Praza de Cresia. In Rete dall'11\06\2006


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Anno 2007

Anno 2006

Narbolia. Carlo e la sua voglia di vivere

UNIONE SARDA
Narbolia. Porta è sì, finestra è no. Questo è Carlo Marongiu. La malattia ormai gli ha tolto anche la mobilità degli occhi, spalancati da due cerotti e immobili su un segmento di vita che va dalla porta alla finestra e ritorno. Si limita ad annuire spostando faticosamente lo sguardo verso destra e dice "no" guardando a sinistra. Ma non sempre ci riesce. Per formulare una brevissima frase ormai ha bisogno di almeno un'ora e della sua cara moglie, Mirella, che cerca di percepire il suo pensiero ancora prima che venga verbalizzato. Carlo Marongiu ha 55 anni, ex vigile del fuoco di Narbolia che da quasi dieci è bloccato in un letto da una sclerosi laterale amiotrofica. «Domenica abbiamo parlato tanto di questo argomento» racconta Mirella: «Certo che Carlo vuole vivere» ma vivere per lui non significa solo continuare a respirare. «Lo Stato non accetta l'eutanasia ? dice Carlo - e neppure io, ma per vivere non è sufficiente restare attaccati ad un respiratore». Per Carlo Marongiu vivere significa essere vicino ai suoi affetti, a sua moglie ai suoi figli, una situazione possibile solo in regime di assistenza domiciliare, quella che oggi lo Stato ancora gli dà. Ma per quanto? Ci sono altri pazienti in provincia nelle stesse condizioni di che stanno aspettando di essere dimessi dal reparto di Rianimazione. Le ore di assistenza a disposizione della Asl sono sempre le stesse dopo i tagli della Regione e la coperta diventa ancora più corta. «Ci sono diversi modi di morire ? dice Mirella- per Carlo privarlo dell'assistenza significa ucciderlo». Quando ancora la mobilità degli occhi non lo aveva abbandonato Carlo ha scritto un libro che ormai ha venduto migliaia di copie: Pensieri di uno spaventapasseri, lo ha intitolato dalla sua postazione immobile in mezzo alla vita. «Per me la Rianimazione è un po' come una seconda abitazione ? scrive- dove si va ogni tanto, si salutano gli amici e poi si torna a casa» . E questa è la condizione fondamentale perché Carlo possa aver voglia di continuare a vivere. Stare a casa, nella sua stanzetta dipinta di azzurro, come il cielo e come il mare dove la sofferenza è attutita dagli odori e dai rumori di una famiglia speciale. Ma a volte neppure una famiglia così dà la forza che serve per respirare dall'alba al tramonto e Carlo lo sa e lo scrive: «Non so se sia più egoistico chiedere al Signore di farmi vivere un giorno di più o di farmi morire». La profonda fede che lo tiene in vita non basta senza il conforto delle persone che ogni giorno gli stanno attorno. Che sono molte e non vanno a trovarlo solo per dargli conforto, ma per averne da lui. Perché ormai Carlo Marongiu è diventato una specie di esperto della vita, di consigliere di giovani e meno giovani, di padre spirituale. Fino a qualche mese fa ancora riusciva a tenere una fitta corrispondenza con tantissima gente, dalle lettere agli sms, fino a che gli occhi lo hanno aiutato. Ora non ce la fa più. Ma ascolta e vede e la sua pelle ha mantenuto la stessa sensibilità di sempre. «Spero che tutta questa sofferenza ?scrive ? mi faccia guadagnare un sottoscala della casa più umile del Paradiso», ma spera sempre che succeda qualcosa, spera sempre che domani qualcuno riesca a sconfiggere questa terribile malattia la maledetta la chiama perché secondo lui Dio non può aver concepito, nella sua infinita bontà, una soffrenza tale. «Non invidio le persone sane -dice Carlo in uno dei pensieri raccolti nel suo libro - ma quelle malate: se uno ha un tumore, o muore o guarisce, in entrambi in casi smette di soffrire». Lui no, lui soffre sempre di più, ma non vuole lasciarlo ancora questo corpo anche se a volte la tentazione c'è: «Prima vedevo la morte come uno scheletro avvolto da un mantello nero ora è una bella ragazza bionda con i capelli lunghi ondulati e una veste bianca -racconta- mi prende la mano e mi tira a sè strattonandomi un po' fino a che non riesco ad abbandonare il mio corpo ...allora comincio a muovere braccia e gambe e la ragazza mi prende per mano e mi porta dove non esistono malattia o sofferenze». Sabato alle 17 Carlo e sua moglie saranno ad Arborea. Il Comune ha acquistato alcune centinaia di copie del libro di Carlo e l'amministrazione darà all'autore un attestato di cittadinanza. «La sua voglia di vivere è immensa ?conclude Mirella- ma se la Asl ci abbandona io dovrò lasciare il lavoro per stare con lui ogni minuto della giornata. Non so se ce la farò mai da sola. Ora riesco ancora a portargli un pezzo di cielo, quando rientro dal lavoro e lui ha bisogno anche di questo nutrimento». Alessandra Raggio
Categoria: Sanità
mercoledì, 27 set 2006 Ore. 08.14
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