Praza de Cresia. In Rete dall'11\06\2006


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Anno 2007

Anno 2006

Alghero-Bosa. Primo saluto del nuovo vescovo Giacomo Lanzetti

Carissimi fedeli della diocesi di Alghero-Bosa, vi raggiungo per la prima volta con questo messaggio per annunciarvi con gioia e trepidazione il prossimo inizio del mio ministero episcopale presso di voi. Con questa nomina il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto farmi destinatario di un particolare segno di fiducia: a lui va innanzitutto la mia filiale riconoscenza e l'assicurazione della mia completa dedizione a vantaggio della porzione di popolo di Dio assegnatomi.

In secondo luogo, unendomi alla vostra riconoscenza, desidero dire il mio grazie a Mons. Antonio Vacca per la gran mole di bene che vi ha fatto e che in qualche modo mi consegna. Del suo zelo e della sua esperienza cercherò di trarre profitto. Spero anche di poter contare su di lui, ristabilito in salute, per una qualche forma di collaborazione. Con lui mi è gradito salutare i miei confratelli nell'episcopato, i vescovi della Conferenza Episcopale Sarda, nel cui seno sono certo sarò accolto con la stessa cordialità con cui mi dispongo ad entrarvi.

A voi tutti, cristiani di Alghero-Bosa, va il mio saluto più affettuoso. Dopo cinque anni di collaborazione con il Cardinale Arcivescovo di Torino, mia diocesi di origine, vengo inviato tra di voi come pastore e padre. Mi è particolarmente gradito presentarmi come pastore ad un popolo che per secoli ha coltivato quest'antica e nobile attività. Sarò pastore delle vostre anime come i vostri avi lo sono stati delle loro greggi, come alcuni di voi lo sono ancora oggi. E d'altronde lo stesso Gesù non ha avuto dubbi nel presentare con questa similitudine il suo ministero di vicinanza, affetto e cura degli uomini. La Provvidenza, nei suoi misteriosi disegni, ci ha chiamati a percorrere insieme un tratto del nostro cammino terrestre: sappiamo che non sempre si tratta di un sentiero comodo o privo di pericoli; sarà mio compito - che la vostra disponibilità e collaborazione certamente renderanno più agevole e gradito - precedervi e guidarvi nella scoperta e nella realizzazione della volontà di Dio.

Sono inoltre chiamato ad essere vostro padre nella fede. Permettetemi, anche a riguardo di questo bellissimo termine, di fare appello all'esperienza di molti di voi che sono papà. So per certo che quando in una famiglia nasce un nuovo figlio, la porzione di affetto per gli altri non diminuisce, ma al contrario la capacità di amore viene accresciuta. Nei vostri confronti sto facendo la medesima esperienza: il mio cuore di padre si è come ampliato per riservare un posto eminente - accanto agli affetti che mi hanno accompagnato fino ad ora - a ciascuno di voi. Consentitemi dunque di manifestarvi con evangelica semplicità questi miei veri e cordiali sentimenti ed aiutatemi ad essere per tutti voi pastore e padre.

Nel ricordare e spero nel realizzare questi propositi, mi soccorrerà il mio motto episcopale. Alle prime due parole, tratte dal canone IV ("sincero corde"), che intendono affermare il coinvolgimento innanzitutto e completamente umano con cui intendo dedicarmi al ministero, ho voluto aggiungere il verbo "servire", per sottolineare l'atteggiamento evangelico che Gesù ha prima realizzato e poi proposto ai suoi apostoli: "Sincero corde servire". Sono certo che non c'è vero pastore, non c'è autentico padre che non si senta di sottoscriverlo, che non cerchi di metterlo in pratica quotidianamente. Per questo non mi considero estraneo nei vostri confronti, ma unito da particolari e profondi legami spirituali.

