Carlo Silvano


articoli vari

La vita del popolo e... utilizzo improprio degli strumenti

Nella “Memoria” costitutiva che l’avv. Paolo Ferraresi ha presentato per conto di mons. Corrado Pizziolo, legale rappresentante dell’Opera San Pio X, nella prima udienza svoltasi il 26 febbraio 2007 davanti al giudice del lavoro Clotilde Parise, mi si accusava di trascorrere del tempo a navigare su internet. Al riguardo faccio presente che se utilizzavo internet, era per i seguenti motivi:

-         per motivi di lavoro: attingere informazioni utili a verificare notizie ed espressioni utilizzate negli articoli da pubblicare in Vita del Popolo e nei testi dell’Editrice San Liberale;

-         nel 2003 ho avuto il permesso dal prof. Lorenzo Biagi di utilizzare l’indirizzo postel carlo.silvano@lavitadelpopolo.it per avviare e mantenere rapporti con i gestori di siti internet – come quello del Vicariato di Santa Maria del Rovere, una libreria virtuale, blog e altro – per proporre articoli, interviste e altro che non trovavano spazio nelle pagine de La vita del Popolo oppure che erano ritenuti di notevole interesse e meritori di essere proposti ad un pubblico più vasto. Tale permesso non è stato mai revocato, neppure quando i rapporti si erano irrimediabilmente deteriorati;

-         non ho mai ricevuto, come del resto anche gli altri dipendenti de La vita del popolo, alcun richiamo né scritto né orale per questa presunta e abusiva navigazione su internet;

-         da altri colleghi – e durante l’orario di lavoro e da indirizzi postel di proprietà dell’Opera – ricevevo e-mail che invitavano a visitare siti che non hanno nulla a che vedere col lavoro, a leggere barzellette e non manca il giornalista che fa' pubblicità alle proprie iniziative editoriali. Le numerose e-mail “perditempo” che ho ricevuto dai miei colleghi sono state inviate – come si può notare dalla lista dei destinatari – anche all’amministratore Sergio Criveller, il quale non se ne mai lamentato;

-         si fa presente, inoltre, che appena sono stato dequalificato a portinaio, l’amministratore Sergio Criveller si è subito premurato di assegnarmi una password per accedere al computer presente in portineria. Tale password consente la libera navigazione su internet, quando tra i compiti a me assegnati in portineria non ne figurava alcuno che necessitasse dell’utilizzo del computer. L’invito del Criveller a utilizzare la password e il computer era dunque in netto contrasto con quanto si afferma nella “Memoria” di costituzione, dove al penultimo capoverso di pag. 8, si legge: “Ciò che ora gli è impedito è di navigare in ‘internet’ e di scrivere nei vari ‘blog’ o curare i suoi interessi”. In realtà il rag. Criveller sa bene che non ho mai commesso alcun abuso e che l’utilizzo di internet avveniva solo per soddisfare esigenze di lavoro e rientrava nell’ordinarietà dell’uso che se ne fa da parte di tutti i dipendenti de La vita del popolo;

-         negli ambienti della Curia diocesana e di Casa Toniolo ero da tutti conosciuto come “correttore di bozze” e, di conseguenza, anche come responsabile dei refusi presenti nelle numerose pubblicazioni che non sono state sottoposte al mio lavoro, come quelle del vescovo Andrea Bruno Mazzocato, con un inevitabile danno alla mia immagine di lavoratore. Essendo stato appositamente lasciato senza lavoro e con una immagine da tutelare, ho ritenuto - proprio per salvaguardare la mia immagine di lavoratore operante nel settore editoriale - di inserire in qualche sito internet articoli scritti a casa mia e non sul luogo di lavoro. Quindi, gli eventuali articoli da me firmati che si possono trovare in qualche sito, non possono essere considerati come un danno arrecato all’Opera San Pio X, ma come una iniziativa atta a tutelare la mia immagine professionale che l’Opera ha tentato di inficiare quando ha fatto correggere le bozze dei libri della San Liberale ad altri soggetti e non, appunto, allo scrivente;

-         nella “Memoria” dell’avv. Ferraresi, inoltre, non si specifica se si arrivi ad affermare che io navigavo su internet per fini personali in base a indagini informatiche fatte eseguire dall’Azienda – e in questo caso bisogna esibire copia dei documenti attestanti i risultati delle perizie informatiche per le opportune verifiche –, oppure se tali affermazioni si basavano sulla testimonianza oculare di uno o più soggetti;

infine, faccio notare che la presunta navigazione su internet per fini personali, non può in alcun modo giustificare una dequalificazione che appare come un atto tendente a mettere in condizioni un lavoratore ad abbandonare, di propria iniziativa, l’azienda. […]
martedì, 03 apr 2007 Ore. 08.21
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