UNIONE SARDA; Blog, per chi ha paura di parlare
Secondo la Mazzoli chi non sa affrontare il prossimo discute nascondendosi dietro lo schermo
Blog, per chi ha paura di parlare
La sociologa avverte: «Internet aggrega ma isola
Trascorrete il vostro tempo a bloggare? I sintomi sono quelli di chi
non ha il coraggio di affrontare il prossimo vis à vis. Faccia a
faccia, insomma. Bisogna crederci come ci crede la sociologa Lella
Mazzoli: «Il blog aggrega ma isola». La sentenza di primo grado scivola
senza appello dalle labbra di una signora abituata a vivere nella
Urbino che conta di cui è pure assessore alla Cultura e turismo. «La
società vuole scendere in piazza, comunicare con il pianeta. Lo sta
facendo con i blog, strumento a doppio taglio. C'è di più, l'uso
illimitato è sintomatico: le persone cercano il confronto ma
nascondendosi dietro lo schermo di un computer. Potrebbe significare il
timore del contatto fisico e il confronto relazionale». In poche parole
il mondo è pieno di codardi: attenzione, perché questa è la disamina di
una comunicatrice d'eccellenza con carriera universitaria trascorsa a
osservare, studiare, criticare e insegnare l'evoluzione e l'involuzione
del linguaggio nella società. Un mondo sempre più «macchiato» dalle
invasioni internettiane e dalle incursioni tecnologiche alienanti
(leggere: playstation). Basta citare il suo curriculum per capire il
peso delle sue parole: ex preside della facoltà di Sociologia, ora è
direttore dell'Istituto di comunicazione e spettacolo della stessa
Facoltà e dell'Istituto di Formazione al Giornalismo, nonché ordinario
di Sociologia della Comunicazione sempre all'università di Urbino.
Nelle centinaia, migliaia di blog made in Sardegna affondano pensieri e
ciniche emozioni come questa: «Quattro tornado si sono abbattuti sugli
Stati Uniti. Che belli! Uff... ma perché qui non ne succedono mai!».
Gli adolescenti affidano alla rete rabbia e lacrime versate per un
tradimento: «Solo dopo che scendono ti rendi conto che sono proprio
quelle, fisiologiche o meno, a me scendono con una puntualità che
spacca il giorno». Più scrivono, più emerge una realtà assodata: «È la
prova che i figli non parlano con i genitori - sostiene Mazzoli - e i
genitori fanno altrettanto con i figli. La playstation è morta ed è
stata sostituita». Fra mille indirizzi, "Incontrieaffini" è il diario
di una professoressa di Cagliari, nickname "cocciula". Chiacchiera con
gli studenti anche di temi assegnati in classe: «Ciao ragazze! I vostri
compiti mi aspettano là, sul comodino. Non ne ho ancora avuto voglia».
Lella Mazzoli giudica interessante dialogare con gli alunni su
internet, ma «così facendo - avverte - il rapporto tradizionale si
riduce, non è positivo trascinarli in Rete». Che fare quando c'è il
tentativo di arginare lo scontro generazionale? «I ragazzi sono
attratti da ipod, pc. Ma è un chiaro segnale: hanno voglia di parlare.
All'università li ho coinvolti in un progetto da svolgere al computer.
Niente carta o penna». Il risultato? «Aumenta la cognizione e la
preparazione, ma alla fine vengono a cercarti fuori dall'aula per fare
altre domande». Un blog universitario? «Accrescerebbe la qualità degli
studi e potrebbe essere un luogo di confronto fra studenti e
insegnanti». "We blog", si cambia. Due parole su internet nel '99:
Peter Merholz suggella l'inizio dell'era in cui la società decide di
cambiare piazza per confrontarsi. Una sterzata globale, tanto forte da
trascinare milioni di persone in Rete che non fanno altro che parlare
di vita privata e professionale. Bloggano, come intendeva il
webdesigner. Da buon americano contrae quello che in italiano si
traduce in traccia su rete (web log), finestre dove confluiscono a
diversi ritmi di aggiornamento, link, commenti e pensieri personali.
Nei diari internettiani si racconta il vivere quotidiano, interagendo
con perfetti estranei, autorizzati a leggere e commentare con un "post"
da inserire in pagina. L'agorà del nuovo millennio made in Italy non ha
raggiunto la diffusione capillare degli States, ma ha numeri da
capogiro. La società del salotto che non c'è riversa ansie e paure su
internet, acclama o declama la politica, critica il mondo esterno con
giudizi morbosamente schietti. Al diavolo la privacy. Nel diario della
rete mondiale si mettono in piazza umori e il sale della vita. Si
accende il computer, ci si collega a internet e si comincia a scrivere.
Del quando a Cagliari non c'è niente, sottotitolo: minzega. Andy La
Malva racconta: «L'ho sentita tante volte questa frase fino a
convincermi che fosse un dato di fatto. Notte cagliaritana, locale
semipieno, una buona dose di coniglie niente male. La lei in questione
è la tipica coniglia che in tutta la sera proferisce 8 parole. Lei
cova: «minzega, a Cagliari non c'è niente». «Per due giorni non mi
trovate, buona Pasqua - devo salire con la mia anima in paradiso per
capire la vita», blogga una delle tante adolescenti sarde che si
confessano in rete. Robertina non è da meno: «Sono stressata, sono
stressata. Voglio andare a vedere il nuovo film di Luca & Paolo. Ma
tutte le mie amiche vogliono andare a vedere Scary Movie 4». Ilenia
Mura
lunedì, 17 lug 2006 Ore. 14.51