Questo post è la terza parte di un discorso che saltando un po' qua un po' là è arrivato fino a un tema tutto italiano.
Dopo aver coniato il termine pensierismo, mi sono soffermato a pensare a come non farlo diventare un modo per accusare gratuitamente altre persone.
In pratica in questo termine risiede un paradosso: se io accuso qualcuno di essere pensierista e per questo lo discrimino, io lo accuso di pensarla diversamente da me, e questo fa di me un pensierista.
Siamo quindi entrambi pensieristi, quindi pensiamo la stessa cosa, e in definitiva nei fatti nessuno di noi può accusare l'altro di essere pensierista.
Il discorso è parecchio contorto, ma c'è da dire che tutti i paradossi sono così.
Come uscirne?
Bèh, visto che l'ho coniato io questo termine, mi sento in diritto di specificare che l'azione violenta ideata e desiderata dal pensierista deve essere portata a termine da un terzo individuo.
Facciamo un esempio, utilizzando il razzismo così magari è più chiaro.
Se io possiedo una fabbrica e odio i cinesi mi potrà capitare di rifiutare l'assunzione di un operaio proprio perchè è cinese.
Questo viene definito un atto razzista da quasi tutti, ma per me non lo è.
Ammetto che è sbagliato ed è una brutta cosa, ma penso che ognuno possa avere una propria opinione, le proprie simpatie o antipatie, e se ha il potere di decidere su qualcosa che lo riguarda personalmente dovrebbe comunque essere libero di procedere come meglio crede. Se poi oltre a rifiutare un posto di lavoro uno commette un reato come picchiare qualcuno solo perchè è di una determinata razza è giusto che venga punito perchè è un violento e pazzo. ma allo stesso tempo è una sua questione personale e al posto del cinese poteva esserci un andicappato o uno che la pensava in modo diverso: non è razzismo è solo violenza, cattivera e follia.
Se invece io, capo della mia azienda, stabilisco la regola che non voglio cinesi nella mia fabbrica e obbligo l'addetto alle risorse umane a rifiutare ogni richiesta in tal senso, o pago una persona perchè punisca con la forza qualcuno che mi da fastidio solo perchè è cinese, allora qui io ci vedo un atto razzista, e chi compie l'eventuale reato sarà punibile per quel che ha fatto, mentre io verrò giudicato e punito come colpevole di razzismo/pensierismo.
Purtroppo però, nella giustizia italiana, non si tiene in alcuna considerazione le opinioni personali, e le azioni che ne scaturiscono vengono quasi sempre punite come, se non più, dell'atto di abusare del proprio potere per imporre una propria idea ad altri, attraverso altri.
Seguivo giusto ieri una intervista a un famoso personaggio di calciopoli, accusato di aver partecipato ad una associazione con finalità illecite. In pratica sosteneva che insistere con un giocatore perchè passi sotto la tua protezione è "normale".
Col distinguo fatto da me in precedenza, la cosa potrebbe essere normale se fatta direttamente dall'interessato, ma se questi utilizza altre persone per convincere (in modo più o meno forzato) i calciatori a cambiare idea, la sua posizione non dovrebbe essere giudicata più la stessa.
Questa è una grave mancanza nelle leggi italiane e non solo: un'azione fatta fare è equivalente ad una azione fatta di persona. Ne consegue che tutte le leggi che giustamente limitano ai gruppi e alle società di utilizzare il loro potere per avere dei vantaggi diventano limitazioni anche per il singolo cittadino.
Come per il razzismo, ogni cittadino che esprima una sua opinione viene subito classificato in un dato gruppo.
Se questo può essere utile a noi per ricordarci meglio con chi abbiamo a che fare, le istituzioni non dovrebbero fare questo errore.
Riassumendo il tutto in un concetto preoccupante, si può parlare di governo dei cittadini.
In pratica, la mia impressione, è che da un po' di tempo le leggi di chi ci governa (destra, centro, sinistra non ha importanza) stia facendo leggi utili a governare i cittadini e non il territorio.
Vorrei sottolineare che governare qualcosa significa renderla schiava dei propri ordini/regole, e che lo scopo originario del governo era e rimane governare la società e il territorio.
La differenza non è poca, e si riflette sul modo di fare le leggi.
