Sono indeciso.


Se il mondo crolla non devo preoccuparmi: è solo il mio punto di vista.

Terrorismo di tipo A /2

Ricollegandomi al post sulle fandologie vorrei parlare di un tema scomodo: il razzismo e il terrorismo.

Personalmente ritengo che queste siano le due facce di una stessa medaglia che potremmo definire genericamente intolleranza.

Cominciamo dal terrorismo: fino a qualche tempo fa, qui in Italia, il terrorismo era quello delle brigate rosse e di altri gruppi estremisti. Se dovessi dargli un significato univoco lo definirei un'azione fatta da chi non detiene il potere (gruppi estremisti) per promuovere le proprie idee attraverso atti violenti che possano terrorizzare e demoralizzare gli avversari che invece detengono il potere.

Ora vediamo per quel che riguarda il razzismo: fino a prima della globalizzazione era molto legato a differenze raziali (da cui appunto razzismo) ma oggi con la globalizzazione è un termine che non è più adatto. Comunque io lo definirei  un'azione violenta fatta da chi detiene un potere nei confronti  di  una o più persone più deboli(minoranze) con l'intento di incutere terrore e demoralizzare gli oppositori o categorie di persone su cui si esercita un controllo e che spesso sono la fonte del potere acquisito da chi governa.

E' importante specificare che la violenza può essere anche psicologica o sociale (discriminazione) e non solo fisica.

Quindi vi sono due schieramenti opposti, uno al potere, l'altro alla resistenza, e quando uno dei due agisce in modo violento contro la popolazione fa un atto che di volta in volta viene individuato come razzista o terrorista.

Per fare un paio d'esempi che evidenziano l'inadeguatezza (forse voluta) di questi termini per il mondo contemporaneo vorrei fare riferimento alla travagliata storia degli ebrei. (P.S.: Come tutto ciò che scrivosi tratta di opinioni personali che non vogliono in alcun modo essere offensive ma solo far riflettere chi legge)

In passato i fascisti hanno indubbiamente compiuto atti razzisti nei confronti degli ebrei e di altre minoranze.

Loro detenevano il potere e compivano atti di violenza nei confronti di persone che avevano l'unica colpa di appartenere ad una determinata razza. Se gli ebrei (o un'organizzazione/nazione a loro riconducibile) avessero compiuto atti violenti contro la popolazione tedesca, italiana, ecc. questi atti sarebbero stati definiti terroristici, anche se fossero stati dettati da una intollerabile oppressione razzista.

Per fortuna in europa non vi furono le condizioni perchè questo avvenisse, ma nell'inevitabile orrore della guerra, ai poveri giapponesi è toccato subire un atto che molto somiglia al terrorismo: colpire civili per incutere terrore al nemico e provocarne la resa. Qualcuno avrebbe definito gli Usa, che davano asilo agli ebrei, li sostenevano e lottavano per i loro diritti, uno stato canaglia (nonchè storicamente razzista nei confronti delle minoranze interne e dei paesi comunisti/asiatici).

Comunque in questo particolare caso l'atto di terrorismo ha portato alla fine del conflitto.

Veniamo ad oggi: gli ebrei ora hanno un discreto potere, anche grazie allo storico alleato americano, e compiono atti di razzismo nei confronti dei palestinesi per combattere il terrorismo.

Ma questo tipo di razzismo e terrorismo hanno ancora le caratteristiche originali, o sono evoluti in modo da non essere più identificati con questi termini?

Innanzitutto penso che il nuovo razzismo non sia più legato a differenze di razze ma di cultura e di modo di pensare. Siccome però il culturismo già esiste e vuol dire tutt'altro io parlerei di pensierismo. Nel mondo della globalizzazione e di internet, dove un'idea, un pensiero, può viaggiare ovunque e diffondersi senza un volto o un popolo che lo sostenga era inevitabile che l'intolleranza prendesse di mira i pensieri differenti da quelli di chi detiene il potere. Quindi io parlerei di "Pensierismo": chi pensa come un terrorista è un terrorista a prescindere dalla sua cultura e dalla sua razza. Quindi, se chi detiene il potere in israele (per fortuna non tutti altrimenti sarei razzista anch'io) conserva le caratteristiche del razzista, i pensieristi che sono al potere negli Usa e nei suoi alleati, e che appoggiano atti di violenza contro la popolazione per dissuadere i terroristi dal loro intento sono per l'appunto pensieristi.

Visto che ho coniato questo nuovo vocabolo specifico che può essere riferito solo a chi detiene il potere e appoggia atti di violenta contro minoranze. Per cui dire che un popolo è pensierista è sbagliato, perchè all'interno di un popolo c'è sempre anche chi pensa diversamente da chi detiene il potere.

Dopo aver definito il pensierismo, che poi è quello che spinge gli occidentali a sostenere che Israele non sta colpendo i palestinesi (sarebbe malvisto dall'opinione pubblica come razzismo), ma sta lottando contro i terroristi di Hamass (che in pratica è la stessa cosa ma fatta passare come positiva nel nome del pensierismo oggi tanto esaltato), passiamo al nuovo terrorismo.

