Solo un bagliore, quella
piccola lama di luce venuta fuori ad illuminare un solo istante di
una notte di pioggia e di freddo; solo un tugurio, quel suo piccolo
angolo di mondo ricavato al riparo di muriscrostati, consumati da
mille inesorabili rivoli di pioggia. Solo un ghanese, George, un
immigrato, un numero buono a far statistiche, ma anche cuore e
coraggio e cervello da vendere; un uomo in fuga, dal suo mondo, da
una vita che non è più sua, fatta a pezzi dai morsi della fame, in
una terra che non sarà mai sua, perché non ha i suoi ricordi. Ma
quella luce aveva riaperto il cuore alla speranza che il suo sogno
più bello, tra mille delusi, potesse avverarsi d'incanto: un angelo
accanto, per ciascuno di noi, che viaggia sul filo di ogni respiro e
segue e protegge ogni passo al ritmo del tempo che scorre. Un tempo
senza inganni, cruda realtà di lavoro, sudore e sangue, in una
fonderia che sembra l'avamposto dell'inferno, crocevia di vite che
s'intrecciano, e paure e rimpianti che scorrono nelle vene, nello
sforzo d'immaginarsi altrove. A casa, a proteggere moglie e figli,
che la distanza soffoca l'amore e ricaccia in gola la voglia di
respirarne l'odore, in quella fossa di dannati, tra polveri e fumi,
dove tutto sembra più difficile, persino sognare. A casa, dove
vivere è fare a pugni ogni giorno con la morte, ma chinare la testa
e piegarsi non ha l'amaro sapore del dover mendicare un lavoro, un
alloggio o un diritto qualunque. Perché quando tutto sembra
confondersi nello scorrere di giorni miserabili e scarni, vorresti
soltanto per te l'orgoglio di essere uomo tra gli altri e godere
della libertà di scegliere la strada che porta ad un destino da
scrivere con le tue mani piagate dalla fatica di vivere. E George
tutto questo lo sa, e l'animo suo è diviso nel duplice segno di una
vita impossibile uguale alle altre che gli si consumano accanto, e di
una possibile, vissuta aspettando col cuore in tumulto quegli attimi
magici in cui il suo angelo scalfisce il muro della solitudine. E
George le racconta, quelle visite che tanto sollievo gli danno, e
sollievo e conforto vorrebbe instillare negli altri, nel vano
proposito di mitigarne la rabbia e lenire un istante il dolore, che
ha invaso l'anima e l'anima corrode lentamente, ogni giorno di più.
E quando al calar della sera, le ombre rincorrono il sole e il buio
nasconde le facce assonnate, bruciate di calore e sudore, è bello
per lui scivolar sul greto del fiume Sile a guardar l'orizzonte che
sfiora i tetti delle case, col suo carico di povere cose, una birra,
un panino e poco altro, e aspettare che il gioco di specchi e
riflessi di luci e bagliori sull'acqua gli scorrano addosso,
riuscendo a confondersi in sublime armonia con le lacrime che gli
rigano il volto, al pensiero, che purezza e bellezza del momento,
siano solo un misero inganno di una mente confusa, sperduta in mezzo
a mille pensieri rincorsi che abbracciano in pochissimi istanti, i
volti di chi si è lasciato alle spalle promettendo a se stesso di
non ritornare sconfitto tra tanti. E quando il rumore leggero del
battito d'ali d'un cigno distrae il suo sonno e lo sveglia, non sa
che il suo piccolo angelo ha vegliato il momento e reso più forte il
suo cuore, perché affronti l'ultima prova terrena senza conoscerne
la paura. “Ci sono creature – ha scritto un poeta – che non
possono restare a lungo su questa terra, perché hanno troppo
nostalgia del Paradiso”.
Guglielmo Arrabito
(Associazione “Nizza italiana”)
C. Silvano, "Cristiani e musulmani. Costruire il dialogo partendo dai fatti di borgo Venezia di Treviso", Edizioni del noce, euro dieci, isbn 88-87555-32-X