Provo a fare un esempio: c'è un fiume molto pericoloso da guadare e nel paese vicino c'è una squadra di soccorso pubblico che ha lo scopo di intervenire in caso di necessità. Il governo decide di dotarlo di un ponte (governo del territorio) e di spostare la squadra di soccorso in un paese più grande ma anche più lontano, in cui potrà essere impiegata meglio. Fa affiggere dei cartelli e informa la gente del posto che il fiume è pericoloso, per cui è meglio usare il ponte, e chi dovesse tentare il guado non avrà più l'assistenza immediata della squadra a disposizione (governo sociale).
Un brutto giorno il ponte si rompe, e per un'emergenza alcuni coraggiosi guadano il fiume fino al paese dove ora si trova la squadra di soccorso. Uno di loro, durante il guado, resta ferito, ma riesce ad essere soccorso e curato.
Chi ha compiuto questa impresa viene considerato eroe e premiato. Fine della favola.
Ora veniamo alla realtà italiana: il fiume e il guado sono gli stessi, ma il governo vieta ai cittadini di oltrepassare il fiume, se non con il ponte di prossima realizzazione (governo del cittadino). Viene inoltre stabilito che i paesi al di sotto di tot abitanti non possono avere un centro di soccorso che quindi viene inizialmente trasferito.
Per vari disguidi il ponte tarda ad essere realizzato, i cittadini continuano a guadare come hanno sempre fatto, ma alla prima disgrazia, senza un pronto soccorso, ci scappa il morto. Il governo fa quindi una deroga e rimette al suo posto il gruppo di soccorso ma con finanziamenti ridotti, affida la costruzione del ponte a un privato, in cambio dell'istituzione di un pedaggio a suo favore per i prossimi 5 anni rinnovabile, con cui verrà recuperato anche il cisto della squadra di soccorso. Il divieto di guado resta attivo e ai cittadini viene suggerito di dotarsi di elicottero.
Nel frattempo i familiari della vittima fanno causa allo stato per i ritardi nel ponte e nei soccorsi.
La realizzazione del ponte impiega ancora diversi mesi e nel frattempo, visto che nessuno controlla, in molti continuano a guadare il fiume. Quando succede qualche incidente interviene la squadra di soccorso, e visti gli scarsi finanziamenti e i numerosi interventi, il sindaco decide di porre un costo per ogni intervento, e con frande sforzo dei cittadini, acquista un vecchio elicottero per i trasporti più impegnativi. Dopo qualche tempo il ponte è ultimato, la società che lo ha realizzato vende i diritti per il pedaggio e poi fallisce a causa di debiti con i fornitori. Lo stato si fa quindi carico della struttura e dei suoi costi di manutenzione, ma ormai i cittadini si sono abituati ad usare l'elicottero o a guadare su un ponte improvvisato con il supporto della squadra ormai autofinanziatama. Nessuno paga per usare il ponte e gli ingressi sono molto inferiori al previsto, quindi la società concessionaria fa valere una clausola che gli permette di restituire la concessione allo stato in cambio di un lauto indennizzo. A questo punto viene mandata una pattuglia di vigili per impedire il guado del ponte provvisorio che viene anzi rimosso. L'elicottero e la piazzola d'atterraggio vengono giudicati non conformi agli standard. Dopo diverse multe date per guado illecito lo stato decide di chiedere una tassa ad hoc ai paesi vicini al ponte e ritira le truppe.
Due mesi dopo il ponte crolla a causa di materiali di costruzione scadenti e scarsa manutenzione.
Per una emergenza un gruppo di coraggiosi guada il fiume, uno rimane ferito e a causa dei ritardi nei soccorsi resta invalido.
Le persone che hanno effettuato il guado vengono multate e denunciate. Il paese prepara un'azione legale contro lo stato ma proprio in quei giorni arriva la sentenza del tribunale sul caso del primo morto da quando il guado era stato chiuso: lo stato ha piena ragione, c'era una legge che vietava il guado e forse un cartello un chilometro più a valle vicino al cantiere per il ponte. Le spese legali rovinano economicamente la famiglia in questione. Il comune rinuncia alla sua causa nei confronti di uno stato incorporeo protetto da leggi che hanno in quello il loro unico scopo. Fine della realtà?
No, no: talk show, interviste, Tg regionali e nazionali, comitato di sostegno, scandali, un nuovo elicottero donato dal presidente del consiglio...
Forse mi sono lasciato prendere la mano dal mio pessimismo.
Comunque anche tutto questo ha un nome: totalitarismo.