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Tra i libri che ho letto fino ad ora ho trovato molto interessante Il mosaico del tempo grande di Carmine Abate per il suo essere scorrevole e gradevole, mentre mi ha lasciato un pò insoddisfatta Un giorno perfetto di Melania Mazzucco, per il suo finale "non finale" che lascia la situazione in sospeso...Maria Tonti - Circolo lettura Rodari 
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Categoria: Commenti ai libri
martedì, 25 lug 2006 Ore. 13.31

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Autore: ALESSIA CECCARELLI BIBL. GIANNI RODARIInviato il: 17 nov 2006 - 09.26
LA FORZA DEL PUDORE, MA LA VERA FORZA SIAMO NOI



Massimo Onofri, membro del Comitato scientifico designato dal Premio Biblioteche di Roma, nonché docente di Lingue e Letterature, ha introdotto molto simpaticamente il saggio di Andrea Tagliapietra “La forza del pudore”, e ieri 8 novembre ha incontrato i lettori alla Biblioteca Villa Leopardi. -”Perché un libro filosofico?”- ha esordito Onofri , giunto a Roma in maniera rocambolesca e in veste di critico tragicomico e pleonastico.

Tagliapietra non ama definirsi filosofo, ma molto pudicamente “storico del pensiero filosofico”: non ama richiamare l’attenzione su di sé, e come successe all’università di Sassari, la sua presenza è passata quasi inosservata se non fosse stato per un suo collega, estimatore anonimo, come lo stesso Onofri ha ammesso, che invero ne ha sempre colto la profondità di intuizione, promuovendo ora a distanza di un decennio il suo interessante saggio.

La conversazione che ha coinvolto piacevolmente noi lettori e protrattasi quasi fino al limite d’orario consentito, si è articolata attraverso i massimi sistemi e livelli della storia della filosofia e diciamo così, ha abbracciato virtualmente il pensiero aristotelico come quello roussoniano, fino ad approdare a Galimberti (Le cose dell’amore) ; un volo pindarico che ha sfiorato la filosofia analitica, quella complementare e infine la inclusiva, fondata sulla pluralità di interazioni, con lo scopo si scardinare i principi accademici e autoreferenziali della moderna concezione di pensiero.

Piuttosto complesso comprendere per chi non mastica la materia, ma il preambolo è necessario per capire a cosa approda il pensatore Tagliapietra, che per sua stessa ammissione nega il “Divenire”(vedi Parmenide) e partendo dall’Essere si propone di incarnare il Filosofo PURO, l’attore che tra le quinte di una teatrale rappresentazione, quale appunto la realtà filosofica, veste le mentite spoglie della molteplicità.
Così il saggio proposto, parte dall’analisi del Pudore attraverso il triplice paradigma storico, antropologico, ontologico…per lasciarci senza una sua precisa definizione…altro problema del filosofo è che non approda mai alla Verità!

Insomma, il Pudore è Uomo e non Donna (perché il mondo delle Idee si è sviluppato al maschile), è Nero e non Rosso sgargiante…l’acqua cheta e non il mare in tempesta: una “metafora dello Specchio”, un altro modo di percepire la sincerità, il riserbo, l’accettazione del proprio destino, come in un’Annunciazione di Lorenzo Lotto.

Avrei voluto fare una domanda anch’io in veste di umile appassionata lettrice, ossia cos’è il pudore per l’uomo Andrea Tagliapietra, non per il filosofo o storico delle Idee che dir si voglia.
Però alla fine l’ho capito quando dolcemente ha detto di dedicare il suo breve saggio, frutto di un percorso di vita, sostanzialmente, al più bel dono che abbia mai ricevuto: suo figlio, nato in concomitanza col “pensiero pudico” di poter guadagnare anche solo un altro lettore un giorno, ma sicuramente la sua gioia più intensa e profonda.