Il vecchio terrorismo, quello politico, aveva lo scopo di portare l'opinione pubblica a considerare le idee sovversive di una minoranza come indispensabili da adottare per riottenere la tranquillità: in pratica il messaggio era "finchè le nostre pretese non saranno accettate da chi ha il potere noi continueremo a terrorizzare la gente". La lotta contro questo tipo di terrorismo partiva appunto dalle pretese di queste minoranze: con l'obbiettivo di diminuire la forza di questi gruppi sovversivi si colpivano selettivamente gli "ideologi" che ne erano alla guida e magari (quando possibile e quando era chiaro che questi gruppi attingevano forza da un disagio sociale di alcuni gruppi) concedendo il minimo indispensabile e lavorando per eliminare questo disagio.

Poi vi sono dei terroristi che compiono i loro atti per questioni di profitto (soldi o potere) e per loro è stato adottato, giustamente, il nome di mafiosi. Essendo comunque terroristi verrebbe da pensare che la lotta si debba condurre allo stesso modo: partendo dagli obbiettivi dell'organizzazione, indebolirla colpendo in maniera selettiva i capi (che in questo caso non possiedono un patrimonio ideologico ma un vero e proprio tesoro economico e di potere) ed eliminare il disagio sociale da cui la mafia attinge il duo potere.

Qui le cose mi sembra vengano fatte a metà, non tanto perchè ci sono mafiosi che detengono cariche non perseguibili, ma perchè la lotta al disagio di alcune zone non viene curato con l'istruzione, la cultura e la sana economia.

Comunque, nei due casi appena citati, l'arma più potente è l'antipatia che il terrorismo attira su di sè: colpire civili per portare avanti le proprie idee politiche o i propri interessi è odioso.

Purtroppo però il nuovo terrorismo viene descritto e combattuto in modo molto differente.

Ufficialmente non ci sono mai motivi precisi per questi atti, un giorno qualche associazione si sveglia e per motivi poco chiari comincia a sparare razzi o a mandare gente a suicidarsi. Le uniche ideologie di cui si sente parlare sono quelle dei talebani (nuova parola che ha ormai un significato che va ben al di là di quello originario) e che quindi viene usata un po' come il prezzemolo per fornire una giustificazione a qualunque atto di terrorismo. Le nuove organizzazioni terroristiche non possono essere "decapitate" perchè non c'è un vero e proprio esponente che le guidi (ci è stato detto che sono organizzate in cellule autonome) e anche quando viene eliminato un capo ne saltano fuori subito altri tre o quattro. Questa caratteristica rende molto differente il nuovo terrorismo dal precedente: quello politico, senza una guida ideologica (e soprattutto se questa si trova in carcere), entra subito in una fase di crisi profonda, quello mafioso, perdendo non solo un capo ma anche le risorse finanziarie, ci mette un po' di tempo a riorganizzarsi e ne risulta comunque indebolito; al nuovo terrorismo, a quanto pare, non succede praticamente nulla, vengono solo nominati nuovi capi da andare a cercare ed uccidere.

Un'altra grossa differenza è il modo con cui si perseguono i presunti capi del terrorismo: un missile su una casa sospetta o un commando militare che neutralizza una cellula uccidendo tutti i componenti è una cosa normale.

Immaginiamo se per catturare un boss mafioso (anche pericoloso e pluriomicida) si lanciasse un missile in una casa di un quartiere di Palermo (è solo un esempio, non me ne vogliano i palermitani, la mafia c'è anche a Roma o a Milano come in ogni altro paese del mondo); magari uccidendo anche dei civili innocenti. 

Questo sarebbe il più grande regalo possibile alla mafia: per molti lo stato passerebbe dalla parte del torto giustificando anche azioni più violente delle attuali e producendo, tra i parenti delle vittime, persone pronte a sacrificarsi per vendetta, come purtroppo accade in alcuni paesi arabi.

La risoluzione del disagio sociale sarebbe l'arma più importante, ma nelle aree più critiche del pianeta è evidente la volontà di lasciare tutto com'è, perchè se è vero che lì ci sono i terroristi (quelli classici) ho il sospetto che ci vengano descritti come  qualcosa che in realtà non è terrorismo ma "terrorismo di tipo A" (dove la A sta per arabo) e questo perchè a dircelo è chi ha pregiudizi pensieristi contro quella cultura oltre ad enormi interessi economici (mafiosi visto che per essere mantenuti necessitano di atti violenti).

Se quello che stiamo combattendo è terrorismo, allora che si combatta come deve essere fatto, con gli strumenti più adatti.

Se invece stiamo lottando contro qualcosa di diverso smettiamola di chiamarlo terrorismo e diamogli un nome suo: solo allora potremo combatterlo efficacemente.

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giovedì, 15 gen 2009 Ore. 11.35
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