Riceviamo gentilmente da Silvio Cinque :
Il libro della Rossanda meriterebbe una analisi ben profonda (ci sarebbe, ma consta di ben tre pagine), ma lettore e cittadino abbandonerebbero presto e giustamente l’attenzione per svignarsela con sollievo. Tre sono dunque e impietosamente in sintesi i motivi per cui bisognerebbe leggerlo: per l’altissimo significato che attribuisce alla Politica come pratica e stile di vita; per il suo sguardo complesso ed es-austivo delle vicende che hanno attraversato e segnato il Novecento; per la storia di un Partito, quello comunista, che accompagna e determina, nel bene e nel male, i destini e la storia italiana. É un libro d’amore nella accezione che l’autrice attribuisce alla Politica, ma è anche un libro che con amore, attenzione e precisione, descrive e rappresenta protagonisti e persone. Se si avesse la pazienza di riferire alle enciclopedie ed agli annali tutti i nomi delle persone che vengono indicati o descritti ci si accorgerebbe di trovarsi davvero dentro la Storia tutta del Novecento. Non è la semplice citazione di persone semplicemente incontrate o intervistate in un lunghissimo e prodigioso arco di vita. Perché tra quelle persone illustri o comunque significative, l’autrice è protagonista. Una partecipazione attiva e profonda vissuta da Comunista. Del comunismo senza reticenze o pudori l’autrice non solo ne fa la ragione della sua esistenza, ma ne indica i limiti e le contraddizioni senza per altro tradirne mai il significato profondo. É in questo il valore metastorico che tracciando inevitabilmente i riferimenti ed i fatti accaduti li rimanda ad una interpretazione ancora viva ed attuale, dialettica: tutto il libro nel suo svolgersi è permeato da questa pratica della dialettica, da quelle scelte marxiane e kantiane che sono lo stile di vita dell’autrice stessa. É un libro che consiglierei a tutti coloro che sono alla ricerca e che non hanno l’interpretazione pregiudiziale di soluzioni già definitive. Va bene dunque sia per chi afferma ancora con dignità i propri valori ed ideali comunisti, sia per chi comunista non è mai stato, o non lo è più, ma si pone in discussione e in ascolto. Chi invece cerca nel libro certezze, vincitori e trionfatori troverà un domandarsi ed interrogarsi che rimanda nel gramsciano pessimismo dell’intelligenza il significato di una vita intera. Mi piace però sottolineare due cose: Rossanda ha grande dimestichezza e familiarità con Biblioteche (farò la Bibliotecaria e lo è stata davvero in una pratica che non si smette mai) e Case Editrici (la mitica Ulderico Hoepli con la quale ha lavorato); i primi insegnamenti di catalografia curati dalla indimenticabile Maria Sciascia della Regione Lazio li ho appresi proprio nella Casa della Cultura di Via Arenula dove Rossanda ha lungamente e quotidianamente lavorato. Di tutti coloro che appaiono nel libro, qualcuno a tratti ed in termini più forti e successivi, altri appena meticolosamente accennati, di tutti uno solo mi ha stupito per l’assenza, quasi una damnatio memoriae: Ignazio Silone che compare solo una volta per affermare la validità delle sue dichiarazioni nel fatidico XX congresso. Troppo poco per un uomo che ha fondato il partito. Non credo che con Luce d’Eramo, amica di Rossana e conoscitrice profonda ed estimatrice di Silone, non ne abbia parlato. Ma Silone rimane, come del resto il gruppo de il Manifesto, ed insieme ad altri, un uomo ancora da riconciliare non solo con il secolo scorso, ma con il Partito del secolo scorso.
Silvio Cinque