In questo iniziale contatto con voi, carissimi cristiani di Alghero-Bosa, il mio pensiero va innanzitutto ai sacerdoti ed ai diaconi, che considero i primi ad avere diritto alle mie attenzioni e cure. Sono profondamente convinto del loro ruolo indispensabile per potermi esimere dal sollecitare fin da subito le loro migliori energie alla collaborazione cui dovremo dare vita. Sappiano tutti che intendo essere loro fratello e padre nella fede, sostegno della loro speranza, animatore della loro carità, servitore della loro gioia. La partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo ci aiuti a scoprire sempre più profondamente il vincolo che ci affratella e a far sgorgare da esso rinnovati motivi di comunione.

La diocesi di Alghero-Bosa ha la fortuna e la benedizione di contare su una significativa presenza di religiose e religiosi, alcuni dei quali operano direttamente nella pastorale diocesana. A tutti va il mio affettuoso saluto e l'augurio che, nel rispetto della vocazione e dei carismi di ciascuno, insieme possiamo edificare sempre più credibilmente l'unica famiglia dei figli di Dio: così offriremo agli uomini del nostro tempo, spesso percorsi e lacerati da tante divisioni, quella testimonianza di unità per cui Gesù ha pregato e che, come frutto dello Spirito, è il segno distintivo dei cristiani. La pratica dei consigli evangelici, in una vita trasparente all'azione dello Spirito, diffonda in ogni angolo della diocesi e nell'esistenza di tutti i suoi abitanti la nostalgia delle Beatitudini, che sono la "misura alta" della santità cui tutti, in diversi modi, siamo chiamati.

Un pensiero di particolare affetto voglio riservare ai seminaristi: mi sappiano vicino ad essi nel decifrare la chiamata del Signore e nel rispondervi con generosità. La loro adolescenza e giovinezza, vissuta con serenità ma non con superficialità, possa essere un forte segnale dell'interesse che i valori evangelici sono in grado di suscitare anche nei giovani d'oggi.

Ma è evidente che la mia paternità ed il mio servizio pastorale avranno nei laici cristiani il campo insieme privilegiato e più normale di azione e dedizione. Tutti li accolgo nel mio cuore, sia che appartengano a gruppi o movimenti nei quali approfondiscono la fede o si dedicano ad opere di volontariato, sia che nelle parrocchie si prestino a collaborare nei vari ambiti della pastorale, sia che facciano parte del grande popolo di Dio che cammina per le vie del mondo, con il resto dell'umanità, verso l'incontro con il Padre. A tutti rivolgo l'accorato e pressante appello a considerare la formazione permanente come vocazione e compito ineludibili, per poter essere insieme uomini autentici del nostro tempo ed efficaci testimoni della bellezza e fertilità del Vangelo.

Pensando ai laici, sgorga forte in me il desiderio di rivolgermi anche a coloro che in diocesi non condividono la fede della Chiesa: o perché, nel tempo, è diventata un fardello indecifrabile e insignificante o troppo pesante e persino insopportabile di fronte a progetti di vita più invitanti; o perché non sono mai stati raggiunti in modo efficace dalla proposta di novità e di pienezza di vita del Vangelo. Non posso negare che queste situazioni interpellano acutamente la nostra testimonianza, a volte opaca e poco attraente: ci segnalano con vigore il rischio che anche la nostra fede, se non sorretta ed alimentata da iniziative di formazione serie, organiche ed adeguate alle condizioni di vita, si depauperi di significato e si trasformi in un vuoto involucro; ci inducono a cercare di rispondere con maggiore coraggio e coerenza all'essenziale istanza missionaria insita nel cristianesimo. Sia essi, sia coloro che sono stati indotti dalle storie personali ad intraprendere, magari in modo sofferto ed a tentoni, itinerari di ricerca di senso, ed a varcare, anche solo inizialmente, la soglia della dimensione religiosa della vita, sappiano che troveranno in me un interlocutore pienamente disponibile, desideroso non di altro, se lo vorranno, che di condividere con loro una parte del proprio cammino umano e religioso.

