedizione. Tutti li accolgo nel mio cuore, sia che
appartengano a gruppi o movimenti nei quali approfondiscono la fede o
si dedicano ad opere di volontariato, sia che nelle parrocchie si
prestino a collaborare nei vari ambiti della pastorale, sia che
facciano parte del grande popolo di Dio che cammina per le vie del
mondo, con il resto dell'umanità, verso l'incontro con il Padre. A
tutti rivolgo l'accorato e pressante appello a considerare la
formazione permanente come vocazione e compito ineludibili, per poter
essere insieme uomini autentici del nostro tempo ed efficaci testimoni
della bellezza e fertilità del Vangelo.
Pensando ai laici, sgorga forte in me il desiderio di rivolgermi
anche a coloro che in diocesi non condividono la fede della Chiesa: o
perché, nel tempo, è diventata un fardello indecifrabile e
insignificante o troppo pesante e persino insopportabile di fronte a
progetti di vita più invitanti; o perché non sono mai stati raggiunti
in modo efficace dalla proposta di novità e di pienezza di vita del
Vangelo. Non posso negare che queste situazioni interpellano acutamente
la nostra testimonianza, a volte opaca e poco attraente: ci segnalano
con vigore il rischio che anche la nostra fede, se non sorretta ed
alimentata da iniziative di formazione serie, organiche ed adeguate
alle condizioni di vita, si depauperi di significato e si trasformi in
un vuoto involucro; ci inducono a cercare di rispondere con maggiore
coraggio e coerenza all'essenziale istanza missionaria insita nel
cristianesimo. Sia essi, sia coloro che sono stati indotti dalle storie
personali ad intraprendere, magari in modo sofferto ed a tentoni,
itinerari di ricerca di senso, ed a varcare, anche solo inizialmente,
la soglia della dimensione religiosa della vita, sappiano che
troveranno in me un interlocutore pienamente disponibile, desideroso
non di altro, se lo vorranno, che di condividere con loro una parte del
proprio cammino umano e religioso.
E poi intendo abbracciare, con sentimenti di particolare paternità -
che spero di tradurre presto in gesti concreti di interessamento e
vicinanza - tutti coloro che tra di voi, per diversi motivi, sono
provati da particolari sofferenze: i malati nel corpo e nello spirito,
gli anziani spesso soli, le famiglie in difficoltà economiche o
affettive, i giovani privi di lavoro e di speranze…A tutte queste
persone, ad imitazione del "pastore buono" del Vangelo, andrà la mia
attenzione e dedizione, né potrò trovare pace nell'ovile finché a
qualcuna di esse - secondo una tradizione consolidata in diocesi - non
sarà tributata l'accoglienza che merita.
Per quanto il mio compito sarà prioritariamente volto
all'evangelizzazione, la "città terrestre" di questa parte di Sardegna
mi avrà come cittadino responsabile e disponibile alla migliore
collaborazione con tutti coloro che nel territorio perseguono il bene
comune. Alle autorità che nei diversi ambiti e nelle tre province si
dedicano a questo mi è gradito porgere deferenti ossequi e manifestare
il mio sincero desiderio di collaborare in cordialità.
Oltre che alla comprensione di tutti voi, affido con fiducia i miei
propositi alla benedizione della Madonna. Nella mia famiglia e nella
mia città natale ho imparato a venerarla come Immacolata (titolo che
ritrovo con gioia nelle due cattedrali); a Torino la devozione alla
Consolata, patrona della diocesi, ed all'Ausiliatrice, ispiratrice di
don Bosco, mi ha accompagnato nella mia formazione e negli anni del
ministero. Il fatto che più di un terzo delle parrocchie della diocesi
di Alghero-Bosa siano dedicate, con diversi titoli, alla Madonna,
dimostra l'affetto diuturno e profondo che lega la mia nuova famiglia
alla Madre di Dio. Interpreto questo come un ulteriore e non secondario
motivo di comunione e speranza. Inoltre il fatto che questo mio
messaggio di saluto vi raggiunga nel giorno della solenne festa di S.
Michele, patrono della città di Alghero, mi induce a contare sulla
sicura protezione del glorioso Arcangelo, che so da voi molto venerato
e che d'ora in avanti sono certo mi accompagnerà anche più da vicino
sulla strada che mi condurrà a voi.
Si tratta di una strada che non mi è completamente ignota, dal
momento che in anni passati più volte ho scelto con i miei parrocchiani
proprio la vostra terra come meta di campi estivi e di routes con
giovani, famiglie e anziani. Quelle indimenticabili esperienze hanno
radicato in me un profondo apprezzamento non solo delle bellezze della
natura, ma soprattutto delle qualità umane e cristiane della gente di
Alghero. Questa volta, siatene certi, tornerò non più da turista per
godere di un ambiente straordinariamente bello ma estraneo a quello
normale di vita, né per fruire, solo di passaggio, della vostra
cordiale ospitalità: sono chiamato a diventare - e lo desidero con
tutte le mie forze - uno di voi, sardo tra i sardi, a condividere la
vostra storia e la vostra vita, ad entrare nella dinamica dei
cambiamenti che la società locale sta sperimentando, a partecipare dei
progetti che fanno di questa parte di Sardegna un interessante di
laboratorio del futuro. La mia più grande aspirazione è poter
contribuire, assieme a voi ed a tutte le persone di buona volontà, a
che la fede cristiana non sia straniera ai mutamenti in atto, ma possa
esplicare, anche meglio che in passato e comunque nelle modalità che i
tempi esigono, tutte le sue potenzialità, nella direzione di quella
pienezza di vita che è il centro del progetto di Dio per l'umanità da
lui amata.
E' per tutti questi motivi che attendo con ansia di incontrarvi
finalmente di persona. Nel frattempo mi affido fiducioso alle vostre
preghiere e vi assicuro la vostra ormai assidua presenza nelle mie.
Vi abbraccio e benedico di gran cuore.
+ Giacomo Lanzetti
Vescovo eletto di Alghero-Bosa
Torino, 29 settembre 2006 - festa di S. Michele Arcangelo
Il testo è tratto da http://www.diocesi.torino.it/archivio2006/lanzetti_saluto.htm