Narbolia. Carlo e la sua voglia di vivere
UNIONE SARDA
Narbolia. Porta è sì, finestra è no. Questo è Carlo Marongiu. La malattia
ormai gli ha tolto anche la mobilità degli occhi, spalancati da due
cerotti e immobili su un segmento di vita che va dalla porta alla
finestra e ritorno. Si limita ad annuire spostando faticosamente lo
sguardo verso destra e dice "no" guardando a sinistra. Ma non sempre ci
riesce. Per formulare una brevissima frase ormai ha bisogno di almeno
un'ora e della sua cara moglie, Mirella, che cerca di percepire il suo
pensiero ancora prima che venga verbalizzato. Carlo Marongiu ha 55
anni, ex vigile del fuoco di Narbolia che da quasi dieci è bloccato in
un letto da una sclerosi laterale amiotrofica. «Domenica abbiamo
parlato tanto di questo argomento» racconta Mirella: «Certo che Carlo
vuole vivere» ma vivere per lui non significa solo continuare a
respirare. «Lo Stato non accetta l'eutanasia ? dice Carlo - e neppure
io, ma per vivere non è sufficiente restare attaccati ad un
respiratore». Per Carlo Marongiu vivere significa essere vicino ai suoi
affetti, a sua moglie ai suoi figli, una situazione possibile solo in
regime di assistenza domiciliare, quella che oggi lo Stato ancora gli
dà. Ma per quanto? Ci sono altri pazienti in provincia nelle stesse
condizioni di che stanno aspettando di essere dimessi dal reparto di
Rianimazione. Le ore di assistenza a disposizione della Asl sono sempre
le stesse dopo i tagli della Regione e la coperta diventa ancora più
corta. «Ci sono diversi modi di morire ? dice Mirella- per Carlo
privarlo dell'assistenza significa ucciderlo». Quando ancora la
mobilità degli occhi non lo aveva abbandonato Carlo ha scritto un libro
che ormai ha venduto migliaia di copie: Pensieri di uno
spaventapasseri, lo ha intitolato dalla sua postazione immobile in
mezzo alla vita. «Per me la Rianimazione è un po' come una seconda
abitazione ? scrive- dove si va ogni tanto, si salutano gli amici e poi
si torna a casa» . E questa è la condizione fondamentale perché Carlo
possa aver voglia di continuare a vivere. Stare a casa, nella sua
stanzetta dipinta di azzurro, come il cielo e come il mare dove la
sofferenza è attutita dagli odori e dai rumori di una famiglia
speciale. Ma a volte neppure una famiglia così dà la forza che serve
per respirare dall'alba al tramonto e Carlo lo sa e lo scrive: «Non so
se sia più egoistico chiedere al Signore di farmi vivere un giorno di
più o di farmi morire». La profonda fede che lo tiene in vita non basta
senza il conforto delle persone che ogni giorno gli stanno attorno. Che
sono molte e non vanno a trovarlo solo per dargli conforto, ma per
averne da lui. Perché ormai Carlo Marongiu è diventato una specie di
esperto della vita, di consigliere di giovani e meno giovani, di padre
spirituale. Fino a qualche mese fa ancora riusciva a tenere una fitta
corrispondenza con tantissima gente, dalle lettere agli sms, fino a che
gli occhi lo hanno aiutato. Ora non ce la fa più. Ma ascolta e vede e
la sua pelle ha mantenuto la stessa sensibilità di sempre. «Spero che
tutta questa sofferenza ?scrive ? mi faccia guadagnare un sottoscala
della casa più umile del Paradiso», ma spera sempre che succeda
qualcosa, spera sempre che domani qualcuno riesca a sconfiggere questa
terribile malattia la maledetta la chiama perché secondo lui Dio non
può aver concepito, nella sua infinita bontà, una soffrenza tale. «Non
invidio le persone sane -dice Carlo in uno dei pensieri raccolti nel
suo libro - ma quelle malate: se uno ha un tumore, o muore o guarisce,
in entrambi in casi smette di soffrire». Lui no, lui soffre sempre di
più, ma non vuole lasciarlo ancora questo corpo anche se a volte la
tentazione c'è: «Prima vedevo la morte come uno scheletro avvolto da un
mantello nero ora è una bella ragazza bionda con i capelli lunghi
ondulati e una veste bianca -racconta- mi prende la mano e mi tira a sè
strattonandomi un po' fino a che non riesco ad abbandonare il mio corpo
...allora comincio a muovere braccia e gambe e la ragazza mi prende per
mano e mi porta dove non esistono malattia o sofferenze». Sabato alle
17 Carlo e sua moglie saranno ad Arborea. Il Comune ha acquistato
alcune centinaia di copie del libro di Carlo e l'amministrazione darà
all'autore un attestato di cittadinanza. «La sua voglia di vivere è
immensa ?conclude Mirella- ma se la Asl ci abbandona io dovrò lasciare
il lavoro per stare con lui ogni minuto della giornata. Non so se ce la
farò mai da sola. Ora riesco ancora a portargli un pezzo di cielo,
quando rientro dal lavoro e lui ha bisogno anche di questo nutrimento».
Alessandra Raggio
mercoledì, 27 set 2006 Ore. 08.14