Autore: ALESSIA CECCARELLI CIRCOLO RODARIInviato il: 29 nov 2006 - 11.09

L’AMORE IN SE’ COME NOSTALGIA DEL POSSIBILE


Il Pre.mio è ormai giunto alle fasi conclusive: anche l’edizione 2006 tra pochi giorni conoscerà il vincitore della sezione narrativa e di quella saggistica.
Ieri pomeriggio 28 novembre, la Biblioteca Europea ha ospitato l’incontro con Marco Santagata, autore (solo autore!) del libro “L’amore in sé.

Santagata, professore di letteratura italiana antica e grande critico di Francesco Petrarca, esordisce proprio così, affermando con disarmante semplicità che chi scrive un libro non sa mai fino in fondo a che cosa giungerà:-“lo scrittore, per usare una sua citazione, non sa di letteratura più di quanto le farfalle non sappiano di entomologia”-. Non è Hermann Hesse, ma di sicuro ce lo ricorda da vicino, lui che fu amante delle farfalle tanto da imbarcarsi in lunghi viaggi e tentarne una classificazione. Dico questo non a caso, ma a conferma che proprio Santagata, come Hesse, attraverso la scrittura intraprende un percorso, e come Hesse, che parte dall’osservazione di una farfalla, sviscera l’animo dell’uomo, creatura fragile e piena di rimorsi.

Nell’”Amore in sé” ( che avrebbe dovuto intitolarsi “accidia” e ha avuto ben sette stesure prima di approdare alla definitiva), si parte da un sonetto del Petrarca, articolando il romanzo in un monologo, un dialogo in terza persona, tra passato e presente: protagonista è un professore di lettere in trasferta nella gelida Ginevra, Fabio Cantoni, un uomo semplice, neanche troppo consapevole di sé, che odia le attese in albergo come Glen Gould, con un figlio portatore di handicap e una moglie che è solo l’ombra di una donna. E proprio una donna, Laura del Petrarca improvvisamente riaccende le sue passioni. E’ un lapsus freudiano ma l’amore di un tempo che fu, Bubi citata al posto di Laura, davanti ai suoi alunni svizzeri, getta Fabio nello sconforto più totale; apre una ferita che è un dilemma filosofico, un trasferta poetica nella memoria che arricchisce ogni pagina di pregevoli citazioni letterarie: abbracciano oltre al menzionato poeta aretino, Dante Alighieri, Guido Cavalcanti nonché Giosuè Carducci (pare di percepire gli echi della sua celebre “S.Martino”) e Bazzani (Il giardino dei Finzi Contini).
Il bello è che Santagata, per sua stessa ammissione, non documenta mai un suo scritto, o meglio non è lui che arricchisce la letteratura ma ciò che si è sedimentato nel animo che fa ricco il suo stile.

Ricche sono anche le tematiche proposte dallo svolgersi dei ricordi di Fabio: oltre all’”amor cortese” di cavalleresca memoria, l’inquietante presenza della morte (vedi la scomparsa del suo allievo e del padre di Bubi), e ancora la molto attuale dissertazione sull’essere padre, sul significato della procreazione, sull’avere figli naturali o adottivi…non mancano spunti di riflessione personale e i lettori delle Biblioteche, attraverso un’attenta analisi del testo hanno dato prova di cogliere tutte queste sfumature. Con le nostre domande abbiamo denudato lo scrittore (ecco lo scopo di questi incontri!!!) e abbiamo scoperto che Santagata ama Bruce Springsteen, da giovane dipingeva, che ha quattro figli e si piace più ora che assomiglia al “vechierel canuto e stanco”.


Sul finale di questa serata, avrebbe potuto aprirsi una bella querelle sul potere che la letteratura ha di correlare stati emozionali e quotidianità: è il Presidente del Pre.mio Paola Gagliarone a lanciare la sfida affermando che forse la letteratura e la vita non comunicano poi tanto. Santagata sorride e concorda con questa visione.. io trovo invece che proprio attraverso l’arte qualsiasi essa sia, abbiamo modo di elaborare una visione del nostro umano vivere, tentando quel superamento dei vincoli esistenziali imposti dall’immanente, anelando al riconoscimento dei cambiamenti, al raggiungimento della sospirata matu
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