E poi intendo abbracciare, con sentimenti di particolare paternità - che spero di tradurre presto in gesti concreti di interessamento e vicinanza - tutti coloro che tra di voi, per diversi motivi, sono provati da particolari sofferenze: i malati nel corpo e nello spirito, gli anziani spesso soli, le famiglie in difficoltà economiche o affettive, i giovani privi di lavoro e di speranze…A tutte queste persone, ad imitazione del "pastore buono" del Vangelo, andrà la mia attenzione e dedizione, né potrò trovare pace nell'ovile finché a qualcuna di esse - secondo una tradizione consolidata in diocesi - non sarà tributata l'accoglienza che merita.

Per quanto il mio compito sarà prioritariamente volto all'evangelizzazione, la "città terrestre" di questa parte di Sardegna mi avrà come cittadino responsabile e disponibile alla migliore collaborazione con tutti coloro che nel territorio perseguono il bene comune. Alle autorità che nei diversi ambiti e nelle tre province si dedicano a questo mi è gradito porgere deferenti ossequi e manifestare il mio sincero desiderio di collaborare in cordialità.

Oltre che alla comprensione di tutti voi, affido con fiducia i miei propositi alla benedizione della Madonna. Nella mia famiglia e nella mia città natale ho imparato a venerarla come Immacolata (titolo che ritrovo con gioia nelle due cattedrali); a Torino la devozione alla Consolata, patrona della diocesi, ed all'Ausiliatrice, ispiratrice di don Bosco, mi ha accompagnato nella mia formazione e negli anni del ministero. Il fatto che più di un terzo delle parrocchie della diocesi di Alghero-Bosa siano dedicate, con diversi titoli, alla Madonna, dimostra l'affetto diuturno e profondo che lega la mia nuova famiglia alla Madre di Dio. Interpreto questo come un ulteriore e non secondario motivo di comunione e speranza. Inoltre il fatto che questo mio messaggio di saluto vi raggiunga nel giorno della solenne festa di S. Michele, patrono della città di Alghero, mi induce a contare sulla sicura protezione del glorioso Arcangelo, che so da voi molto venerato e che d'ora in avanti sono certo mi accompagnerà anche più da vicino sulla strada che mi condurrà a voi.

Si tratta di una strada che non mi è completamente ignota, dal momento che in anni passati più volte ho scelto con i miei parrocchiani proprio la vostra terra come meta di campi estivi e di routes con giovani, famiglie e anziani. Quelle indimenticabili esperienze hanno radicato in me un profondo apprezzamento non solo delle bellezze della natura, ma soprattutto delle qualità umane e cristiane della gente di Alghero. Questa volta, siatene certi, tornerò non più da turista per godere di un ambiente straordinariamente bello ma estraneo a quello normale di vita, né per fruire, solo di passaggio, della vostra cordiale ospitalità: sono chiamato a diventare - e lo desidero con tutte le mie forze - uno di voi, sardo tra i sardi, a condividere la vostra storia e la vostra vita, ad entrare nella dinamica dei cambiamenti che la società locale sta sperimentando, a partecipare dei progetti che fanno di questa parte di Sardegna un interessante di laboratorio del futuro. La mia più grande aspirazione è poter contribuire, assieme a voi ed a tutte le persone di buona volontà, a che la fede cristiana non sia straniera ai mutamenti in atto, ma possa esplicare, anche meglio che in passato e comunque nelle modalità che i tempi esigono, tutte le sue potenzialità, nella direzione di quella pienezza di vita che è il centro del progetto di Dio per l'umanità da lui amata.

E' per tutti questi motivi che attendo con ansia di incontrarvi finalmente di persona. Nel frattempo mi affido fiducioso alle vostre preghiere e vi assicuro la vostra ormai assidua presenza nelle mie.

Vi abbraccio e benedico di gran cuore.

+ Giacomo Lanzetti

Vescovo eletto di Alghero-Bosa

Torino, 29 settembre 2006 - festa di S. Michele Arcangelo

Il testo è tratto da http://www.diocesi.torino.it/archivio2006/lanzetti_saluto.htm

Categoria: Chiesa di Sardegna
domenica, 08 ott 2006 Ore. 23.52

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